L’Emilia Romagna non vuole un Capitano

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Il 2020 si apre con le elezioni regionali. Il 26 gennaio in Calabria vince senza fatica il centrodestra. Ma è in Emilia Romagna che si gioca una partita nazionale. Il leader leghista Matteo Salvini cerca la ‘spallata’ contro il governo giallorosso e tenta di espugnare la regione simbolo della sinistra post comunista, dove si ripresenta Stefano Bonaccini. Il 19 gennaio a Bologna si era convocato il movimento delle sardine, in campo da due mesi per dare una mano contro il populismo e il razzismo. In piazza si stiperanno in 40mila. Bonaccini vince con quasi otto punti di distacco dalla candidata leghista Lucia Bergonzoni. Il 17 febbraio ancora a Bologna manifesteranno di nuovo migliaia di persone per chiedere la liberazione Patrick Zaki, lo studente e ricercatore sui diritti umani egiziano di 27 anni iscritto a un master nel capoluogo emiliano, arrestato il 7 febbraio all’aeroporto del Cairo. Jole Santelli, la neopresidente della Calabria, morirà dieci mesi dopo, battuta dalla malattia.

«Io resto a casa», il senso di Conte per i Dpcm

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Arriva in Italia la pandemia di Covid-19. Il 31 gennaio il consiglio dei ministri vara lo stato di emergenza sanitaria. Il 21 febbraio a Codogno, vicino Lodi, viene scoperto il primo paziente positivo al virus. Il primo focolaio è a Vo Euganeo. Il 22 febbraio dieci comuni del lodigiano sono dichiarati zona rossa. Il 23 il presidente del consiglio, dopo aver approvato un decreto-legge che introduce le prime misure urgenti per il contenimento del contagio, firma il primo Dpcm, il decreto del presidente del consiglio dei ministri, l’atto amministrativo che diventerà lo strumento costante della gestione dell’emergenza. Per illustrarne i contenuti, Conte inaugura la serie delle conferenze stampa serali. Dal 4 marzo il paese entra in lockdown. Chiudono le scuole e le università, dal 7 la Lombardia e 14 province del nord. Ma alcune regioni, con ordinanze proprie, si ribellano alle decisioni del governo centrale: inizia la stagione degli scontri con i presidenti di Lombardia e Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia. Anche i sindaci protestano per le chiusure. Chiudono le scuole. Il 9 marzo il paese è in lockdown. Durerà fino al 18 maggio. Arrivano i primi provvedimenti economici, e gli scontri fra maggioranza e opposizione. Il 27 maggio la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen annuncia il Next Generation Ue: è un cambio di direzione dell’Unione, ma anche un successo del premier Conte. Che, il 13 giugno, convoca a Roma, a Villa Pamphili, gli Stati generali dell’Economia.

I balconi cantanti

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Mentre dilaga il contagio del virus, si propaga anche quello della solidarietà. Nelle città esplode il fenomeno dei balconi che cantano. I cittadini si danno appuntamenti locali ma anche nazionali per cantare canzoni o esporre manifesti beneauguranti. «Andrà tutto bene», è la speranza. Spesso realizzati dai bambini e dai ragazzi, che ormai seguono le lezioni da casa, con la didattica a distanza. Il fenomeno ha il suo apice il 25 aprile: la festa di Liberazione non si può celebrare in piazza, l’Associazione nazionale partigiani d’Italia e uno sterminato cartello di associazioni organizzano la celebrazione online. E dai balconi e da molte finestre si celebra la caduta del fascismo.

