Secondo l’eurodeputato Dino Giarrusso, ex Cinque stelle, gli approcci dei lobbisti qatarioti al parlamento europeo erano all’ordine del giorno.

Colpito dalla complessità della loro strategia, Giarrusso ritiene che il loro scopo possa essere stato molto più ampio del miglioramento della reputazione in vista del Mondiale.

Giarrusso è molto dettagliato nel racconto degli atteggiamenti dei lobbisti qatarioti: «Diversamente dagli altri lobbisti attivi al parlamento europeo, che lavorano per aziende o paesi terzi che cercano di migliorare i rapporti, magari proponendo scambi commerciali e collaborazioni di altro tipo instaurando una relazione sana, mi sembrava che i qatarioti lavorassero per la loro reputation, il che mi è parso sospetto».

Giarrusso stesso a inizio mandato è entrato nell’Associazione parlamentare di amicizia tra Europa e Qatar: Antonio Panzeri durante un viaggio a Doha nel 2018 aveva promesso che i membri dell’organizzazione avrebbe vistato presto la capitale del paese, come rivela un articolo di Alrab.qa che racconta la trasferta. All’epoca, Giarrusso non era ancora membro, e in un mail di lunedì scorso il presidente Cristian-Silviu Busoi spiega che «il gruppo è diventato inattivo nel 2020» a causa delle restrizioni pandemiche e a causa della mancanza di entusiasmo.

Giarrusso sostiene di aver lasciato il gruppo un anno e mezzo fa, pur non potendone produrre prova scritta, e di aver ribadito la propria volontà di essere cancellato anche dal sito, dove risultava ancora come membro del board lunedì scorso. Rispondendo alla mail di Busoi, dà (di nuovo?) le dimissioni dal gruppo, chiedendo di comunicare la sua decisione il prima possibile alle autorità competenti.

«Ho rifiutato di partecipare a qualunque evento perché ho iniziato a sentire che qualcosa non andava e ho chiesto ai miei assistenti di cancellarmi, credo un anno e mezzo fa. Ieri (lunedì, ndr) avendo saputo che risultavo ancora iscritto, ho ribadito la volontà di cancellarmi», dice l’eurodeputato.

I sospetti, però, non sono mai diventati sufficientemente seri da portarlo a denunciare: «Se avessi avuto notizie di reato o avessi ricevuto proposte le avrei segnalate, ma non siamo mai arrivati a questo. Il motivo per cui non ho accettato nemmeno un invito a cena è proprio il timore che potessi andare in Qatar con uno dei viaggi organizzati dai loro funzionari per poi scoprire che la realtà fosse pessima: ho preferito tagliare ogni rapporto».

I sospetti

Secondo Giarrusso sono due le particolarità dell’attività dei lobbisti qatarioti: «Non spingevano un prodotto tipico o uno scambio commerciale, ma volevano convincerti che fossero buoni e bravi. E poi l’atteggiamento troppo accondiscendente, troppo insistente, troppo strano. Ho capito che uno dei loro obiettivi era che si sopissero le polemiche intorno al mancato rispetto dei diritti umani, che dovrebbero, per come la vedo io, impedire di chiudere un occhio a qualsiasi europarlamentare».

Per l’europarlamentare, l’attività dei lobbisti ha avuto successo: la prova tangibile sta nelle pochissime dichiarazioni severe da parte dei deputati sui Mondiali di Doha. «Non mi sarei mai aspettato i sacchi di soldi, pensavo al massimo a qualche regalino, non avevo capito l’enormità del giro organizzato per manovrare letteralmente parte dell’opinione europea» dice Giarrusso, che segnala anche le problematicità della risoluzione sul Qatar approvata dal parlamento europeo.

«Nella risoluzione che abbiamo votato sul Qatar ci sono elementi ambigui: si fa la lista delle malefatte però poi ci sono degli elogi forti, il che mi fa pensare che qualcuno abbia promosso degli emendamenti che edulcoravano quel documento. Questa cosa, insieme ai discorsi di Kaili e alle poche dichiarazioni severe degli europarlamentari sul mondiale, mi fa capire che il loro tentativo è almeno in parte riuscito» dice.

Gli obiettivi

Ma il processo di costruzione della credibilità non si esaurirebbe nell’appoggio ai Mondiali nonostante i dubbi sul rispetto dei diritti umani: «Il Qatar è in procinto di diventare il primo fornitore di gas per l’Unione europea, secondo me anche questo fattore fa parte del gioco» dice il parlamentare. «Se acquisisci una credibilità, è più difficile che poi si torni sui propri passi. Di fronte allo stato di necessità per il conflitto in Ucraina il Qatar si è fatto avanti: probabile che anche a quello scopo abbiano lavorato sulla reputation».

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