Per il ministro della Giustizia «è un fatto estremamente grave». Il senatore Walter Verini, ha chiesto di fare «piena luce» sul caso
Una situazione «grave», ma non certo la storia di «spioni» e «dossier» che buona parte di governo e maggioranza hanno propinato negli ultimi giorni. A una settimana dall’inizio del caso dell’inchiesta di Perugia sul magistrato Antonio Laudati e sul finanziere Pasquale Striano, è intervenuto anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio. «È un fatto estremamente grave, che si innesta in una situazione ormai sedimentata da anni: il diritto alla privacy, garantito dall’articolo 15 della nostra Costituzione, è diventato ormai una sorta di aspirazione metafisica», ha dichiarato il guardasigilli.
Torna poi sulla sua storica battaglia contro le intercettazioni: «Le stesse intercettazioni, più o meno lecite, captate in modo diverso, sono diventate quasi la regola: se poi non vengono nemmeno autorizzate dall’autorità giudiziaria ma vengono captate in modo per così dire eccentrico allora deve intervenire la magistratura e, secondo me, anche il legislatore».
Di «intercettazioni, più o meno lecite», non c’è traccia nell’inchiesta guidata da Raffaele Cantone, che verte sull’accesso abusivo a banche dati in cui sono riposte informazioni giudiziarie o segnalazioni di operazioni bancarie sospette. Accessi che, come dichiarato dai pm umbri, «spesso non portavano a niente».
Donzelli
Nonostante da Perugia abbiano chiarito che non ci fosse nessuna «centrale di dossieraggio», continua a parlare di «mandanti che devono essere scoperti» Giovanni Donzelli, vicepresidente del Copasir. «Nessuno ci può raccontare che un uomo della Guardia di Finanza si sveglia e fa così, per passione, 900 accessi e li regala a un giornale di sinistra, senza che ci sia una richiesta, né un disegno politico, soltanto perché la mattina si è svegliato storto, non ci crede nessuno», ha affermato a Radio24 il deputato di Fratelli d’Italia.
Quest’estate Donzelli ha mandato nei guai il suo amico e sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro (rinviato a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio) per aver rivelato in parlamento comunicazioni riservate durante una discussione sul caso Cospito.
Le audizioni
Mercoledì e giovedì sono previste le audizioni in commissione antimafia dei procuratori Cantone e Giovanni Melillo, a capo della Direzione nazionale antimafia. Il Pd, con il senatore Walter Verini, ha chiesto «piena luce»: «La procura nazionale antimafia è parte lesa in questa vicenda. Noi siamo preoccupati dalle reazioni eccessive della destra, che chiedono ispezioni alla Dna o ritorsioni contro i giornalisti».
Alza i toni invece il capogruppo di Forza Italia in Senato, Maurizio Gasparri: «Tutti i procuratori nazionali antimafia diventano parlamentari nazionali o europei della sinistra italiana. È un loro diritto, è una loro facoltà, ma è una strana coincidenza: tre su tre. Ora spero che quello attuale ci sorprenderà, evitando di candidarsi al parlamento». Il riferimento è all’ex presidente del Senato Pietro Grasso, in politica dal 2013 al 2022 con Sel, a Franco Roberti, europarlamentare del Pd, e a Federico Cafiero De Raho, attualmente senatore M5s e componente della commissione antimafia.
Gasparri chiama in causa direttamente Mattarella: «Non so se esista una norma per un commissariamento della procura, ma forse servirebbero misure straordinarie». Anche il presidente del M5s, Giuseppe Conte (tra i nomi cercati dal finanziere Striano), vuole «chiarezza», ricordando come questa sia una storia che «ha come vittime non solo politici di centrodestra», ma che sia più una «pesca a strascico».
© Riproduzione riservata