-
L’ex segretario Ds: «Tutti diamo una mano alla segretaria, ma lei non si accontenti solo di recuperare dai M5s
-
Meloni ora legalizza i migranti di nascosto. È nervosa perché ha un governo debole e ne è consapevole»
Piero Fassino, oggi la premier Meloni vola in Tunisia con la commissaria Ursula von der Leyen. Chiediamo di trasformare la Tunisia in una nuova Libia, o in una nuova Turchia, chiediamo che detenga i migranti in nuovi lager?
Meloni fa propaganda: prima voleva i blocchi navali, poi ha contestato la redistribuzione dei migranti in Europa, ora propone soldi contro campi. Proposta di cui quei paesi sono i primi a diffidare. Forse la accetteranno per prendersi un po’ di soldi. Ma sappiamo tutti che quei campi rischiano di diventare luoghi di ogni violenza. E si pone un problema morale che la nostra coscienza non può ignorare. Il tempo della propaganda sta finendo. Perfino Zaia, presidente leghista del Veneto, ora propone il modello di accoglienza diffusa contro i megahub. E dopo tanto tuonare contro i migranti, qualche giorno fa, quasi di nascosto, il governo ha licenziato un decreto che legalizza 500mila ingressi di cittadini stranieri perché ci sono 800mila posti di lavoro vacanti.
Il governo è azzoppato dai casi Santanché, Delmastro, La Russa. La premier si terrà tutti?
Lasciamo le vicende giudiziarie alla magistratura, la politica fa il suo e i magistrati il loro. La magistratura ha il compito delicatissimo di giudicare i cittadini e lo può esercitare meglio se i cittadini sono sicuri della sua imparzialità. Resta che il governo è debole. E il nervosismo di Meloni è dato dal fatto che ne è consapevole. La verità è che Fratelli d’Italia ha raccolto molti voti sfruttando le debolezze dei suoi alleati e la rendita di posizione di essere l’unico partito di opposizione nel tempo del Covid. Ma non ha un progetto per l’Italia e cerca di colmare questo vuoto con richiami identitari e esibizione di muscoli.
Ma il governo ha un grande alleato, l’opposizione.
L’opposizione c’è, anche se oggi divisa. E tuttavia bisogna sapere che non c’è un Paese al mondo dove chi ha perso le elezioni, sei mesi dopo sia già un’alternativa in sella. Una sconfitta è come una brutta caduta. Non riprendi immediatamente a correre come se nulla fosse. Nel 2001 sono diventato segretario dei Ds dopo una sconfitta pesante dell’Ulivo. Il primo anno è stato un calvario: i girotondi e le piazze di Nanni Moretti, le manifestazioni di Cofferati, tutti ci criticavano. Ma dal 2002 al 2006 i Ds hanno vinto tutte le elezioni: amministrative, regionali, europee e politiche. Anche la costruzione di un’alternativa ha bisogno di tempo. Il che non significa attendere tempi migliori. Bisogna mettersi al lavoro subito, ma essere consapevoli che i risultati non sono immediati
Il Pd ha già cambiato otto segretari, e non ha mai vinto. Non è che il problema è il Pd?
Il Pd è nato nel 2007. Sei mesi dopo si è aperta una crisi economica che per otto anni ha travolto tutte le economie occidentali. Poi è arrivato il Covid. E poi la guerra. E non è la stessa cosa essere un partito progressista in tempi di crisi o di espansione. In ogni caso con il suo 20 per cento il Pd è uno dei partiti progressisti europei con maggiori consensi. In Svezia, Austria, Germania, Olanda, Grecia, Francia, i progressisti hanno subito tutti sconfitte. Insomma, tutta un la sinistra europea è chiamata a un profondo rinnovamento. Non si sta in un nuovo secolo semplicemente replicando le politiche del secolo precedente. Quando è nato il Pd volevamo un partito nuovo con un pensiero nuovo per un secolo nuovo. Il tema resta questo.
Gli elettori del Pd hanno dato una risposta all’ultimo congresso: hanno votato Elly Schlein.
Io ho sostenuto Bonaccini perché pensavo che avesse il profilo più adatto per guidare il Pd e poi il paese. Ma ha vinto Schlein: dopo dieci anni di risultati insoddisfacenti e di continui cambi di segretari gli elettori hanno votato per una netta cesura. Ora tutti dobbiamo lavorare perché Schlein ce la faccia. Ma un Pd che voglia tornare a vincere deve cercare un consenso largo. Non dobbiamo accontentarci soltanto di rassicurare l’elettorato di sinistra o recuperare qualcosa dai Cinque stelle o dall’astensione. Non è sufficiente.
Ieri a Napoli il governatore De Luca non è andato all’iniziativa contro l’autonomia differenziata dove c’era la segretaria. La prossima settimana a Cesena Stefano Bonaccini, già candidato contro Schlein, riunisce la sua ex mozione. Le correnti che non hanno vinto il congresso scommettono sul fallimento della segretaria?
Un grande partito tiene dentro uomini e donne che hanno valori comuni, ma sensibilità diverse. Il tema è se le correnti producono idee o sono solo lo strumento per negoziare candidature. Quanto a Bonaccini, in questo momento la sua principale preoccupazione è la ricostruzione post-alluvione. Come presidente del partito vuole concorrere al rilancio del Pd. Nessuno scommette su un fallimento della segretaria. A Cesena si avanzeranno proposte per un’agenda riformista, per contribuire a un Pd largo e ampio.
Schlein interpreta l’anima massimalista del Pd?
Non credo che Schlein sia massimalista. Mi pare che la sua cultura politica, cresciuta nei movimenti, si ispiri ad un radicalismo di tipo americano.
Conte è contrario all’invio delle armi in Ucraina, gli ex Terzo Polo non vogliono sentire parlare del Pd di Schlein. Dopo le Europee come potrete mettere insieme uno schieramento competitivo ?
Per vincere non basta essere “contro”. Ci vuole un progetto in cui i cittadini si riconoscano. E nessuno può vincere da solo. Oggi Conte continua a coltivare l’idea di contendere al Pd la leadership del campo progressista. Il voto europeo dirà: se il Pd avrà un differenziale di vantaggio solido, tutti ne dovranno tenere conto. Intanto proviamo a costruire azioni comuni su temi su cui abbiamo posizioni convergenti, dal salario minimo alla difesa della sanità pubblica. E gradualmente allarghiamo il campo delle convergenze possibili.
© Riproduzione riservata