Scontro e poi rinvio, la riunione di maggioranza finisce male. Pd, M5s e Leu: i renziani tengono in ostaggio il consiglio dei ministri. La replica: «Ipocriti, la prossima volta riunioni in streaming. Dateci un documento vero, in 24 ore daremo una risposta»
- Iv rilancia, la riunione fra premier e delegazioni della maggioranza finisce male, verso la crisi. Maria Elena Boschi: «Un giudizio compiuto quando ci sarà un testo finale». Verso il consiglio dei ministri martedì. Al buio.
- Chi ha sentito il premier lo ha trovato provato e anche spaventato. È convinto di aver tentato il tentabile per far rientrare la crisi e assicurarsi la titolarità del prossimo governo. Ma Iv lo vuole fare «ballare».
- Pd irritato: «Iv mette paletti su tutto. Non può commissariare il Consiglio dei ministri». Renzi: se vogliono i nostri voti ascoltino le nostre idee, torni il buonsenso.
«Iv tiene in ostaggio il consiglio dei ministri», «Bugiardi, ipocriti, la prossima volta chiediamo lo streaming». Finisce a tarda notte, e male, la riunione di maggioranza. Il testo del Recovery plan, su cui si accende uno scontro durissimo, approderà in consiglio la prossima settimana, forse martedì. Maria Elena Boschi attacca Conte: «Se rinvii, non dare la colpa a noi», Conte replica chiedendo rispetto. Italia viva mette una condizione: vederlo 24 ore prima per fare le proprie valutazioni. Ma la tensione è altissima e l’appuntamento rischia di segnare la rottura dentro la maggioranza. Poi approderà in parlamento, dove il Pd è convinto che Italia viva non potrà rifiutarsi di votarlo: «Abbiamo voluto tutti un testo da far discutere ed emendare nelle camere».
La riunione non era iniziata bene. Chiede di dire «sì o no al Mes», deve aggrapparsi a rispolverare il ponte sullo Stretto di Messina, Davide Faraone, il presidente dei senatori renziani che per primo parla a nome di Italia viva, da remoto. Prende la parola dopo la lunga relazione del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri sul nuovo Recovery plan. Non può non riconoscere «i passi avanti» fatti, ma non può dire sì, non può dire no, insomma deve fare la faccia cattiva ma non molto di più: alle 20 e 30 è annunciato Matteo Renzi su Rete4. Quindi attacca con il Ponte. «Oggi si parla di Recovery», replica Gualtieri.
Alla fine anche Boschi si deve tenere sulle generali: «La riunione è stata utile ma un giudizio compiuto potremmo darlo solo quando ci sarà un testo finale». E siccome Conte vuole fare presto un consiglio dei ministri, la promessa è: dateci un testo finale, e in 24 ore daremo una risposta. Dal Pd filtra irritazione: «Iv mette paletti su tutto, i partiti non possono commissariare il cdm». Federico Fornaro, capogruppo alla camera di Leu, media: «Si approvi presto la bozza, perché il Recovery è un working in progress. Dopo il consiglio dei ministri si ascoltino le parti sociali e si arrivi al più preso in parlamento: c’è tutto il tempo per approfondire e fare altri cambiamenti». Mentre a palazzo Chigi si discute Renzi dalla tv attacca: «Si faccia presto, ma se vogliono i nostri voti ci ascoltino, torni il buonsenso». E’ botta e risposta con la maggioranza. Pd, M5S e Leu da palazzo Chigi fanno sapere: «Mentre Renzi chiede in uno studio televisivo di fare presto il suo partito al tavolo di maggioranza chiede il rinvio del Recovery». Ma è solo l’inizio di un botta e risposta che durerà fino a notte fonda.
«Non è un piano»
Del resto quando inizia la riunione, Conte e tutti i presenti (anche da remoto) sanno già cosa dirà Italia viva. Prima di accendere il computer per collegarsi la ministra Teresa Bellanova pronuncia un nuovo avviso al premier: «Conte dovrebbe prendere atto per primo che questa esperienza è al capolinea. Serve un nuovo patto di governo. Il tempo è finito». Un suo collega è più tranchant: «Il nuovo Recovery plan? Sono tredici pagine. Non è un testo che può essere portato in Consiglio dei ministri. E comunque: da un Consiglio dei ministri esce un atto, noi chiediamo un nuovo patto».
