- Se riduciamo la guerra energetica con Vladimir Putin al dilemma posto da Mario Draghi – volete la pace o i condizionatori accesi in estate? – il parlamento europeo ha scelto chiaramente la pace.
- Se l’Italia – come annunciato dal premier – si adeguerà a un indirizzo europeo ci dovremo confrontare “con una carenza di gas stimata pari al 18 e al 15 per cento delle importazioni in volume” nel 2022 e nel 2023.
- Facciamo due conti: quanti condizionatori bisognerebbe spegnere per affrontare quella mancanza di gas? 24,7 milioni, cioè tutti quelli presenti in Italia.
Se riduciamo la guerra energetica con Vladimir Putin al dilemma posto da Mario Draghi – volete la pace o i condizionatori accesi in estate? – il parlamento europeo ha scelto chiaramente la pace. La risoluzione votata ieri non produce effetti concreti ma indica la volontà dell’istituzione che rappresenta i cittadini europei di procedere a un embargo immediato di gas, carbone e petrolio russo.
Il Financial Times spiega che è impossibile, che l’Unione europea importa il 30 per cento del suo petrolio, e il 40 per cento del suo gas da Mosca, che paga ogni giorno 850 milioni di dollari a Putin (circa 776 milioni di euro). Ma quei soldi sono gli stessi che permettono al presidente russo di finanziare le stragi in Ucraina e resistere alle sanzioni internazionali che hanno isolato la sua economia dai principali flussi finanziari e commerciali.
La sintesi di Draghi con il riferimento al condizionatore è stata interpretata come una forma di paternalismo colpevolizzante: se la guerra continua è perché gli italiani egoisti vogliono usare il condizionatore.
A leggere bene il Documento di economia e finanza appena approvato dal governo si capisce che però il ragionamento dell’esecutivo è un altro: se si decide l’embargo del gas russo, molto semplicemente, non ci sarà abbastanza gas per mantenere il livello di consumi energetici a cui siamo abituati.
A spegnere i condizionatori non saranno gli italiani, sarà Draghi, se l’Italia – come annunciato dal premier – si adeguerà a un indirizzo europeo che ormai sembra avviato verso lo stop alle importazioni energetiche. Nello scenario peggiore ipotizzato dal governo, lo stop al gas russo combinato con l’assenza di alternative produrrà aumenti dei prezzi del 47 per cento del gas e del 40 per cento dell’elettricità. Ma anche una assenza di materia prima, per citare il documento ci dovremo confrontare «con una carenza di gas stimata pari al 18 e al 15 per cento delle importazioni in volume» nel 2022 e nel 2023.
Prendiamo la domanda di elettricità in agosto (dati Terna 2021): 26.760 GWh, per il 41 per cento è stata coperta da energie rinnovabili, per il 45 da non rinnovabili. Nell’energy mix dell’Italia, il gas vale il 75 per cento delle fonti fossili. Con un paio di moltiplicazioni possiamo quindi stimare che il gas copra 8,3 di quei 26,7 Gwh. Con un calo del 18 per cento, ne verrebbero a mancare 1.481,2.
Un condizionatore efficiente consuma 120 kilowatt in un anno, per semplicità facciamo finta che sia acceso soltanto a luglio e agosto e quindi consumi 60 kilowatt al mese.
In un gigawatt ci sono un milione di kilowatt. Quanti condizionatori bisognerebbe spegnere se venisse meno il gas russo? La risposta è 24,7 milioni, cioè tutti, visto che secondo un dato del Sole 24 Ore in Italia ci sono circa 24 milioni di apparecchi refrigeranti, considerando quelli di ogni tipo, dimensione e funzione.
Ora, dubito che Draghi abbia fatto esattamente questa stima. Ma il senso è chiaro: l’Unione europea e il governo italiano si stanno preparando a uno scenario in cui, senza il gas russo, non ci saranno soltanto bollette più care ma anche meno energia disponibile. Con qualche impatto sul nostro stile di vita significativo.
A qualcuno sembra impensabile, ma chi poteva prevedere che avremmo spesso di andare al ristorante, in aereo e al cinema per due anni nel tentativo di contenere un virus contagioso? Un’estate al caldo, al confronto, è ben poca cosa.
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