L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) avrà un ruolo di monitoraggio nei centri per migranti voluti dal governo di Giorgia Meloni in Albania. A chiederlo formalmente all’agenzia dell’Onu è stato il ministero dell’Interno dopo una serie di interlocuzioni.

La decisione di esternalizzare le procedure di richiesta di asilo e di rimpatrio in un paese terzo è stata fortemente criticata dalle organizzazioni della società civile, che hanno messo in luce le potenziali illegittimità – sul piano dei diritti umani e del rispetto del diritto internazionale – che potrebbero verificarsi all’interno delle strutture di Shëngjin e Gjader. La prima destinata all’identificazione, la seconda avrà la funzione di hotspot e di centro di permanenza per il rimpatrio.

Ancora non è chiara la data di apertura dei centri, più volte posticipata a causa di ritardi, costi e incognite. Qui dovrebbero essere portate le persone salvate dalle autorità italiane nelle acque internazionali che, in base alle rassicurazioni del governo, non dovrebbero rientrare nelle categorie dei soggetti cosiddetti vulnerabili. Alcuni elementi, come raccontato da Domani, sembrano però suggerire la possibile presenza di minori.

L’Unhcr lavorerà «sia sulle navi che nei due centri in Albania, per rafforzare l’accesso e la qualità delle procedure di asilo» e monitorare l’individuazione veloce delle persone con esigenze specifiche, spiega a Domani Chiara Cardoletti, rappresentante per l’Italia, la Santa Sede e San Marino dell’agenzia per i rifugiati.

L’agenzia dell’Onu non è stata coinvolta nella costruzione dell’accordo ma è stata contattata successivamente. Perché avete deciso di assumere un ruolo nell’esecuzione del protocollo Italia-Albania?

A seguito di uno scambio di lettere con il ministero dell’Interno, l’Unhcr ha deciso di impegnarsi nel ruolo di monitoraggio in sede di attuazione del protocollo, svolgendo anche attività di protezione e counselling, per tutelare al massimo livello possibile i diritti dei richiedenti asilo. La decisione è stata presa alla luce del nostro mandato e della specifica responsabilità di supervisione sull’applicazione della Convenzione di Ginevra sui Rifugiati che l’agenzia ha sulla base dell’articolo 35 della stessa.

Vede, ogni tipo di accordo che preveda trasferimenti verso paesi terzi sicuri porta sempre con sé dei rischi. Per questa ragione, e nonostante non siamo stati parte della negoziazione e dello sviluppo del protocollo, abbiamo raggiunto un accordo con il governo italiano per svolgere il ruolo di monitoraggio e di protezione per garantire che alle persone che rientrano sotto il nostro mandato sia assicurata l’opportunità di chiedere asilo, e siano assicurate le necessarie misure di protezione. Abbiamo una responsabilità precisa e specifica nei confronti dei rifugiati e dei richiedenti asilo. La priorità dell’Unhcr rimane la loro protezione.

Come si svilupperà la vostra attività? Opererete all’interno dei due centri?
Team dedicati lavoreranno, sia sulle navi che nei due centri in Albania, per rafforzare l’accesso e la qualità delle procedure di asilo e monitorare i meccanismi per la pronta individuazione di persone con esigenze specifiche e vulnerabilità. Grazie al lavoro di monitoraggio, inoltre, identificheremo e segnaleremo alle autorità eventuali problematicità rispetto alle garanzie di protezione dei diritti delle persone per migliorare l’attuazione dell’accordo stesso. Il nostro coinvolgimento mira anche ad assicurare, presso le istituzioni a livello nazionale ed europeo, che questo protocollo, come altre iniziative, non si traduca in pratiche di esternalizzazione delle responsabilità verso paesi terzi, che, come sappiamo, sono contrarie al diritto internazionale.

Siete stati sollecitati dal governo a svolgere questo ruolo di monitoraggio?

