Era il 2017, e per il ministro degli Esteri «a nessuno è negato il diritto di cambiare idea, ma se lo fai torni a casa». Mentre Renzi fondava Italia viva nel 2019 si dispiaceva che non ci fosse il vincolo di mandato: «Assurdo che si applauda a chi sta andando a prendere parlamentari in altre formazioni politiche, per fargli cambiare casacca»
I social non dimenticano, una verità che vale sempre per tutti: «Chi non vuole stare nel Movimento va a casa» e «deve essere risarcito il Movimento», diceva Luigi Di Maio nel 2017. Adesso che se ne è andato lui, gira su Twitter e Facebook il video in cui se la prendeva con forza con i voltagabbana del parlamento: «Così come abbiamo i furbetti del cartellino abbiamo i voltagabbana del parlamento». E aggiungeva: «A nessuno è negato il diritto di cambiare idea, ma se lo fai torni a casa».
La mossa del ministro
Il ministro degli Esteri ieri ha annunciato che lascerà il Movimento 5 stelle per creare la nuova compagine parlamentare “Insieme per il futuro” portando via con sé una cinquantina di parlamentari, in queste ore si discute sulla formazione dei nuovi gruppi. Cinque anni fa per Di Maio non solo era inaccettabile, era proprio «un mercato delle vacche». E «se uno vuole lasciare il Movimento si dimette e lascia il posto a un altro». E dettagliava: oltre ai cambi di casacca, non sopportava nello specifico nemmeno le nuove formazioni. «Non erano nemmeno sulla scheda elettorale», diceva con tono critico.
Il video è stato postato dall’account “Confindustria parody” ricevendo oltre un migliaio di like e centinaia di commenti. «Un’autodescrizione lucidissima», scrive un utente.
E ancora: «Condividiamo questo post tutti i santi giorni, fa troppo schifo quello che ha fatto».
Salvini e Giarrusso
La posizione di Di Maio non sembrava essere cambiata fino a poco tempo fa. Da capo politico nel 2019 se la prendeva ancora una volta contro il «mercato delle vacche» avviato da Matteo Salvini, al cui confronto, Silvio Berlusconi pare quasi «un pivello». Verso gli «Scilipoti» della nuova stagione politica mostrava indignazione e rabbia. Alcuni pentastellati erano passati alla Lega.
Mentre Matteo Renzi fondava Italia viva da una costola del Pd, Di Maio si dispiaceva perché non c’era il vincolo di mandato. «Veramente assurdo che si applauda a chi sta andando a prendere parlamentari in altre formazioni politiche, per fargli cambiare casacca». L’epoca «dei voltagabbana deve finire, si tratta del rispetto del voto dei cittadini. Non c'è accordo in maggioranza sul vincolo di mandato, ma se non si può cambiare la costituzione almeno modifichiamo i regolamenti parlamentari».
Fino a poche settimane fa l’ormai ex pentastellato non lasciava presagire di essere pronto alla rottura, anche se le sue parole erano più sfumate. Quando Dino Giarrusso, esponente del Movimento 5 stelle siciliano, ha deciso di abbandonare il Movimento criticando la nuova organizzazione Conte, il ministro Di Maio non se la prendeva con la sua posizione ma commentava: «Io penso che se c'è qualcosa su cui non siamo d’accordo sul movimento, in generale lo dico, se qualcuno non è d’accordo può restare nel movimento e portare avanti le sue idee». Chi se ne va «sostanzialmente non cambia niente nel Movimento 5 stelle». Alla fine, ha lasciato anche lui, ma non il parlamento.
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