La Camera ha convertito in legge il decreto sulle liste di attesa con 171 voti favorevoli e 122 contrari. Il decreto ha come obiettivo quello di diminuire i tempi di attesa per visite e prestazioni sanitarie. Tra le principali novità ci sono una piattaforma digitale nazionale per le liste di attesa e una norma “salta fila”.

Il decreto è stato illustrato dal ministro della Salute Orazio Schillaci, che lo ha presentato come un tentativo di affrontare le cause che hanno portato a un aumento «intollerabile» delle liste di attesa.

Il contenuto

Il decreto è composto da sette articoli. Un primo provvedimento prevede la creazione di una piattaforma digitale gestita dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). Questo sistema dovrebbe velocizzare l’accesso dei cittadini ai servizi digitali, ma anche supportare il personale medico e le strutture sanitarie nella gestione delle prenotazioni e rendere il monitoraggio delle liste di attesa a livello nazionale più semplice. La piattaforma garantisce anche l’interoperabilità tra le liste di attesa fra le diverse regioni e provincie autonome.

La legge prevede anche la modifica del tetto di spesa per le assunzioni del personale sanitario. Tale limite viene aumentato al 15 per cento del Fondo sanitario nazionale per il 2024 rispetto al 10% del 2023. Dal 2025 in avanti però, il ministro della Salute ha precisato che il tetto di spesa verrà abolito e sostituito da «un nuovo sistema per stabilire i fabbisogni minimi e massimi delle strutture sanitarie».

L’obiettivo è di incentivare l’assunzione del personale per far fronte all’incremento della domanda delle prestazioni sanitarie e in questo modo ridurre i tempi delle liste di attesa. Inoltre, si prevede una tassazione agevolata del 15 per cento sugli straordinari dei medici ospedalieri, per incentivare le prestazioni aggiuntive e di nuovo ridurre i tempi di attesa.

È prevista poi la creazione di un Centro unico di prenotazione (Cup) a livello regionale o infraregionale, per implementare il sistema di prenotazione delle prestazioni sanitarie. Il centro si occuperà di gestire le prenotazioni sia degli erogatori pubblici che di quelli privati. Il Cup è un sistema centralizzato che consentirà ai pazienti di gestire le proprie prenotazioni anche da remoto. Come si legge sul testo del provvedimento, si potranno rivolgere al Cup coloro che sono interessati a «prestazioni necessitate da sintomi, segni ed eventi di tipo acuto che richiedono un approfondimento diagnostico o terapeutico», ma è anche previsto «accesso diretto per la malattia mentale e da dipendenze patologiche e per le prestazioni di assistenza consultoriale», si occuperà anche dei servizi riguardanti progetti di screening e gestione di malattie oncologiche.

È prevista poi la norma “salta fila” che mira a ridurre i ritardi nelle visite. Tale obiettivo dovrebbe essere raggiunto tramite l’aumento delle ore di servizio di ambulatori e laboratori, che rimarranno aperti anche nel weekend e amplieranno le fasce orarie lavorative. Non solo, è previsto che le Asl possano usufruire di strutture private convenzionate che garantiranno l’erogazione delle prestazioni ai pazienti colpiti da ritardo.

Infine, è previsto il pagamento di un ticket per coloro che non si presenteranno alla visita prenotata tramite il Cup. In questo modo si responsabilizza il paziente incentivandolo alla cancellazione della prenotazione con sufficiente anticipo, per lasciare così il posto libero ad altre persone.

Le critiche al decreto

Secondo la fondazione Gimbe, organizzazione di ricerca indipendente nel settore sanitario, il decreto liste di attesa presenta diverse criticità. Un primo problema è dato dal fatto che la legge stessa avrà bisogno di diversi decreti attuativi (secondo le stime di Gimbe almeno sette). Inoltre, non prevedendo lo stanziamento di risorse aggiuntive, rischia di sovraccaricare il personale sanitario o di restare solo sulla carta.

«Il decreto non include misure per ridurre la domanda inappropriata di esami diagnostici – dice il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta – e visite specialistiche e punta, oltre che su attività ispettive e sanzioni, sul potenziamento dell’offerta di prestazioni sanitarie con ulteriore sovraccarico dei professionisti sanitari che hanno carichi di lavoro già inaccettabili».

Se non si risponde all’aumento della domanda di prestazioni con un aumento del personale disponibile e dei finanziamenti, è impossibile affrontare il problema, secondo Cartabellotta. La soluzione è «investire sul personale sanitario aumentando gli organici, e non stremare ulteriormente quello già in servizio, con il rischio di alimentare ulteriormente la fuga dei professionisti dal Ssn».

«Davvero con le prestazioni aggiuntive si vogliono abbattere le liste di attesa?», chiede Pina Onotri, segretaria generale Sindacato medici italiani (Smi): «Quello licenziato ieri –  aggiunge –  istituisce presso l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), la Piattaforma nazionale per le liste d'attesa di cui usufruisce il ministero della Salute per conoscere i tempi di attesa delle prestazioni, regione per regione. Prestazioni che andranno comunque garantite anche attraverso l'apertura a centri accreditati o convenzionati. Le visite diagnostiche e specialistiche vengono estese nel weekend con la possibilità anche di un ampliamento delle fasce orarie delle prestazioni. Ma ci chiediamo –  prosegue Onotri –  con quale personale, se vige ancora il tetto di spesa per l'assunzione di nuovi medici? Per di più, ancora una volta si punta sul privato accreditato, indebolendo il sistema pubblico di tutela della salute». 

Sono arrivate critiche anche dal fronte politico, con la leader dell’opposizione Elly Schlein che ha definito il provvedimento uno «spot pre-elettorale». Schlein ha descritto il decreto come una misura inefficace per risolvere il problema dei ritardi e ha sottolineato come servirebbero invece maggiori finanziamenti. Schlein ha poi accusato il governo di favorire il settore privato, riducendo le risorse attuali «già ampiamente insufficienti» a 160 milioni di euro, rendendo così la sanità un settore «a misura di portafoglio».

© Riproduzione riservata