La trattativa infinita è allo stallo. Renzi racconta ai suoi colleghi che «il Conte ter non esiste». Alcuni dei suoi traducono: «Alla fine diremo sì al Conte ter, ma prima lo faremo ballare». A palazzo Chigi Conte prende la parola per primo, una breve introduzione giusto per passare la palla a Gualtieri. Per M5s c’è la viceministra Laura Castelli mentre Alfonso Bonafede e la sottosegretaria Laura Agea sono in collegamento; collegati i dem, il ministro Dario Franceschini, il vicesegretario Andrea Orlando e la responsabile donne Cecilia D'Elia; collegata i renziani Bellanova, la ministra Elena Bonetti e i capigruppo Boschi e Faraone. In presenza Leu, Roberto Speranza, il capogruppo Federico Fornaro e la presidente del misto Loredana De Petris.
Conte si è arreso?
Chi ha sentito Conte nelle ore precedenti lo ha trovato provato e anche spaventato. L’intenzione, se ce ne sono le condizioni, è di convocare il Cdm per lunedì. È convinto di aver tentato il tentabile per far rientrare la crisi e assicurarsi la titolarità del prossimo governo. I tre ministri (Gualtieri, Amendola e Provenzano) hanno fatto l’impossibile per far crescere gli investimenti tenendo d’occhio le richieste di Iv senza umiliare gli altri alleati. Da palazzo Chigi ormai c’è la disponibilità a un rimpasto, «anche robusto», e a cedere non sul Mes – impraticabile, si rischia l’esplosione M5s – ma sull’autorità delegata per i servizi segreti. Tutto pur di «togliere gli alibi a Renzi» per una rottura che, se arrivasse, dovrebbe risultare inspiegabile. Renzi dalla sua ha una carta formidabile: la convinzione che non si andrà al voto, indispensabile per tenere compatti i suo. Quando dice che è pronto ad andare all’opposizione invece, fa propaganda. Così come quando confida che il premier vuole tentare la conta al Senato: «I responsabili non sono mai esistiti. Li ha inventati Renzi sussurrandoli ai giornalisti più affezionati a lui», racconta ai cronisti il forzista antisalviniano Gianfranco Rotondi, «Altro discorso in caso di elezioni anticipate».
Che la situazione potrebbe anche precipitare lo si capisce dalla direzione del Pd riunita all’ora di pranzo. Parla solo il segretario Nicola Zingaretti, la apre con un dispaccio di guerra e poi dà appuntamento ad horas, in attesa degli eventi: «Si vada avanti sul confronto sul Recovery. Non vedo ostacoli insormontabili che impediscano l’arrivo a un progetto serio e coraggioso», dice. All’indirizzo di Matteo Renzi: «Nessuno commetta l’errore di sottovalutare la gravità di ciò che potrebbe accadere». All’indirizzo del premier: «Sarebbe importante che, sulla base dei contributi della maggioranza, prenda un’iniziativa per arrivare a una proposta di patto di legislatura». Altrimenti il rischio delle urne «è reale» e il Pd «non lo teme». Anche Luigi Di Maio indica la strada del nuovo patto. Insomma, un accordo non è impossibile. Ma «se si vogliono solo cercare pretesti per una rottura incomprensibile e già decisa a freddo, nessuna disponibilità sarà mai sufficiente», ragiona Fornaro. Perché se Iv insiste sul Mes, lo fa sapendo che «non ha nessuna maggioranza nelle camere e comunque non riguarda il Recovery plan».
Conte è provato dai rilanci di Renzi. Ma gli ha dato lui la possibilità di aprire la crisi e se ora vuole restare a palazzo Chigi deve trovare una soluzione: «ballare» come dicono i renziani. «Renzi fa le cose che fece con Letta. Non è una novità», gli aveva ricordato la mattina su RaiTre Pier Luigi Bersani «Io non ho aggettivi per qualificare un’operazione del genere mentre abbiamo centinaia di morti di pandemia e migliaia di feriti gravi in economia. Non ho aggettivi».
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