Dopo le dimissioni di Mario Draghi, respinte dal capo dello Stato, nei prossimi giorni si capirà se la legislatura è definitivamente terminata oppure c’è la possibilità di raggiungere la sua fine naturale, a primavera 2023.

Draghi ha annunciato lui stesso ai ministri riuniti in Consiglio che mercoledì prossimo riferirà alle Camere per motivare la sua decisione: questa decisione lascia cinque giorni ai partiti per organizzarsi per i prossimi mesi. 

Sergio Mattarella ha respinto le dimissioni chiedendo al premier di confrontarsi col parlamento proprio per permettergli di parlare in aula mercoledì. Che piega prenderà la comunicazione e se ci sarà un voto successivo è tutto da vedere. 

Lunedì e martedì Draghi è in Algeria, dove era in programma già da tempo un viaggio, anche per cementare i rapporti commerciali fondamentali in fatto di sicurezza energetica: dal Nord Africa arriva infatti una grossa parte del gas che in futuro sostituirà le forniture russe. 

Draghi bis?

È difficile immaginare cosa possa trovarsi di fronte il premier dimissionario mercoledì in aula. Il segretario dem Enrico Letta ha già annunciato che si impegnerà per trovare una soluzione che mantenga Draghi al suo posto. «Ora ci sono #cinquegiorni per lavorare affinché il Parlamento confermi la #fiducia al Governo #Draghi e l’Italia esca il più rapidamente possibile dal drammatico #avvitamento nel quale sta entrando in queste ore» ha scritto su Twitter. 

Forza Italia, il cui leader Silvio Berlusconi nei giorni scorsi si mostrava ancora possibilista rispetto a un Draghi bis, oggi è più scettica. Il capogruppo alla Camera Paolo Barelli spiega a Repubblica che «ci riesce molto difficile immaginare di proseguire il lavoro a fianco dei Cinque stelle. Se Draghi ci invitasse ad andare avanti, chiederemmo garanzie». 

I Cinque stelle si sono riuniti ieri sera, ma il Consiglio nazionale, l’organo che raccoglie i vertici di partito, non ha prodotto ancora una linea e tornerà a discutere oggi. Il caso dei Cinque stelle è il più delicato: Draghi ha presentato le dimissioni dopo il “non voto” del Movimento alla fiducia del decreto Aiuti. La capogruppo al Senato Mariolina Castellone e lo stesso Conte si sono affannati a sottolineare la partecipazione dipendesse soltanto dal merito del provvedimento, che conteneva misure inaccettabili per il Movimento, lasciando così uno spiraglio che permetterebbe anche di votare in futuro la fiducia a un nuovo governo Draghi. I Cinque stelle potrebbero dunque tornare sui loro passi, anche se una parte dei parlamentari è convinto che rientrare in maggioranza proprio ora che lo strappo si è consumato sarebbe la scelta sbagliata. 

Più chiara la linea della Lega. Il segretario Matteo Salvini ha già detto nei giorni scorsi che, per lui, la non partecipazione al voto dei Cinque stelle comporterebbe l’addio del Carroccio. Oggi conferma la sua linea il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, che spiega in un’intervista al Corriere della sera che «l’esperienza è finita, bisogna andare a votare. Il paese ha bisogno di un governo legittimato dai cittadini». Uno spostamento drastico che mette la Lega in linea con Fratelli d’Italia, che da una settimana chiede che si torni a elezioni.

Italia viva spera in un Draghi bis, come ha spiegato ieri Matteo Renzi nella sua dichiarazione del voto a palazzo Madama. Possibilmente senza i Cinque stelle: «Draghi ha fatto bene, rispettando le Istituzioni: non si fa finta di nulla dopo il voto di oggi. I grillini hanno fatto male al Paese anche stavolta. Noi lavoriamo per un Draghi-Bis da qui ai prossimi mesi per finire il lavoro su PNRR, legge di Bilancio e situazione ucraina» scrive su Twitter. Sulla stessa lunghezza d’onda il nuovo partito centrista di Luigi Di Maio, Insieme per il futuro, che già dai giorni scorsi sta cercando di raccogliere nuove adesioni tra i Cinque stelle che non approvano la linea di Conte.

L’alternativa

Se una nuova maggioranza non dovesse trovarsi o Draghi decidesse di rendere irrevocabile la sua decisione tornando al Colle durante o subito dopo le comunicazioni in aula, le strade sono due. Il capo dello Stato potrebbe proporre un governo, molto probabilmente balneare, che traghetti il paese al voto, o sciogliere direttamente le Camere, andando al voto anticipato in autunno. 

La prima opzione permetterebbe di rispettare le scadenze legate al Pnrr e alla legge di Bilancio, che si discute in autunno, la seconda, invece, aprirebbe la campagna elettorale estiva.

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