I sindacati definiscono la misura «irricevibile». Il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, è preoccupato per il contagio. La regione, «ma soprattutto di Roma», è caratterizzata dall’ampia presenza di lavoratori del settore pubblico
- L’ultimo dpcm anti-covid ha fissato l’obbligo di lavoro agile ad almeno il 50 per cento. In realtà si riferisce solo alla parte che sarà possibile fare in smart workinkg. Lunedì sera è stato pubblicato il decreto ministeriale che norma il lavoro da casa per la Pubblica amministrazione che trova molte scappatoie.
- Il decreto segnala molte situazioni in cui non sarà possibile attivare lo smart working e chiede ai dipendenti la massima flessibilità, inoltre i dirigenti avranno il potere di decidere per chi e come organizzare il lavoro.
- Il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, teme che non ci saranno abbastanza dipendenti a casa per decongestionare i mezzi di trasporto pubblici. I sindacati invece denunciano «lo strapotere dei dirigenti» e hanno proclamato lo stato d’agitazione.
I sindacati della Pubblica amministrazione Cgil, Cisl e Uil hanno dichiarato lo stato di agitazione contro il decreto della ministra della Pa, Fabiana Dadone: «Il decreto è irricevibile». Il presidente del Lazio Nicola Zingaretti ha inviato una lettera ai ministri per chiedere di intervenire sullo smart working intimorito dai numeri del contagio.
Ieri è stato pubblicato il decreto ministeriale che norma lo smart working per la Pubblica amministrazione. Il ministro della Salute Roberto Speranza nelle settimane scorse ha provato più volte, sia prima della pubblicazione del decreto anti Covid del 13 settembre che dell’ultimo del 18, ad alzare la percentuale d’obbligo di lavoro agile per la pubblica amministrazione al 75 per cento. Invece entrambi i dpcm lo hanno fatto restare al 50 per cento – dov’era dal decreto Rilancio di maggio - con l’aggiunta di un “almeno” che avrebbe dovuto aprire a nuove possibilità. Nel decreto Dadone però si legge che si ranno molte situazioni in cui non ci saranno. Il ministero, come scritto su Domani, ritiene che in assenza di un vero lockdown e alla chiusura delle imprese, la pubblica amministrazione difficilmente potrà adottare misure di lavoro agile più estese. Forte della conferma del decreto Conte, la ministra ha normato.
Le misure
Lunedì sera la ministra ha postato sul suo sito internet, fabianadadone.it un riassunto del decreto (uscito anche sul sito del ministero, ma il link su Facebook rimanda solo al suo sito personale). Il personale impegnato «in attività da poter svolgere a distanza» verrà organizzato su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale e con modalità semplificate fino al 31 dicembre 2020.
Le amministrazioni «assicurano percentuali più elevate possibili di lavoro agile» ma, aggiunge, solo in base alla loro capacità «organizzativa e tecnologica», garantendo «comunque l’accesso, la qualità e l’effettività dei servizi ai cittadini e alle imprese». Una situazione che lascia aperte molte possibilità in cui insomma lo smart working non sarà attivato.
Ai dipendenti è chiesta totale flessibilità di orari: «Turnazioni e alternanza di giornate lavorate in presenza e da remoto, comunque nel rispetto delle misure sanitarie e dei protocolli di sicurezza, anche prevedendo fasce di flessibilità oraria in entrata e in uscita».
A questo si accompagnerà un sistema «di misurazione e valutazione della performance alle specificità del lavoro agile per verificare l’impatto sui servizi e le attività» e verranno «monitorate le prestazioni rese in smart working anche in base alle segnalazioni di utenti e imprese».
Il lavoro agile infine «è senza vincoli di orario e luogo di lavoro, ma può essere organizzato per specifiche fasce di contattabilità» anche se viene garantito che non ci saranno maggiori carichi di lavoro. «Ai lavoratori sono garantiti tempi di riposo e diritto alla disconnessione. Chi è in quarantena o fragile può comunque svolgere il lavoro agile».
Tutto dipenderà «dall’ente responsabile». Che per il ministero «agirà secondo criteri di priorità che varieranno a seconda delle condizioni di salute dei componenti del nucleo familiare del dipendente, la presenza di figli minori di 14 anni, distanza tra la zona di residenza/domicilio e la sede di lavoro, «numero e tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e relativi tempi di percorrenza».
Un numero di variabili che ha fatto scattare il presidente del Lazio e i sindacati.
La reazione
Martedì Zingaretti, senza nominare il decreto, ha inviato una lettera a sindaci e ministri. «Oggi ho inviato una lettera per ministri, sindaci, presidenti delle Province e di enti pubblici del Lazio. Ho chiesto loro di riprogettare il lavoro per andare ben oltre la soglia del 50 per cento di smart working come soglia minima negli uffici pubblici».
La regione Lazio, «ma soprattutto di Roma», ricorda, è caratterizzata dall’ampia presenza di lavoratori del settore pubblico. Lasciare tutti in ufficio è un problema, visto che la Regione sta vedendo salire i ricoveri. «Occorre andare oltre e potenziare la programmazione delle forme di lavoro flessibile che impattano sia sulla riduzione dei contatti negli ambienti di lavoro, sia sul carico del trasporto pubblico verso la capitale e al suo interno».
In ogni caso conclude il bisogna differenziare per fasce orarie «come si stanno impegnando a fare le istituzioni scolastiche».
I sindacati hanno dichiarato lo stato di agitazione. «Il decreto ministeriale sul lavoro agile è irricevibile, non condividiamo nel modo più assoluto il contenuto» si legge nella nota congiunta dei segretari Serena Sorrentino, Maurizio Petriccioli, Michelangelo Librandi e Nicola Turco, rispettivamente di Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uilpa.
Il provvedimento adottato, continuano, non dà risposte ai lavoratori sullo smart working, «da strapotere ai dirigenti su aspetti che oggi sono regolati dalla contrattazione». Per loro non è accettabile: «dovremmo affidarci alla bontà del dirigente che potrà attivare il confronto con i rappresentanti sindacali». Così Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl e Uilpa «proclamano lo stato di agitazione in tutti gli uffici e settori del Pubblico Impiego».
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