L’associazione dei costruttori Confedilizia ha lanciato ieri l’allarme: a Bruxelles si sta discutendo una «eco-patrimoniale» che causerà «la perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili italiani» e «un impoverimento generale delle nostre famiglie». Il bersaglio è la direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia che in futuro potrebbe portare all’impossibilità di vendere o affittare edifici residenziali con una classe energetica inferiore alla F, a partire dal 2030, e con classe inferiore alla E, dal 2033.

«La casa è sacra e non si tocca», ha commentato ieri il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti, che insieme a mezza dozzina di esponenti del suo partito si è subito schierato accanto a Confedilizia parlando di «patrimoniale camuffata» e «norma che penalizza gli italiani». In realtà non siamo di fronte a una vera imposta patrimoniale, ma la norma in discussione potrebbe effettivamente portare a una riduzione del valore di quegli immobili in bassa classe energetica che non verranno restaurati.

La direttiva

La bozza della Commissione sarà discussa dal parlamento europeo nelle prossime settimane. Il testo che uscirà sarà poi ulteriormente negoziato in una serie di incontri tra parlamento, Commissione europea e Consiglio dell’Unione europea, la cui proposta di modifica è molto più moderata e non prevede obblighi. Un testo definitivo ,frutto del compromesso tra queste parti, è atteso prima della fine del 2023.

La direttiva sul consumo energetico degli edifici fa parte del pacchetto “Fit for 55”, un vasto insieme di leggi e regolamenti con cui l’Unione europea punta a raggiungere l’obiettivo di una riduzione del 55 per cento delle emissioni entro il 2030. L’obiettivo della direttiva è quello di ridurre il numero di edifici in bassa classe energetica negli stati membri. Gli edifici, ricordano i documenti ufficiali, sono responsabili del 40 per cento dei consumi energetici e del 36 per cento delle emissioni inquinanti relative al consumo di energia. La direttiva contiene norme che riguardano edifici pubblici e privati, la costruzione di nuovi e lo stock esistente.

I contrasti

L’idea di migliorare l’efficienza energetica tramite obblighi non piace a tutti gli stati membri. Italia e Polonia, in particolare, si sono fatte capofila di chi chiede misure più morbide. In Italia fino al 35 per cento degli edifici residenziali si troverebbe in classe G e senza interventi diventerebbe irregolare a partire dal 2030, in caso di passaggio della proposta della Commissione. Grazie all’opposizione di Italia e Polonia, nella bozza del Consiglio, invece, non è previsto alcun obbligo. Soltanto nei prossimi mesi sapremo quale delle due versioni la spunterà.

La proposta di revisione aveva già causato polemiche alla fine del 2021, quando la Commissione aveva presentato la bozza di direttiva. All’epoca il commissario Frans Timmermans aveva rassicurato con forza i critici. «La nostra proposta non contiene alcun divieto di vendita o affitto per gli edifici che saranno qualificati nella classe G – aveva detto – Nessun “burocrate di Bruxelles” confischerà la vostra casa se non è ristrutturata. Il patrimonio culturale è protetto e le case estive possono essere esentate».

Timmermans all’epoca aveva aggiunto che sarebbero stati i singoli stati membri a decidere come far rispettare lo standard minimo che scatterà dal 2030 e quello che scatterà dal 2033. Non è chiaro al momento se l’attuale proposta preveda ancora questo margine di manovra per gli stati membri.

I difensori della proposta, in ogni caso, ricordano che il miglioramento di classe energetica da G a F si può ottenere con interventi minimi, spesso di costo ridotto. Diversi paesi europei hanno già introdotto l’obbligo di miglioramento della classe energetica per gli edifici più inefficienti.

 

© Riproduzione riservata