- I diritti civili sono stati spazzati via dall’agenda politica. Come previsto, il governo Meloni ha indicato altri temi da affrontare, cancellando ogni spiraglio di dialogo.
- Diventa vano il tentativo di Alessandro Zan, che ha ripresentato la sua proposta di legge. Per il braccio destro della premier, Alfredo Mantovano, il ddl è «la minaccia dell’olio di ricino».
- Dall’eutanasia alla legalizzazione della cannabis, le opposizioni hanno presentato varie proposte di legge. Ma è già certo il rifiuto della maggioranza al confronto nel merito.
I diritti civili sono stati spazzati via dall’agenda politica. Come previsto, infatti, il governo Meloni ha cancellato qualsiasi spiraglio di dialogo sulle questioni che spaziano dal contrasto all’omofobia fino alla riforma della cittadinanza, che si tratti di Ius soli o Ius scholae. Diventa così vano anche il tentativo di Alessandro Zan, che ha ripresentato la sua proposta di legge contro la «discriminazione» e la «violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità», in una versione modificata. In particolare sono stati cancellati due articoli dal testo, il primo, relativo proprio alla definizione di genere, e il quarto, che punta a intervenire sulla tutela del pluralismo di opinioni, ribattezzato “salva idee”.
Ideologia anti ddl Zan
Erano i passaggi da sempre stati giudicati più controversi dal centrodestra e comunque frutto di lunghe mediazioni. Un tentativo di fare chiarezza e aprire uno spiraglio in materia di diritti civili, che però si infrange contro il muro impenetrabile eretto dal centrodestra. Un rifiuto totalmente ideologico, proprio da quei partiti, come Fratelli d’Italia e Lega, che hanno accusato di posizioni ideologiche i sostenitori di un ampliamento dei diritti civili.
Il ddl Zan, infatti, trova la totale contrarietà del braccio destro di Giorgia Meloni a palazzo Chigi, il sottosegretario Alfredo Mantovano, che porrà il veto anche solo al confronto. La sua posizione è stata esplicitata nel libro, di cui è curatore, dal titolo inequivocabile Legge omofobia, perché non va.
Nella pubblicazione c’è una disamina, articolo per articolo, della proposta di Zan. E qui emerge il vero orientamento della destra: il nodo non è rappresentato da due soli articoli. Nel testo di Mantovano, addirittura, la legge sull’omofobia viene definita come la «minaccia dell’olio di ricino per chiunque si opponga a un ricatto ideologico subdolamente totalitario, che pretende di portare alle estreme conseguenze quello “sbaglio della mente umana” che è l’ideologia gender».
Accuse al gender
Insomma, una tesi contraria a prescindere che peraltro fa fatica addirittura ad accettare la piaga dell’omofobia, giudicata come un «stigma» che colpisce chi persegue la visione della cosiddetta famiglia tradizionale. Lo spazio del dialogo viene, peraltro, chiuso di fronte all’ipotesi di istituire una giornata nazionale contro l’omotransfobia, che secondo il Mantovano-pensiero è il «grimaldello per l’ingresso del gender nelle scuole» e serve per «legittimare gli insegnamenti sull’identità di genere».
Del resto alla base della teoria del sottosegretario alla presidenza affiora una convinzione: l’ostilità alla legge Mancino che si basa sui reati d’odio, in quel caso legato alla discriminazione per motivi etnici, razziali o religiosi, che Zan vorrebbe estendere all’omotransfobia.
Insomma, con queste premesse le conclusioni sono logiche: il ddl non avrà spazio. Anche perché all’interno di Forza Italia è stata cancellata l’area più dialogante in merito ai diritti civili, che vedeva in Renata Polverini un punto di riferimento.
Contro i diritti
La questione non è solo relativa al ddl Zan, ma riguarderà qualsiasi ipotesi di intervento sui diritti civili. Agli atti parlamentari ci sono altre proposte di legge firmate da rappresentanti delle opposizioni. La riforma della cittadinanza, lo Ius scholae naufragato alla fine della precedente legislatura, sembra un obiettivo che interessa principalmente il Partito democratico, che ha presentato vari testi, alla Camera, con l’ex presidente del partito Matteo Orfini, e al Senato, con la capogruppo Simona Malpezzi.
Sull’eutanasia sono stati depositate numerose pdl, dal Movimento 5 stelle con Elisa Pirro a +Europa con Riccardo Magi, ma anche dal Pd con Alfredo Bazoli e dal terzo polo con Enrico Costa. Mentre sulla cannabis, oltre a Magi c’è la proposta di Cecilia D’Elia del Pd. Con l’attuale maggioranza di destra, si configurano come iniziative impossibili da attuare.
Tuttavia, un varco può aprirsi almeno per portare la discussione all’ordine del giorno, tenendo viva la fiammella del confronto. I regolamenti parlamentari consentono infatti di portare in aula dei provvedimenti proposti dalle opposizioni.
Servirà trovare una quadra tra Pd, Movimento 5 stelle e terzo polo su queste battaglie. Per non agevolare ancora di più l’ostruzionismo della destra sui diritti civili, che sono già destinati a sparire dai radar politici per cinque anni o comunque per l’intera durata della legislatura.
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