«Ciao Luis come va?». «Ciao, tutto bene. Mi chiamo Luis, mi piace la Playstation. Non mi piace fare la spesa: la fa mia moglie». Il 17 settembre il calciatore che la Juventus avrebbe voluto ingaggiare ha tenuto un esame di lingua italiana all’Università degli Stranieri di Perugia: secondo i pm si tratta di un colloquio con domande e risposte già concordate. Ecco i testi dell’esame farsa, le foto e i documenti dello scandalo
- Il 17 settembre il calciatore che la Juventus avrebbe voluto ingaggiare ha tenuto un esame di lingua italiana all’Università degli Stranieri di Perugia: secondo i pm si tratta di un colloquio con domande e risposte già concordate
- «Mi chiamo Luis, mi piace giocare a calcio. Cosa c’è in questa immagine? Papà e mamma e figli che comprano un cocomero e peperoni»: ecco i testi del colloquio con cui Suarez ha superato l’esame di italiano
- Secondo i magistrati l’esame è stato truccato dall’inizio alla fine. «Il calciatore ha una pronuncia stentata caratterizzata dalle “s” in fondo alle parole». L’università aveva mandato domande e risposte una settimana prima
«Mi chiamo Luis e sono nato a Salto, in Uruguay. Sono uruguaianos. Gioco spesso alla Playstations, mi piace bere il “mate”. Mi piace fare il barbecue con la famiglias e gli amici. A me non piace fare la spesa. La spesa la fa sempre mia moglie». L'esame farsa a Luis Suarez dello scorso 17 settembre inizia così. Il calciatore è tranquillo: aveva imparato a memoria le poche domande che erano state concordate in anticipo, e che gli erano state inviate una settimana prima via mail dagli esaminatori dell'Università per gli stranieri di Perugia.
Secondo i professori, se vuole passare l'esame e prendere la cittadinanza italiana necessaria per essere ingaggiato dalla Juventus, che non può prendere altri giocatori extracomunitari in rosa, è meglio che impari tutto a memoria. Perfino la sua biografia, poi recitata – secondo i pm umbri guidati da Raffaele Cantone – in un italiano pessimo, «con una pronuncia stentata e chiaramente ispanofona caratterizzata dalle “s” in fondo alle parole».
Ora, Domani ha letto gli allegati dell'inchiesta. Con tutte le domande inedite a cui il calciatore ex Barcellona ha tentato di rispondere. Dodici minuti di recita a soggetto, «una pantomima» che ha portato la procura a indagare prima il rettore, i professori e il legale della squadra torinese e poi – dopo gli interrogatori di altri testimoni – Fabio Paratici, il direttore dell'area tecnica della Juventus, accusato di aver mentito ai magistrati.
«COSA MI PIACE? IL CALCIO»
Il primo file da imparare a memoria viene inviato a Suarez il 10 settembre. Il quesito è semplice: «Benvenuto, si presenti per favore e ci parli un po' di lei».
Suarez deve rispondere con poche frasi, che vengono compilate dagli esaminatori. Prima nome e cognome, poi le origini e le passioni. «Abito a Barcellona, in Spagna, da sei anni. La Spagna mi piace molto, due miei figli sono nati in Spagna. Barcellona mi piace molto, sono andato in vacanza a Barcellona quando avevo 15 anni e mi è piaciuta molto. Sono sposato da 10 anni. Mia moglie si chiama Sofia ed è uruguaiana ma ha anche il passaporto italiano. Ho tre figli: una bambina si chiama Delfina, e ha 10 anni. Un bambino si chiama Benjamin e ha sette anni. L'ultimo bambino deve fare due anni e si chiama Lautaro».
Suarez spiega poi che lui fa il calciatore da 15 anni. «Ho giocato nella nazionale dell'Uruguay, in Olanda, al Liverpool in Inghilterra e poi a Barcellona in Spagna. Mi piace molto il mio lavoro di calciatore professionista. Il calcio è la mia passione. Mi piace molto stare con la mia famiglia. Gioco spesso alla Playstation».
LA FOTO? «SONO PEPERONI»
A Suarez mandano in via riservata anche delle fotografie. Sono le stesse che gli faranno vedere in sede d'esame sette giorni dopo. Si tratta di situazioni di vita quotidiana familiare. Gliene mandano quattro, e lui ne sceglierà due per descriverle in italiano.
Gli suggeriscono come: «Immagine 1: In questa immagine ci sono due persone, un papà e suo figlio. Loro fanno la lavatrice. Prendono i vestiti da un cesto e usano il detersivo. Il papà ha un pantalone e una maglietta. Anche il bambino indossa una maglietta. Il papà e il bambino si divertono molto». La seconda immagine è quella di «una mamma che aiuta a fare i compiti un bambino». Ma Suarez all'esame sceglie di descrivere la terza: «Ci sono papà, mamma, un bambino e una bambina che fanno la spesa in un supermercato». Cosa comprano? «Cocomero e peperoni».