Sì, abbiamo ricevuto recentemente una richiesta formale, che è arrivata a seguito di una serie di incontri in cui ci siamo confrontati con il governo su determinati aspetti di inquadramento legale e attuazione del protocollo che non erano emersi nel dibattito pubblico e parlamentare. In virtù del nostro mandato, e per far fronte ai rischi che accordi di questo tipo generano, l’Unhcr dialoga con i governi, come in questo caso, per assicurare il rispetto del diritto e degli standard internazionali, attraverso un possibile ruolo di monitoraggio e lo svolgimento di attività di protezione. Mi preme sottolineare nuovamente che vogliamo poter tutelare al massimo livello possibile i diritti dei richiedenti asilo. La protezione dei rifugiati e dei richiedenti asilo rimane e sarà sempre la nostra priorità, in ogni situazione. Questo è il nostro lavoro, che portiamo avanti dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Fino a che punto sarete coinvolti in questo meccanismo? E che livello di indipendenza avrete?

Non saremo soggetti attuatori del protocollo. Svolgeremo le attività di monitoraggio con finanziamenti provenienti da fonti che sono diverse dalle parti coinvolte. E questo ci permetterà di conservare la nostra piena indipendenza nel segnalare eventuali incoerenze rispetto al diritto internazionale e alle garanzie delle persone, contribuendo al contempo a migliorare lo spazio di protezione complessivo.

Molte organizzazioni in Italia e in Albania hanno criticato l’accordo su diversi profili. Nel Regno Unito il nuovo premier Starmer ha deciso di interrompere l’accordo di esternalizzazione con il Ruanda. Qual è la posizione dell’Unhcr?

L’Unhcr è fortemente contrario a pratiche di esternalizzazione della responsabilità riguardante il rispetto dei diritti dei richiedenti asilo e di chi scappa da guerre, violenze e persecuzioni. L’accordo tra Regno Unito e Ruanda, che, apprendiamo con favore, sembra essere stato accantonato, è un caso di pura esternalizzazione: i richiedenti asilo, che hanno diritto a rimanere nel paese dove hanno fatto domanda di protezione, sarebbero stati inviati in un paese terzo, il Ruanda appunto, che avrebbe poi esaminato le domande individuali di asilo. I rifugiati riconosciuti non sarebbero potuti tornare nel Regno Unito. Tutto ciò è contrario al diritto internazionale e l’Unhcr non può accettarlo.

L’accordo Italia-Albania, pur portando con sé dei rischi, è diverso. L’Italia manterrà la giurisdizione sui due centri in Albania e, di conseguenza, la responsabilità sull’esame delle domande di protezione internazionale, le misure successive alle decisioni e in generale il trattamento delle persone. Naturalmente abbiamo le nostre preoccupazioni e molto dipenderà da come verrà attuato l’accordo. Proprio per questo abbiamo deciso di accettare questo ruolo, che ci permetterà di monitorare il rispetto dei diritti e proteggere i richiedenti asilo.

Quali sono, dal vostro punto di vista, le criticità principali in merito al protocollo?

Il nostro principale obiettivo è che nell’attuazione del protocollo i diritti e le tutele dei richiedenti asilo vengano pienamente rispettati e siano in linea con le normative europee e le convenzioni internazionale sui diritti umani. L’Unhcr ha ricevuto da parte del governo molti chiarimenti in merito all’inquadramento legale del protocollo e alla sua attuazione, che confermano la volontà di rispettare il diritto e gli standard internazionali. Tuttavia, saranno le modalità concrete di attuazione a rendere effettivo tale impegno. Naturalmente sarà decisiva la fase di identificazione e screening, in particolare a bordo delle navi. Così come dovremo prestare particolare attenzione alle misure di trattenimento e più in generale alle procedure da remoto.

La premier Meloni ha ripetuto più volte che l’accordo non riguarda i minori e altri soggetti vulnerabili, che non potranno essere portati in Albania. In base a documenti consultati da Domani risultava però una stanza per i minori. Che informazioni avete ricevuto?

Questa è una garanzia che ci è stata data. In teoria nessuna persona in condizioni di vulnerabilità potrà essere portata in Albania. Dall’implementazione di questo protocollo hanno escluso una serie di profili. Non sarà l’Unhcr a stabilire le vulnerabilità, ma ci assicureremo che ci sarà un occhio di protezione su questo profilo.

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