- Nomi che vanno. Nomi che vengono. Nomi bruciati sulla graticola di un micidiale dilettantismo politico. È la Calabria. È il Pd. Riavvolgiamo il nastro. La Calabria è l’unica regione che in autunno andrà al voto.
- Dal cappello del Pd (ma mai in modo ufficiale) spunta il nome del professor Enzo Ciconte, calabrese, un passato da dirigente e deputato del Pci, un presente di successo come storico della ‘ndrangheta e scrittore. Ne parlano i giornali nazionali, la base del Pd calabrese si anima. I tanti cacicchi e feudatari locali tacciono.
- Tutto bene? Tutto risolto? Affatto, perché dopo la dichiarazione dell’ex premier, arriva quella di Stefano Graziano, deputato napoletano mandato in Calabria a commissariare il Pd. «Il nostro candidato resta Irto, che ha dato la disponibilità alle primarie, e crediamo che questa sia la strada giusta da seguire per favorire il massimo della partecipazione».
Nomi che vanno. Nomi che vengono. Nomi bruciati sulla graticola di un micidiale dilettantismo politico. È la Calabria. È il Pd. Riavvolgiamo il nastro. La Calabria è l’unica regione che in autunno andrà al voto. Da febbraio il partito di Enrico Letta ha un suo candidato. Il nome è Nicola Irto (39 anni), già presidente del Consiglio regionale. Il quale Irto tre mesi dopo si accorge dello scarso entusiasmo del suo partito. Anzi, dopo averlo scelto e osannato, vorrebbe sottoporlo al passaggio delle primarie per allargare la coalizione al Movimento 5 stelle, che schiera Dalila Nesci, sottosegretaria al Sud. Novanta giorni dopo Irto molla. Ritira la sua candidatura con interviste di fuoco. Dal cappello del Pd (ma mai in modo ufficiale) spunta il nome del professor Enzo Ciconte, calabrese, un passato da dirigente e deputato del Pci, un presente di successo come storico della ‘ndrangheta e scrittore. Ne parlano i giornali nazionali, la base del Pd calabrese si anima. I tanti cacicchi e feudatari locali tacciono.
Dal partito inviano in Calabria l’ex ministro Boccia a sondare il terreno. Le cose sembrano mettersi bene, soprattutto dopo un post Facebook di Giuseppe Conte, che «chiede a tutte le forze progressiste di dar vita a un patto di ampio respiro programmatico». Il “veleno”, nel senso della stoccata finale, sta nella coda: «Istruzione, legalità, lavoro, salute sono le priorità dell’agenda che dobbiamo declinare insieme affidando il compito di realizzare questa svolta a un candidato presidente di regione di alto profilo espressione delle migliori energie della società civile. I calabresi meritano una risposta, all’altezza!». Candidato di alto profilo espressione della società civile, praticamente un endorsement per Ciconte.
Le reazioni
L’entusiasmo di quella parte del Pd più orientata a sinistra e legata al vecchio Pci aumenta. Anche di chi si era avvicinato a Luigi de Magistris. Ed è proprio questo il punto che induce una parte del Pd, nazionale e locale, a scommettere sulla figura di Ciconte: contrapporre al sindaco di Napoli, da mesi in campagna elettorale, un nome fuori dai giochi di partito e con forte connotazione civica. Conte non parla mai di primarie. Tutto bene? Tutto risolto? Affatto, perché dopo la dichiarazione dell’ex premier, arriva quella di Stefano Graziano, deputato napoletano mandato in Calabria a commissariare il Pd. «Il nostro candidato resta Irto, che ha dato la disponibilità alle primarie, e crediamo che questa sia la strada giusta da seguire per favorire il massimo della partecipazione». La matassa è sempre più aggrovigliata, tocca all’ex ministro Boccia tentare di sciogliere i nodi. «Irto ha fatto un lavoro straordinario, è da lì che ripartiamo», dice ai giornalisti, facendo anche riferimento alle primarie, «che sono sempre una grande occasione di partecipazione».
Ma Nicola Irto (i due si sono incontrati ieri sera per un’ora) ha dichiarato che non farà passi indietro. Forte delle sue 12mila preferenze si candida come consigliere regionale e basta. Enzo Ciconte, ieri impegnato nella presentazione del suo ultimo libro L’Assedio, non parla, ma ambienti a lui vicini danno per certa la sua totale indisponibilità a elezioni primarie. «E allora sediamoci attorno a un tavolo e parliamo di programmi per la Calabria e poi scegliamo il candidato. C’è Ciconte? Va bene, ma costruiamo finalmente una idea di governo della regione», è l’appello di Carmelo Misiti, deputato pentastellato. Il suo nome girava nei giorni scorsi come potenziale candidato a eventuali primarie.
Allargare il bacino
Campo largo è la parola d’ordine di Boccia, ma ieri sera il Movimento 5 stelle, attraverso una dichiarazione di Alessandro Melicchio, coordinatore della campagna elettorale, ha annunciato che «non parteciperà agli incontri tra Boccia e le forze del centrosinistra». Giochi e giochetti, ma cosa rimane del centrosinistra allargato ai Cinque stelle? Realisticamente poco.
Il Movimento di Grillo in Calabria ha avuto il suo exploit alle politiche del 2018, con il 43 per cento dei voti contro il 14 del Pd, e sedici parlamentari eletti. Un patrimonio sperperato due anni dopo alle regionali, dove il movimento racimola un catastrofico 7,4. C’è la sinistra del deputato Nico Stumpo con Liberi e uguali, che è inchiodata a un patetico 2,4 per cento.
Restano le Sardine, sponsor di Ciconte, che hanno grande visibilità mediatica nazionale, ma scarsa incisività sul territorio. Rimane de Magistris e il suo movimento. Il sindaco di Napoli più volte si è detto indisponibile a partecipare alle primarie ed è caustico col Pd. «Li capisco, è un partito dove un segretario nazionale, Zingaretti, se ne va denunciando il sistema delle correnti, e un candidato come Irto si ritira parlando di lotta tra feudi. Noi andiamo per la nostra strada, dobbiamo fare i nostri cento passi verso la vittoria. Conte si appella alla società civile? Bene, noi ci siamo, siamo qui. Ai Cinque stelle dico solo di farci capire se hanno rinunciato a fare politica fuori e contro il sistema, o sono altro. Rispetto Irto. Rispetto moltissimo Ciconte per il lavoro che fa, ma gli dico vieni con noi, il tuo posto è con chi vuole cambiare la tua terra radicalmente».
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