Il magistrato è stato prima leader e poi “eminenza grigia” di Unità per la Costituzione. Dopo lo scandalo del Csm, tre suoi togati si sono dimessi. Ora Unicost è in bilico tra lo smembramento e il tentativo di rilancio
- Unità per la Costituzione è la corrente più colpita dallo scandalo del Csm. Luca Palamara, oggi indagato dalla procura di Perugia e sotto procedimento disciplinare, era uno dei capicorrente. Tre suoi membri togati al Csm si sono dimessi. Oggi, il gruppo sta provando a riformarsi.
- Il cambio di passo è stato iniziato dal segretario nazionale, Francesco Cananzi, che vuole rifondare la corrente e scommette nel rilancio di Unicost come terzo polo moderato, in ottica di alternativa al dualismo di Magistratura indipendente a destra e il cartello di Area a sinistra.
- Unicost, però, ha già subito una scissione interna in favore di Mi. Altri autorevoli componenti, invece, stanno ragionando sull’opportunità di confluire in Area. L’incognita per la sopravvivenza sarà risolta alle elezioni di ottobre all’Anm: il rischio è che diventi elettoralmente irrilevante.
Il terremoto provocato dallo scandalo al Consiglio superiore della magistratura rischia di essere il colpo di grazia per Unità per la Costituzione. L’epicentro, infatti, è stato il magistrato Luca Palamara, che per anni è stato prima leader e poi eminenza grigia che ha guidato le scelte della corrente dentro e fuori dal Csm: dopo l’espulsione dall’Associazione nazionale magistrati, oggi aspetta la conclusione del durissimo procedimento disciplinare nei suoi confronti, che rischia di concludersi con una sua definitiva radiazione dal corpo del terzo potere dello stato. In seguito alla pubblicazione delle chat e delle intercettazioni dal cellulare di Palamara, che hanno ricostruito il dopocena all’Hotel Champagne di Roma dove si discuteva di come incidere sulla nomina del nuovo procuratore capo della Capitale, anche i due membri togati al Csm eletti da Unicost Gianluigi Morlini e Luigi Spina –presenti alla riunione - si sono dimessi, certificando la crisi di Unicost e modificando così le maggioranze nell’organo di autogoverno della magistratura.
Oggi Unicost, che rappresenta la componente di centro all’interno del sindacato delle toghe ed è stata l’ago della bilancia sia nelle nomine che nella costituzione delle maggioranze negli organi rappresentativi, è in preda a stravolgimenti interni. L’incognita è se sopravviverà alla prossima tornata elettorale di ottobre per l’Anm: per provare a ritrovare spazio elettorale e credibilità, sta tentando una difficile riforma interna.
A provare la strada del rinnovamento sono il segretario nazionale, Francesco Cananzi, e il presidente, Mariano Sciacca, eletti nel febbraio 2020, che hanno impresso il cambio di passo con due iniziative concrete: la prima, l’annuncio che Unicost si costituirà parte civile nel processo di Perugia contro Luca Palamara, in caso di rinvio a giudizio; la seconda, il via ad una costituente per rifondare la corrente, a cui hanno aderito 80 magistrati provenienti da tutti i distretti e che dovrebbe servire a rimettere in sesto una struttura che negli anni ha ceduto al verticismo fatto di relazioni personali gestito da Palamara.
“Anche noi ci siamo sentiti traditi da quanto successo e da due mesi lavoriamo per un ripensamento della corrente e una riscrittura dello statuto. Si potrebbe anche decidere di modificare il nome. L’obiettivo è affrontare quello che è accaduto e superarlo, declinando alla realtà presente i valori di Unicost”, spiega un membro del gruppo che crede nel rinnovamento interno per risanare l’immagine di una corrente che, negli ultimi anni, è stata percepita come fondata su basi puramente clientelari, senza una forte base ideologica e con una organizzazione interna poco strutturata. Non tutti, però, credono nella bontà del progetto. Secondo un ex che ha lasciato la corrente, “Oggi Unicost è in mano a un gruppo di giovani turchi, che però sono solo le maschere dei vecchi turchi che attraverso di loro continuano a comandare”.