Mattarella, c’è solo un presidente

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Il primo appello all’unità del paese il presidente della Repubblica lo pronuncia il 6 marzo in un videomessaggio: «Il Paese resti unito, dobbiamo aver fiducia», dice agli italiani. Ne seguiranno molti altri. Il presidente sarà il punto di riferimento di chi chiede la collaborazione di tutte le forze politiche, anche dell’opposizione. A più riprese chiede al parlamento di fermare le polemiche e di combattere insieme la pandemia e la crisi economica. Nell’ultimo appello, il 18 dicembre, invoca la collaborazione internazionale per il vaccino: «Nessun Paese, da solo, si è dimostrato in grado di proporre risposte efficaci alle crisi», si impone «una collaborazione internazionale senza riserve, conseguenza diretta di un mondo sempre più interconnesso», in questa fase «è imperativo comune arginare tutte le conseguenze non soltanto sul piano sanitario, compreso la necessità di garantire l'accesso di tutti i popoli alle iniziative di immunizzazione, per dovere di solidarietà e per sicurezza comune».

Crisi a Cinque stelle

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Il 22 gennaio Luigi Di Maio, dopo aver ricevuto una lunga serie di contestazioni per la sua gestione troppo accentrata dei Cinque stelle, si dimette da capo politico del movimento e capo delegazione al governo. Resta ministro degli Esteri. «Ho protetto il movimento da trappole e approfittatori. Ora il governo deve andare avanti. Io non mollo». Al suo posto viene nominato reggente Vito Crimi. Lo spirito dei dei meetup è stato travolto dai due governi opposti, uno con la Lega e l’altro con il Pd. Ai militanti vengono promessi Stati generali che però, a fine anno, non sono ancora conclusi. Fuori dal parlamento, Alessandro Di Battista è la bestia nera dell’ala governista. Contraddizioni, dissensi, abbandoni e scissioni: il movimento sembra esplodere il 9 dicembre, quando deve votare il sì al Fondo salva stati. Per i dissidenti, che pure si allineano nel voto, è la conferma che ormai si è rinunciato a tutti i capisaldi dello slancio  iniziale. A fine anno la contabilità è amara: sono ben 55 i parlamentari grillini che hanno cambiato casacca. 

Vince l’antiCasta

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Il taglio dei parlamentari, bandiera di M5S, è uno dei 29 punti dell’accordo del programma del governo giallo-rosso, forse la condizione più dura da accettare per l’alleato Pd, che inaugura il suo governo rovesciando i tre voti espressi (no) sulla legge costituzionale che  prevede la riduzione del numero dei parlamentari: da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori. Il referendum popolare si celebra il 20 e il 21 settembre. L’opinione pubblica si divide, e così la maggioranza di governo. Per M5S la battaglia con cui nascondere la crisi. Il Pd conferma il sì ma ottiene la promessa di correttivi e riforme (che non verrà onorata). A destra anche Lega e Fratelli d’Italia sono per il sì. E alla fine il sì vince con il 69,96 per cento, affluenza al 51,12. Dalle prossime elezioni politiche il parlamento sarà composto da 600 eletti. 

Zingaretti e la linea rossa (della Toscana)

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Gli stessi giorni del referendum, il 20 e il 21 settembre si vota per un altro turno di regionali: in Valle d'Aosta, Veneto, Liguria, Marche, Campania, Puglia e  Toscana. Ed è in quest’ultima che stavolta si gioca la battaglia simbolica fra centrosinistra e destre. Salvini prevede un 7 a zero. I Cinque stelle votano sulla piattaforma Rousseau: sì alle alleanze con il Pd. Ma i gruppi regionali fanno resistenza, alla fine  l’accordo si stringe solo in Liguria, dove però arriva la sconfitta: è rieletto l’ex forzista Giovanni Toti. In Toscana è guerra di nervi e sondaggi: molti istituti assegnano la vittoria alla destra. Ma neanche stavolta l’assalto alla regione rossa va in porta. In Toscana vince il socialista Eugenio Giani, in Puglia è confermato Michele Emiliano e in Campania Vincenzo De Luca. Zingaretti ha scommesso nelle vittorie, quasi in solitaria. Il Pd tiene le sue regioni tranne le Marche. Anche in Valle d’Aosta viene eletto un presidente democratico. La partita finisce 3 a 4. Ma la fotografia della penisola è quasi tutta in blu: l’anno si chiude destra-sinistra 14 a 6.  

