- La riunione della direzione di sabato 15 gennaio alle 10 insieme ai gruppi parlamentari si svolgerà in gran parte in modalità da remoto, ma soprattutto davanti agli occhi dei cronisti.
- Il segretario convocata per farsi dare la delega a trattare per il Quirinale. Non su un nome ma su un identikit: autorevole, da eleggere a larga maggioranza, europeista e accompagnato da un patto fra i partiti della maggioranza per la prosecuzione della legislatura.
- Giovani turchi per il bis di Mattarella. Arrivano segnali di disgelo dalla Lega di Salvini
Alla fine Enrico Letta ha deciso per lo streaming. La riunione della direzione di sabato 15 gennaio alle 10 insieme ai gruppi parlamentari, convocata per «ascoltare» il partito ma anche per farsi dare la delega a trattare per il nome da votare al Quirinale, si svolgerà in gran parte in modalità da remoto, ma soprattutto davanti agli occhi dei cronisti. A costo di farsi criticare per la scelta “grillina” il segretario ripristina una pratica nata fin dai tempi di Walter Veltroni. E poi progressivamente abbandonata a vantaggio della riservatezza della discussione della direzione, che causa streaming, talvolta si era tramutata in uno show a favore del pubblico, più che del confronto politico.
Scelta non popolare, fra i dirigenti di partito, che fa immaginare a un dibattito senza un reale oggetto di discussione. Ma così il Nazareno cerca di evitare le variegate ricostruzioni dei retroscena, alla vigilia di un passo che sarà delicatissimo.
La delegazione per trattare sarà composta, oltre che dal segretario, dalla presidente dei senatori Simona Malpezzi e quella dei deputati Debora Serracchiani. E il mandato richiesto non sarà su un nome, ma su un identikit di un candidato ideale: autorevole, da eleggere a larga maggioranza, europeista e riconosciuto a livello internazionale. Un nome accompagnato da un patto fra i partiti della maggioranza per la prosecuzione della legislatura. Ma il confronto sarà vero e forse anche vivace. Matteo Orfini, a nome della corrente dei giovani turchi, avanzerà la proposta di lavorare sulla rielezione di Sergio Mattarella, data l’emergenza della pandemia che consiglia di evitare crisi di governo e cambi di consegne. Nel Pd sono in molti a pensare che sia la migliore, anche e soprattutto sarebbe una garanzia per il premier Draghi se restasse a palazzo Chigi. E l’idea cammina anche nel M5S, nonostante le divisioni.
Il «clima» della solidarietà
Nella giornata di ieri il gruppo dirigente del Pd, ministri compresi, si è dato il cambio alla camera ardente di David Sassoli, alla sala della Protomoteca del Campidoglio. Una giornata di lutto, come quella di domani – si svolgeranno i funerali di stato alla Basilica di Santa Maria degli Angeli, celebrerà il cardinale e arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi. Che ha ovviamente obbligato i dem a rimandare da giovedì a sabato la direzione allargata. E che dunque si svolgerà dopo il primo vertice del centrodestra, convocato venerdì a Villa Grande, la nuova dimora di Silvio Berlusconi, sulla via Appia antica della Capitale.
Ma nonostante le ore di lutto, è filtrata l’eco di alcuni abboccamenti. Nelle scorse ore Letta avrebbe sentito per telefono, in qualche caso anche incontrato, tutti i principali leader di partito (forse non Matteo Renzi, non si trovano conferme di un confronto). Il segretario Pd ha riferito ad alcuni parlamentari di «qualche segnale positivo». L’unica interpretazione possibile è che qualcosa si stia sbloccando nel centrodestra, e che Matteo Salvini stia riuscendo a convincere Silvio Berlusconi a rinunciare alla sua ingombrante e «divisiva» corsa per il Colle, quella che impedisce il dialogo con il centrosinistra. Un auspicio di molti, anche vicini all’ex Cavaliere. E che, proprio alla Protomoteca, durante l’omaggio a Sassoli, ha fatto pronunciare parole interessanti a Gianni Letta, ex braccio destro ed eminenza grigia di Berlusconi: «Il clima che si respirava l'altro giorno quando è stato commemorato Sassoli in Parlamento era straordinario, di serenità e di armonia, di desiderio da tutte le parti di contribuire a guardare agli interessi del Paese e non alle differenze di parte», se questo clima, è la conclusione, «fosse quello che porta i grandi elettori a votare per il presidente della Repubblica sarebbe una grandissima lezione e il contributo di David alla pacificazione del Paese e allo sviluppo dell’Italia».
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