Secondo un dato di Eurostat pubblicato sabato oltre il 63 per cento delle famiglie ha difficoltà ad arrivare a fine mese e deve scegliere tra cibo, medicine, vestiti e cure mediche
Il 63 per cento delle famiglie italiane fatica ad arrivare a fine mese. È quanto rivela un dato Eurostat pubblicato sabato: l’Italia è l’unico grande paese europeo in questa situazione, ma con questa performance rischia di avvicinarsi ai paesi in condizioni anche peggiori, come Bulgaria (80 per cento) e Grecia (89 per cento). La rilevazione allarmante ha trovato però ben poca eco nella comunicazione di governo e nei notiziari della Rai.
«L'apertura dei giornali e dei telegiornali di oggi dovrebbe occuparsi della povertà crescente
nel paese e non del gossip che tocca palazzo Chigi: il 63 per cento delle famiglie italiane, ci dice Eurostat, fatica ad arrivare alla fine del mese» tuona Sandro Ruotolo, responsabile Informazione nella segreteria del Pd, ed effettivamente nel Tg1 della sera la notizia neanche compare. Ma sul dato parte a raffica una serie di dichiarazioni dei dem, che spronano il governo a reagire.
«Le cifre - insiste Piero Fassino – parlano chiaro: l'80 per cento dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato ha un reddito mensile netto tra i 1200 e i 1600 euro e l'80 per cento dei lavoratori a tempo determinato tra i 700 e i 1100. Sono livelli salariali bassi con cui si fatica a mantenere una famiglia, soprattutto se in famiglia lavora uno solo. È la conferma che oggi è aperta in Italia una questione salariale che richiede urgentemente risposte adeguate». Un’emergenza su cui però il governo non sta intervenendo, lamenta il Pd, dopo che la proposta delle opposizioni sul salario minimo è stata rispedita in commissione, affossandola di fatto.
Le risposte non arrivano neanche con la prima legge di bilancio firmata da Meloni. «Chi sta in questo governo deve rendersi conto che con l'ideologia non si mangia, e che se continuano su questa strada mettono il Paese a rischio di una crisi sociale ed economica senza precedenti. Con la prospettiva di avere la crescita più bassa d'Europa il prossimo anno, la prima manovra tutta “made in Meloni” è un pannicello caldo che non aiuta chi ha bisogno e non dà una vera spinta alle imprese» rincara la dose Debora Serracchiani.
Insomma, nessuna soluzione in vista: «Le priorità della prossima manovra, la fuga di fronte alla nostra proposta di salario minimo, i tagli già apportati alla sanità pubblica e quelli che si apprestano a fare, fino allo scandalo dei fondi per la disabilità, dimostrano che degli
italiani in difficoltà il governo Meloni non ha nessuna intenzione di occuparsi» chiude Marina Sereni.
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