L’ordine giudiziario che impone il voto per l’elezione del direttorio offre al ministro degli Esteri l’occasione per riprendere il controllo con il sostegno dei gruppi parlamentari, stanchi dell’immobilismo del neoleader
- A prendere in mano le redini dell’organizzazione pratica del Movimento potrebbe essere proprio l’ex capo politico Luigi Di Maio, che secondo chi lo conosce è «lucidissimo e segue la questione da molto vicino».
- Infilandosi tra l’organo collegiale (che dovrebbe comunque ratificare il ruolo previsto per Conte) e l’ex premier, riprenderebbe il ruolo di capo operativo.
- Da nessuna frase pronunciata da Conte emerge una linea politica concreta: «Sulle amministrative non si espone, sul limite ai due mandati nemmeno, è in alto mare», dice un pentastellato esperto.
La missione di rinnovamento del Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte potrebbe finire prima ancora d’iniziare.
Gli indizi di quello che i più caritatevoli chiamano un “affiancamento” all’ex presidente del Consiglio si fanno sempre più numerosi, anche perché tanti parlamentari sono stanchi dell’immobilismo dell’ex avvocato del popolo, bloccato nella transizione ormai da diverse settimane.
A prendere in mano le redini dell’organizzazione pratica del Movimento potrebbe essere proprio l’ex capo politico Luigi Di Maio, che secondo chi lo conosce è «lucidissimo e segue la questione da molto vicino».
A offrire l’occasione adatta nei prossimi giorni potrebbe essere l’ordine del pubblico ministero di Cagliari, che è in procinto di chiedere a Beppe Grillo, in forza della sua carica di garante del Movimento, di indire il voto necessario all’elezione dei rappresentanti legali del M5s. L’azione giudiziaria nasce da un effetto collaterale del procedimento che riguarda la consigliera regionale Carla Cuccu, espulsa un mese e mezzo fa dal Comitato di garanzia pentastellato e nel frattempo riammessa nel M5s a seguito di un’ordinanza cautelare di sospensione emanata da un altro giudice del tribunale di Cagliari. Secondo i legali che rappresentano Cuccu, gli avvocati Patrizio Rovelli e Lorenzo Borrè, dopo le modifiche statutarie che hanno abolito la carica di capo politico sostituendola con quella del comitato direttivo, non sarebbe attualmente individuabile un rappresentante legale del Movimento: di qui la possibilità di richiedere formalmente al garante l’elezione del nuovo organismo, bloccata da gennaio, quando era entrato in scena Conte.
A quel punto, Grillo dovrebbe inoltrare la richiesta a Rousseau: col fatto che però i gestori della piattaforma sono in rotta con i vertici del partito, non è detto che il voto si svolga senza inciampi.
Risolvere i dossier
È proprio quello il momento in cui potrebbe entrare in scena il ministro degli Esteri. Infilandosi tra l’organo collegiale (che dovrebbe comunque ratificare il ruolo previsto per Conte) e l’ex premier, riprenderebbe il ruolo di capo operativo. La mossa potrebbe riuscire perché, per quanto Di Maio sia lontano dai consensi che raccoglieva nei gruppi e nell’elettorato nel 2018, i dossier su cui Conte traccheggia stanno diventando troppi. Il neoleader aveva ipotizzato inizialmente di dire addirittura addio al vecchio Movimento, trasformandolo in una bad company. L’intenzione era di ricostruire da zero, con un nuovo simbolo e un nuovo nome, un partito che avesse un’impronta politica molto più di sinistra di quella del vecchio M5s. Il tutto con la benedizione di Beppe Grillo.
Un piano fallito dopo l’intervento di Di Maio, che si è opposto con tutte le forze. Ma Conte, salutato come salvatore del Movimento dalla grande maggioranza dei parlamentari, da allora si è impantanato: tanti incontri, tante assemblee, tanta inconcludenza.
E ora i parlamentari sono apatici: «C’è chi sta rispondendo al questionario sui valori da inserire nella sua Carta dei principi, ma non è la prima volta che ci chiedono contributi di questo genere. Una volta che sai che poi non porteranno a niente, la voglia ti passa», dice un deputato al primo mandato.
Insomma, l’insoddisfazione nei confronti dell’avvocato del popolo corre a tutti i livelli dei gruppi parlamentari. Anche perché da nessuna frase pronunciata da Conte emerge una linea politica concreta: «Sulle amministrative non si espone, sul limite ai due mandati nemmeno, è in alto mare», dice un pentastellato esperto.
Di Maio avrebbe però la soluzione per entrambi i problemi. Sulle amministrative l’indicazione è quella di spingere ovunque sia possibile per un’alleanza con il centrosinistra: resta da vedere se a questo scopo il M5s possa arrivare a sacrificare la candidatura a Napoli di Roberto Fico, che resta determinato a correre. Che il presidente della Camera resti interessato alle sorti della sua città è noto, ma una fonte interna al Movimento sostiene che si stia impegnando anche per intervenire sulla valutazione della stabilità dei conti di Napoli per evitare un commissariamento a stretto giro. Nel dubbio, oltre a dover gestire l’ostilità di Vincenzo De Luca, si ritroverà ad affrontare Gennaro Migliore di Italia viva, teoricamente membro della stessa coalizione.
Anche il problema del limite dei due mandati, che ha creato una contrapposizione netta nel Movimento tra chi è al primo incarico e chi dovrebbe alle prossime elezioni lasciare la politica nazionale, sarebbe facilmente risolvibile attraverso un intervento di Di Maio. È proprio questo l’aspetto che rende più appetibile per i parlamentari il suo ritorno in prima linea.
Deputati e senatori al primo mandato, invece, sono divisi: c’è chi, guardando al proprio destino a medio termine, non sarebbe poi così dispiaciuto di aprirsi una possibilità per restare anche oltre il secondo mandato, e chi punta sull’intransigenza del fondatore, che si è espresso più volte a favore del mantenimento del vincolo.
Il video
Grillo, che è finora rimasto nell’ombra, giovedì prossimo dovrà probabilmente fronteggiare nuove accuse da parte di Rousseau: il 22 è infatti la data ultima stabilita da Davide Casaleggio per il versamento dei contributi dei parlamentari morosi che, con grande probabilità, non sarà rispettata.
Nel frattempo, il garante ha fatto parlare di sé per un video in cui, visibilmente agitato, ha difeso le ragioni di suo figlio Ciro, accusato di stupro e coinvolto in un procedimento giudiziario non ancora concluso. Un appello decisamente inusuale per il fondatore del Movimento 5 stelle, che gli altri partiti hanno subito raccolto, accusando Grillo e gli esponenti Cinque stelle che hanno rilanciato il suo messaggio di garantismo a giorni alterni.
In privato, però, il sostegno non è così unanime: più di qualche parlamentare ha difficoltà a comprendere la strategia dietro al video: «Immaginate come avremmo reagito se l’avesse fatto qualsiasi altro leader politico...».
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