Secondo i detrattori, il “vecchio turco” sarebbe proprio Francesco Cananzi. Gip al tribunale di Napoli ed ex membro del Csm tra il 2014 e il 2018, la stessa consiliatura di Palamara, Cananzi è considerato un leader influente in Unicost anche prima di diventare segretario e viene descritto come un magistrato dall’alto profilo professionale, ma anche non del tutto estraneo al mondo che ruotava intorno a Palamara. I due si confrontano spesso via chat e si scambiano giudizi sui colleghi da nominare, in particolare nel distretto di Napoli. Entrambi, poi, si spendono insieme per favorire la nomina a procuratore nazionale antimafia di Federico Cafiero de Raho, anche lui membro di Unicost.
Anche secondo i suoi sostenitori, inoltre, la macchia nel progetto di riforma di Cananzi ha un nome e un cognome: l’ex togato del Csm in quota Unicost, Marco Mancinetti. Uomo forte della corrente e tutt’ora iscritto, è legato da un rapporto di amicizia stretto con Palamara e il suo nome compare spesso nelle chat come uno degli interlocutori principali per pilotare le nomine, con giudizi taglienti sui colleghi: il capo della corte d’appello di Roma, Luciano Panzani è «un matto, lo dovete asfaltare»; la giudice civile Iaia Covelli invece «è un disastro». Nonostante questo nessuno dei vertici di Unicost ne ha chiesto apertamente le dimissioni, che Mancinetti ha presentato il 9 settembre 2020, quando gli è stata notificata un’azione disciplinare da parte del Csm “per fatti inerenti alle attività amministrative svolte dalla precedente consiliatura, sulla base delle chat da me intrattenute con Luca Palamara”.
Dal punto di vista dei rapporti con le altre correnti, la Unicost di Cananzi è portatrice di una logica anti-bipolare: “Il Csm non ha bisogno di contrapposizioni secche e di maggioranze precostituite, bensì di garantire la rappresentanza delle diverse sensibilità culturali esistenti in magistratura, ripristinando un rapporto di fiducia fra rappresentato e rappresentante”, ha detto in un’intervista. La scommessa è quella di mantenere un pluralismo culturale in magistratura che superi la dicotomia secca dei due poli opposti perché, secondo la visione di Unicost, né il Csm né l’Anm hanno un problema di governabilità interna, anzi sono organi costruiti proprio per garantire tutte le posizioni interne al terzo potere dello Stato.
A condizionare la tenuta della corrente sono le defezioni: dal blocco di Unicost, infatti, si sono staccate le due ali più estreme. Una fa capo ad Antonio Sangermano, che ha guidato la scissione a destra insieme ad Enrico Infante, ed è di fatto diventata una costola di Mi: il gruppo si chiama “Movimento per la Costituzione” e ha sposato la visione bipolare degli orientamenti in magistratura, scegliendo di legarsi alle toghe conservatrici. La logica, però, è quella di un cartello sul modello di Area, con i candidati di “Movimento per la Costituzione” presenti come indipendenti nelle liste di Mi. Alla base della scissione, c’è la mancata condivisione della scelta definita “giustizialista” dei nuovi vertici di Unicost, eletti all’indomani dell’inchiesta: allontanare Luca Palamara come se le sue condotte fossero frutto di interessi individuali e illudersi che questo basti a tenere unita la corrente. Eppure, la convinzione di chi è rimasto in Unicost e che quella di Sangermano con Mi sia una fusione a freddo, con l’unico interesse di sommare i voti in ottica elettorale.
Una seconda costola più progressista, invece, ha tra i suoi animatori l’ex presidente Anm Rodolfo Sabelli e guarda al cartello di Area come polo a cui aggregarsi. Non si tratta però di un gruppo consolidato ma di singoli magistrati che, all’interno della corrente di Unicost, si sono sempre collocati a sinistra e che oggi hanno scelto il passo indietro, non convinti dell’autonomia di gestione dell’attuale segreteria.
Al netto delle defezioni, dunque, la solidità del progetto di Cananzi verrà misurata il 18 ottobre, con le elezioni dell’Anm: se la corrente sarà relegata all’irrilevanza, si sgretolerà definitivamente.
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