Il capogruppo di Italia viva al Senato dice a Domani: «Noi adesso abbiamo il compito di aggregare i riformisti, c’è uno spazio enorme». Nessun imbarazzo ad appoggiare Draghi, né se dicesse no al Mes né se si formasse un governo con Salvini
«A noi basta che parta il governo Draghi e faccia bene, nessuna richiesta di posti» assicura Davide Faraone, capogruppo di Italia viva al Senato. Di fronte all’ipotetica larghissima maggioranza dell’ex capo della Bce, il partito di Matteo Renzi avrebbe comunque un peso specifico che non gli permetterebbe di chiedere più di tanto. Italia viva però, sbeffeggiato come il partito del 2 per cento, guarda al futuro, «uno spazio enorme» che sarà, dice Faraone, ben lontano dai vecchi compagni del Pd. Anche se arrivasse un Bonaccini pacificatore e aperto a un rientro dei renziani a guidare i democratici.
Mai più con il Pd
Per il senatore è evidente: «Dopo questa crisi di governo le ragioni di quella scissione credo che si siano comprese ancora meglio». E loro sanno già a cosa puntare: «Noi adesso abbiamo il compito di aggregare i riformisti, c’è uno spazio enorme, il Pd insegue Conte, Grillo e Casalino, noi siamo proprio da un’altra parte». E neanche l’ipotesi di Bonaccini segretario, l’uomo del Pd che fino a pochi mesi fa sperava in una reunion, basta a scioglierli: «Tanti auguri al Pd e a Stefano che è un amico e che stimo, siamo stati insieme nella prima segreteria Renzi. Noi però abbiamo preso un’altra strada, chiara e definitiva». I cui traguardi sono però abbastanza misteriosi.
Il Mes
Il giorno dopo la fine delle consultazioni di Draghi, al partito che ha innescato la crisi infatti non interessa neanche più tanto il Mes, anzi.
Le cronache hanno raccontato che le ex ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti hanno fatto la guerra in consiglio dei ministri per ottenere il prestito europeo, fino all’estremo saluto al governo. Del Mes si parlava anche nella lettera di dimissioni delle ministre. Adesso Faraone la pone in maniera diversa: «Mai abbiamo posto questo tema come un “prendere o lasciare”, nemmeno nei momenti di massima tensione con la vecchia maggioranza».
La posizione, aggiunge, «era giusta ma senza aut aut. A maggior ragione non lo faremo oggi che nasce un nuovo governo guidato da una personalità come Mario Draghi». Su questo come su tutto il resto, deciderà il premier incaricato: «Ci fidiamo di lui, non porremo veti né condizioni, stabiliremo insieme cosa fare per il bene del Paese». Grazie a lui, dice, «cresce la fiducia tra i cittadini ma anche sui mercati e tra le istituzioni internazionali».
Sì anche ai sovranisti
I sovranisti in squadra non provocano alcun imbarazzo. Italia viva, anzi, il leader Matteo Renzi, nell’agosto del 2019, quando ancora non aveva fondato il nuovo partito, aveva propugnato la partenza del governo Conte 2 per non far governare Salvini e i sovranisti. Gettava anche ombre sulla condotta del leader del Carroccio che in quell’estate di follia “Papeetiana” aveva invocato i pieni poteri.
Inoltre il 20 agosto chiedeva insistemente al leader della Lega di fare chiarezza sugli affari di Gianluca Savoini e sulla trattativa per ottenere finanziamenti dalla Russia svelata dall’inchiesta giornalistica pubblicata sul Libro Nero della Lega: «Non può esistere una democrazia occidentale nella quale può esistere il sospetto di una tangente richiesta da persone che collaboravano con lei».
Mesi dopo, quando ha dato il colpo letale al governo il 13 gennaio del 2021, nella conferenza stampa alla Camera organizzata in tutta fretta aveva ripetuto: «Non daremo mai vita a un governo con le forze della destra antieuropeista e sovranista. Questa è l'unica pregiudiziale». Adesso non ci sono più sospetti e sovranismi che tengano.
Beppe Grillo, il fondatore del Movimento 5 stelle ha chiesto esplicitamente a Draghi di tenere fuori la Lega. Per Italia è un errore: «Grillo non ha fatto bene. Faccio notare – dice Faraone – che è l’unico della vecchia maggioranza che con il M5S ha governato insieme alla Lega, per cui non si capisce proprio il veto».
«Ricordo inoltre che il perimetro delle forze parlamentari a cui rivolgersi le ha stabilite il presidente della Repubblica. Tutti coloro che sono presenti in parlamento sono chiamati a sostenere il governo Draghi: i veti non servono a nessuno, soprattutto al paese».
Dopo che Renzi ha fatto fuoco e fiamme contro Giuseppe Conte, da ultimo nel suo discorso al Senato che ha portato il premier a decidere di dimettersi pochi giorni dopo, adesso si dimostrano tutti indifferenti alle sorti del premier uscente.
Su un’ipotetica candidatura di Conte per il parlamento, alle elezioni suppletive nel collegio di Siena per sostituire Pier Carlo Padoan, nonostante la Toscana sia un territorio particolare per Italia viva, tutto tace. Matteo Renzi non si è espresso, e la capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi, interpellata, ha detto che ci sono altre priorità.
La stessa linea la ripete Faraone: «Non ci siamo occupati di posti e incarichi per noi mettendo avanti a tutto gli interessi degli italiani, figuriamoci se ci possiamo occupare di cosa dovrà fare Conte in un paese che davvero ha ben altre emergenze».
Nel collegio, dove ha vinto il leghista Claudio Borghi, e verrà meno il nome di Padoan scelto da Renzi, Italia viva preferisce il profilo basso.
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