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Da lunedì pomeriggio a martedì sera Mario Draghi sarà in Israele: al centro degli incontri la possibilità di portare gas israeliano in Italia, oltre alla guerra in Ucraina, la crisi alimentare e i rapporti bilaterali.
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L’ipotesi del gasdotto EastMed o di un collegamento fra Israele ed Europa che passi dalla Turchia presentano problemi di fattibilità nel breve termine, ma spunta l’ipotesi di sfruttare i liquefattori egiziani.
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In coda al viaggio anche un incontro con il primo Ministro palestinese Mohammad Shtayyeh a Ramallah, ma il tema del conflitto non è in cima all’agenda della visita.
Il presidente del Consiglio Mario Draghi è in partenza per una visita in Israele e nei territori palestinesi che durerà dal pomeriggio di lunedì alla serata di martedì. Il viaggio si inserisce nel nell’ambito dei tentativi di esplorare, di concerto con l’Unione europea, nuovi mercati per l’approvvigionamento energetico e limitare le importazioni di gas russo alla luce del conflitto in Ucraina. Avviene contestualmente alla visita della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel paese. «Per il governo italiano – come ha sottolineato più volte in questi mesi il premier Draghi – è prioritario il tema della sicurezza energetica», fa sapere infatti palazzo Chigi alla vigilia del viaggio. «In particolare la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, con attenzione al gas naturale, Israele dispone di ingenti risorse».
La missione del premier è dunque nel solco di quella in Algeria lo scorso aprile, con la firma di nuovi accordi sulle forniture energetiche, e di quelle in Angola e Congo, saltate dal presidente a causa del Covid. Nelle prossime settimane sono invece in agenda i summit del G7 e della Nato, e il 5 luglio c’è la visita dal presidente Recep Tayyip Erdogan in Turchia.
Il gas naturale di Israele
Israele è un attore relativamente nuovo sullo scacchiere dei mercati energetici. La scoperta in tempi recenti di vasti giacimenti di gas naturale al largo della sua costa mediterranea lo ha improvvisamente trasformato in un potenziale paese esportatore.
Secondo le stime lo Stato ebraico disporrebbe di circa mille miliardi di metri cubi di gas, e i geologi ipotizzano ce ne siano altrettanti in zone ancora inesplorate. Di contro, il fabbisogno del paese si aggira attorno agli undici miliardi di metri cubi annui, un mercato troppo ristretto per le azienda incaricate dello sfruttamento delle risorse. Da qui la necessità di trovare direttrici per l’esportazione.
Ma rimane un problema che gli addetti ai lavori descrivono con il termine “evacuazione”: mancano cioè i gasdotti per trasportare il gas verso l’Europa. E, per motivi di sicurezza, Israele non costruisce un liquefattore, che gli permetterebbe di ottenere gas naturale liquido per poi esportarlo via nave.
«Ci sono tre ipotesi sul piatto per ipotizzare forniture israeliane di gas all’Italia», spiega Aviv Ayash, braccio destro di Yuval Steinitz, ex ministro dell’Energia israeliano fra il 2015 e il 2021 e principale artefice della strategia energetica del paese.
«Uno è il gasdotto EastMed, che dovrebbe raggiungere la Puglia passando attraverso Cipro e la Grecia, ma che ha incontrato in passato l’opposizione del Movimento 5 stelle», spiega. Il progetto si è arenato per una serie di ragioni politiche, fra le quali spicca la forte opposizione della Turchia. Non è ancora archiviato, ma in ogni caso la sua realizzazione richiederebbe anni.
I liquefattori egiziani
La secondo ipotesi è invece quella che può essere portata a fruizione in tempi relativamente brevi. «L’Egitto dispone di due infrastrutture per liquefare il gas, quella di Damietta e quella di Idku, vicino ad Alessandria», continua sempre l’esperto di mercati energetici israeliano. «Da lì il gas potrebbe essere trasportato via nave in Italia. È una soluzione che potrebbe convenire a tutti: a Israele, all’Egitto, e ai paesi europei», spiega.
Secondo le stime gli stabilimenti egiziani sarebbero in grado di liquefare fra gli otto e i dieci miliardi di metri cubi di gas in un anno. Un quantitativo minimo rispetto ai 150 miliardi di metri cubi che la Russia fornisce all’Europa, e molto più costoso, ma che potrebbe andare crescendo nel tempo. Israele sta negoziando una linea di demarcazione marittima con il Libano proprio allo scopo di espandere lo sfruttamento dei giacimenti nel mare.
La terza ipotesi è quella di un gasdotto che passi attraverso la Turchia. Una soluzione fortemente promossa dal presidente turco Erdogan, che vedrà Draghi il prossimo mese. E che è stata uno dei fattori chiave del disgelo fra Ankara e Gerusalemme, suggellato dalla visita del presidente Isaac Herzog in Turchia lo scorso 9-10 marzo.
Tuttavia, fonti governative israeliane non considerano le relazioni fra Israele e Turchia sufficientemente mature per ipotizzare una collaborazione di lungo termine su un progetto di larga scala come un gasdotto. Il rischio è che Erdogan mandi tutto all’aria alla prima avvisaglia di conflitto israelo-palestinese: come nel maggio 2018, quando Ankara espulse l’ambasciatore israeliano Eitan Naeh per protesta contro l’uccisione di 60 palestinesi sul confine di Gaza.
Gli altri temi della visita
La visita di Draghi è la prima in Medio oriente da presidente del consiglio ed è la prima di un leader italiano da quella di Matteo Renzi nel 2015. Oltre all’incontro con il primo ministro israeliano Naftali Bennett, previsto per le 11 di martedì, il premier vedrà il presidente Herzog e il ministro degli Esteri Yair Lapid. Sono poi previste le visite di rito allo Yad Vashem, il museo e memoriale dell’Olocausto, e alla sinagoga italiana a Gerusalemme.
In coda all’agenda c’è anche un passaggio a Ramallah, la sede dell’Autorità nazionale palestinese, dove Draghi avrà un colloquio con il primo ministro palestinese Mohammad Shtayyeh (non con l’ottantasettenne presidente Abu Mazen, ormai giunto al diciottesimo anno di quello che avrebbe dovuto essere un mandato di governo quadriennale).
Dopo la crisi del coronavirus, nel 2021 il commercio fra Italia e Israele ha segnato un aumento del 25,6 per cento, con esportazioni italiane verso lo stato ebraico pari a 3,1 miliardi (+25,9 per cento) e importazioni pari a 910 milioni (+24,6 per cento). Le aziende tech israeliane, in particolare nel settore della cybersicurezza e della difesa, godono di grande prestigio all’interno degli apparati di sicurezza italiani, e sono tenute in forte considerazione nel processo di costituzione della nuova Agenzia per la cybersicurezza nazionale.
Oltre al gas, al centro degli incontri ci sarà dunque l’ulteriore rafforzamento delle relazioni bilaterali. E poi la guerra in Ucraina, il rischio di una crisi alimentare globale dovuta alla chiusura dei porti sul mar Nero, e i temi “classici” del processo di pace israelo-palestinese e dell’antisemitismo.
Dall’ufficio del primo ministro israeliano fanno sapere che il primo incontro fra Bennett e Draghi, tenutosi nel novembre 2021 durante la Cop26 di Glasgow, «fu caratterizzato da una forte intesa sul piano personale». E osservano come i due leader abbiano in comune anche situazioni di politica interna molto difficili da governare. Bennett, che ha perso la maggioranza parlamentare alla Knesset dopo la defezione dall’alleanza di alcuni deputati, potrebbe avere i giorni contati.
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