- Silvio Berlusconi ha ribadito un concetto già espresso a mezzo stampa: Forza Italia non vuole essere il junior partner della coalizione di governo, pretende un trattamento uguale alla Lega.
- Il tentativo della premier in pectore, Giorgia Meloni, è di creare un asse con Antonio Tajani di FI, individuato come interlocutore privilegiato: al governo ci sarà lui e non Berlusconi.
- Sull’altro versante la Lega annuncia la battaglia per accelerare sull’autonomia differenziata. Il presidente della Regione Veneto Zaia l’ha definita una priorità al pari del caro-bollette.
Nelle dichiarazioni ufficiali è stata rimarcata «l’unità di intenti», riportata dalla nota congiunta di Forza Italia e Fratelli d’Italia, e l’impegno di un «governo di alto profilo» come punto imprescindibile: un concetto scritto su Twitter anche da Silvio Berlusconi. Giorgia Meloni ha direttamente parlato di «incontro cordiale e costruttivo», manifestando «ottimismo» sul percorso intrapreso. Parole che forniscono una foto di circostanza, perché al termine del vertice tra i due leader, il sentimento resta quella diffidenza reciproca, che non è mai stata sopita fin dalle votazioni del presidente della Repubblica di inizio 2022. Il dato in cambiamento è che lo scetticismo sta aumentando nei primi giorni di trattativa per la definizione della squadra di governo.
I paletti di Berlusconi
Berlusconi teme forzature da parte di Meloni, in virtù della netta affermazione elettorale, mentre lei è sospettosa sulle manovre dell’alleato, che non ha mai fatto mistero della simpatia personale e politica nei confronti di Matteo Salvini.
Il numero uno di Forza Italia ha fissato precisi paletti per la formazione dell’esecutivo e per l’assegnazione di tutti gli altri incarichi a livello parlamentare, a partire dalle presidenze di commissione: Forza Italia non vuole essere il junior partner della coalizione di centrodestra, pretende un trattamento uguale alla Lega.
Il ragionamento, alla base, è suffragato dal risultato del voto, assimilabile a quello del partito di Salvini. Non ci sono ragioni per dei distinguo. Inoltre i numeri dei parlamentari di FI in parlamento sono decisivi per garantire la tenuta della maggioranza, elemento da non ignorare.
La leader di FdI ha preso nota delle richieste dell’alleato, basate principalmente su tre dicasteri di peso da assegnare ad Antonio Tajani, Licia Ronzulli e Anna Maria Bernini più qualche altro ministero senza portafoglio e la delega all’editoria.
Durante l’incontro, è stato poi confermato il no di Berlusconi a ministri tecnici puri, come già anticipato nell’intervista di ieri alla Stampa. Una presa di posizione che ingarbuglia ulteriormente la partita per il ministero dell’Economia.
Asse con Tajani
In un quadro del genere, la leader di FdI si muove con circospezione e deve cercare una sponda per non essere sempre più isolata. Viene letta in questa ottica la promessa di non «voler fare da sola», ribadendo l’importanza del dialogo con «i corpi intermedi».
Parole pronunciate nella prima vera uscita pubblica dopo le elezioni, davanti alla platea della villaggio Coldiretti a Milano, dove è stata scortata dal capogruppo uscente alla Camera, Francesco Lollobrigida, e da uno dei “colonnelli”, Ignazio La Russa. Ma l’appello è esteso a tutti.
Solo che, al di là del confronto con le forze sociali, c’è la necessità di stringere sodalizi politici per evitare intoppi e scansare la profezia di Carlo Calenda secondo cui «il governo durerà poco».
Per questo, secondo fonti del partito, in Forza Italia vengono valutate con attenzione le mosse di Tajani, in odor di eccessiva autonomia. Meloni lo ha individuato come un interlocutore privilegiato da qui alle prossime settimane.
Del resto nella squadra di governo ci sarà il coordinatore azzurro e non il fondatore. Sommovimenti che accentuano le perplessità di Berlusconi sulla premier in pectore, portandolo così a consolidare ancora di più l’asse con Matteo Salvini.
Su un punto, comunque, Tajani è totalmente allineato al suo leader: la richiesta di «pari dignità» di Forza Italia nella compagine di governo. A conferma che qualsiasi operazione deve fare i conti con le pretese messe sul tavolo.
Lega per l’autonomia
La morsa intorno a Meloni è stata stretta sull’altro versante dalla Lega, intenzionata ad accelerare sull’autonomia differenziata, antico cavallo di battaglia del partito.
Matteo Salvini spinge per ricevere il ministero per gli Affari regionali, proprio per presidiare il tema, con Roberto Calderoli o Erika Stefani, e avviare l’operazione di recupero dei consenso al nord: il doppiaggio di FdI, in regioni come Lombardia e Veneto, non è stato per niente digerito in via Bellerio.
Si vuole perciò correre ai ripari, lanciando un messaggio chiaro all’elettorato padano, che resta quello più deluso dalla leadership di Salvini.
L’intento è stato manifestato addirittura dal presidente della regione Veneto, Luca Zaia, che non è proprio un fedelissimo del segretario: «Abbiamo nel programma di governo l’autonomia, e anche il tema contingente del caro bollette». Quindi, ha sottolineato Zaia, «sono due provvedimenti che il governo dovrà assumere assolutamente con velocità».
Il fatto che l’autonomia venga associata a una priorità, al pari delle misure contro i rincari dell’energia, rende l’idea di quale sarà la posizione leghista fin dai primi Consiglio dei ministri.
La leader di Fratelli d’Italia, intanto, all’esterno continua ad agire con cautela, prediligendo un approccio responsabile. In questo solco ha spiegato di essere «in contatto con il governo uscente» sulla trattativa in Ue per l’energia, anche se ha promesso un cambio «sulla difesa dell’interesse nazionale» e «risposte immediate» sulle emergenze.
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