PER LA SPESA MEGLIO LA MOGLIE
La cittadinanza italiana si prende così facilmente? In realtà, la terza componente dell'esame che l'attaccante che vuole trasferirsi in Italia deve superare è un dialogo sul confronto tra l'Italia e il «paese di provenienza del candidato». Anche qui Suarez deve imparare un testo a memoria, che lui ha promesso (dice un intercettato) di imparare «in avion».
Secondo gli inquirenti, la sessione non uscirà mai dai binari prestabiliti dagli esaminatori. Il rischio è infatti che Suarez, che di italiano non sa in pratica nemmeno una parola, deragli subito. Le frasi che deve memorizzare, però, sono facili: «Di solito in Uruguay le famiglie sono numerose. Nella mia famiglia facciamo tutto insieme. Non c'è una divisione dei compiti, tutti possono fare tutto: a me non piace fare la spesa, la spesa la fa sempre mia moglie. Dipende molto dalla famiglia e dalle persone, non sempre nel mio paese la situazione è la stessa. Dipende dalla cultura, forse in Italia c'è differenza tra Nord e Sud».
ITALIA O SPAGNA?
Altre domande servirebbero a capire se Suarez ha una cultura dell'uguaglianza simile a quella prevista dalle leggi in Italia. Domanda: «Per lo stato italiano il matrimonio si basa sull'uguaglianza della moglie e del marito di fronte alla legge. Secondo lei che significa? Lei è d'accordo?»
Suarez: «Io sono d'accordo, la moglie e il marito devono avere gli stessi diritti e gli stessi doveri. Devono essere uguali davanti alla legge, fare insieme tutte le cose che riguardano la famiglia». Domanda: «Può spiegare in maniera semplice la sua risposta anche pensando alla sua esperienza di vita in Spagna?»
Suarez: «In Spagna è la stessa cosa».
«TUTTI AD ASSISI!»
Infine, nella quinta e ultima parte dell'esame il calciatore celebre per i suoi gol e per il morso dato a Giorgio Chiellini nel mondiale del 2014 deve lanciarsi in una comunicazione più complessa. Fosse una prova normale per superare l'ostacolo e prendere il patentino B1, sarebbe affatto semplice. Suarez, però, sa che cosa deve dire. Deve parlare con l'esaminatore, Lorenzo Rocca, di una gita che vorrebbe fare nei dintorni di Perugia. Ecco le domande e le risposte concordate:
Esaminatore: «Ciao Luis come va?».
Luis: «Ciao Lorenzo tutto bene. E tu?».
E: «Tutto bene grazie. E tu? Come ti trovi a Perugia? E tua moglie e i tuoi figli?».
Luis: «Mi trovo bene, grazie. Anche loro stanno bene, i bambini vanno a scuola. Però sono un po' preoccupato, ho molto lavoro e pochissimo tempo per stare con la famiglia. La sera torno sempre tardi e sto fuori tutto il giorno».
E: «Lo capisco… Dovresti portarli a fare una gita. Qui vicino ci sono dei posti bellissimi da visitare».
Luis: «È vero Lorenzo, è una buona idea. Mi potresti consigliare un bel posto per fare una gita con loro domenica prossima? Il tempo è ancora bello, non fa freddo, possiamo partire la mattina e rientrare a casa la sera all'ora di cena. Mia moglie e i miei figli saranno molto contenti»
E: «Potete andare ad Assisi: è un piccola città molto vicina a Perugia, e ci sono moltissime cose da visitare».
Luis: «Perfetto, allora domenica andremo ad Assisi! Grazie Lorenzo, vado subito a dirlo a mia moglie!».
I pm, nella richiesta di misure per alcuni indagati, segnalano come «il riferimento alla città di Assisi costituisca l'ennesima prova della predeterminazione di ogni elemento contenutistico dell'esame, in quanto seppure nella documentazione presente sul sito dell'Università erano ricavabili vari argomenti, nessun riferimento vi era alla città di Assisi, che invece era presente nel pdf trasmesso al candidato e poi fedelmente “recitato” in sede d'esame». Dopo 12 minuti di colloqui, Suarez viene promosso. Gli viene consegnato il certificato («in realtà già pronto dal giorno prima», scrivono i pm) e lui e gli esaminatori vengono raggiunti dal rettore Giuliana Grego Bolli e il direttore Simone Oliveri, «insieme a parenti ed altri colleghi». Tutti ansiosi di farsi fotografare insieme «al famoso calciatore».
Che però, forse anche a causa dell'inchiesta della procura, non andrà mai alla Juventus. Né a visitare la bellissima Assisi.
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