L’Italia gialla, rossa e arancione

Il ministro della Salute, Roberto Speranza (LaPresse)

Il paese rientra nel tunnel della pandemia. Il 7 settembre Conte, firmato il Dpcm che proroga al 7 ottobre le misure precauzionali per contrastare il contagio. Ma durante l’estate la cronaca racconta di continue occasioni di contagio, culminate nelle feste ferragostane nelle località balneari. Il Billionaire, il locale di Flavio Briatore in Costa Smeralda, al termine di una stagione senza pensieri, finisce con 58 positivi fra i dipendenti. Focolai si registrano nei luoghi della movida e nei resort. Il 16 agosto il governo chiude le discoteche, ma il danno è fatto. Da settembre si rincorrono i Dpcm, a distanza di giorni, all’inseguimento di un contagio che riprende una corsa che il commissario straordinario Domenico Arcuri definisce «tumultuosa». Il 14 settembre riaprono le scuole, ma l’anno scolastico parte nel caos. A novembre l’Italia viene divisa in fasce con restrizioni diverse sulla base di 21 parametri. E’ di nuovo durissimo lo scontro con le regioni.

Cancellati (quasi) i decreti contro i naufraghi

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Il decreto sicurezza che deve cancellare i decreti Salvini dell'esecutivo gialloverde è un punto del programma del nuovo governo a guida M5S-PD. Dovrebbe arrivare in primavera, ma a maggio M5S si oppone alla sua approvazione. Che slitta. Slitta a dopo il referendum di settembre, poi slitta ancora. La sua approvazione finale, dopo un durissimo ostruzionismo di Lega e Fratelli d’italia, arriva soloil 18 dicembre e solo grazie al voto di fiducia del senato. L’opposizione abbandona l’aula. Il nuovo testo reintroduce forme di protezione umanitaria come ‘protezione speciale’ garantita a chi che nel proprio paese rischierebbe tortura, persecuzioni, trattamenti inumani o degradanti. E’ prevista anche la convertibilità di alcuni tipi di permesso di soggiorno in permessi per motivi di lavoro. Via le multe milionarie alle navi delle Ong che effettuano soccorsi in mare e la confisca dell'imbarcazione, ma le sanzioni restano. E comunque le navi delle Ong restano ancorate nei porti, ingabbiate da continue pastoie amministrative delle quali i ministeri competenti si dichiarano irresponsabili. 

Renzi annuncia: la fiducia è finita 

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Il 5 dicembre Conte, in un’intervista a Repubblica, dichiara che è pronto all’approvazione dei ministri il piano del Recovery fund. E’ la miccia che accende le polveri nella maggioranza. Il 9 dicembre il parlamento dice sì al Fondo Salva Stati, il famigerato Mes, ma i Cinque stelle sono percorsi da un onda tellurica. Il Pd e Italia viva votano sì ma stoppano le decisioni sul piano, che il premier presenta come già prese: chiedono chiarimenti e un nuovo programma per la fine della legislatura. Ma Renzi stacca in avanti e minaccia la crisi. Circolano voci di rimpasto. Al premier viene contestata la gestione in solitaria dell’emergenza e l’inerzia nei principali dossier di governo. Conte si rassegna a concedere una «verifica» della sua maggioranza. Due giri di consultazioni non bastano a Italia viva, che promette ancora battaglia. Tre le condizioni per andare avanti: la revisione della governance del piano, la delega dei Servizi segreti, che Conte trattiene a sé, e il Mes sanitario. Il Pd non segue il suo ex segretario ma sfida Conte a ritrovare comunque una sintesi nella maggioranza. Matteo Renzi promette che, senza risposte positive, aprirà la crisi. Fra gli alleati nessuno ci crede. Ma nessuno si fida. 

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