Il rebus del via libera ai commissari europei ruota attorno al commissario italiano, a cui si oppone una parte del gruppo di S&D, che teme che la sua nomina sposti troppo a destra la Commissione. Forza Italia fa da scudo e minaccia l’elezione a vicepresidente esecutiva della spagnola Teresa Ribera
Si avvicina il momento della verità per Raffaele Fitto. Il quasi ex ministro italiano, indicato dalla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen nella rosa dei commissari e come vicepresidente esecutivo della commissione, è atteso la prossima settimana all’esame del parlamento europeo.
Un test fondamentale, perché verrà testata la sua competenza nelle materie di delega a lui assegnate – Coesione e Riforme – ma anche per la sua valenza politica.
Intorno all’indicazione del suo nome, infatti, permangono dubbi dentro quella che è a tutti gli effetti la maggioranza che ha sostenuto von der Leyen: Popolari, Socialisti, Liberali e Verdi. Inserire Fitto – esponente di Ecr, i conservatori fuori dalla maggioranza – nel novero dei vicepresidenti esecuti ha immediatamente sollevato perplessità soprattutto tra le file socialiste. Fonti interne, infatti, hanno spiegato che questa scelta ha sollevato timori sull’intenzione di spostare a destra l’orientamento della commissione.
Anche i questa chiave vanno lette le parole del leader dei socialisti francesi, Raphael Glucksmann, che ha dichiarato l'opposizione del suo gruppo alla vicepresidenza di Fitto: «Nessuna vicepresidenza per l’estrema destra italiana». Tradotto: Fitto solo come commissario semplice. Non certo un fulmine a ciel sereno, visto che la stessa Giorgia Meloni nell’ultima comunicazione alle Camere in vista di un consiglio europeo aveva chiesto al Pd di sostenere il nome italiano all’interno del loro gruppo. Eppure, ha comunque impensierito il centrodestra.
La replica
«Simul stabunt, simul cadent, insieme staranno, insieme cadranno», è stata la replica di Fulvio Martusciello, capogruppo di Forza Italia al Parlamento europeo, «Glucksmann e i suoi continuano a minacciare Fitto con una pistola scarica, dimenticando che l’audizione di Ribera è fissata dopo quella di Fitto».
In altre parole, se cadesse Fitto, i Popolari sarebbero pronti a mettere il veto sull’ex ministra spagnola dei Socialisti, indicata con la vicepresidenza esecutiva alla Transizione verde e alla Concorrenza. Fitto, infatti, gode dello scudo di Forza Italia e quindi del sostegno del Partito popolare europeo.
Il rischio, tuttavia, rimane: i Socialisti potrebbero spaccarsi e una parte potrebbe decidere di non votare l’italiano.
Il Pd, che è prima componente del gruppo S&D, per ora è rimasto silente, parlando solo di «audizione attenta e rigorosa», dopo la quale «decideremo».
Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha chiesto di «non mettere i bastoni tra le ruote» a Fitto, perché «significherebbe fare un danno all'Italia e all'Unione europea. Fitto e' la miglior soluzione che l'Italia poteva proporre. Sosteniamo la linea politica di von der Leyen».
Difficile immaginare oggi come finirà la giornata del 12 novembre: certo è che sono ore febbrili di contatti tra i pontieri delle rispettive forze politiche per tentare di trovare una quadra. La certezza è che, anche in passato, il test dell’audizione non è un pro forma e dunque la scelta passerà parzialmente anche dall’esito di quest’ultima.
Altrettanto scontato è anche il riflesso della contesa in Italia. La vicepresidenza esecutiva a Fitto è stata festeggiata da Meloni come una vittoria della sua capacità di relazioni con Bruxelles e un “demansionamento” sarebbe un pessimo segnale per il governo.
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