- Arriva la raccomandazione del Comitato tecnico scientifico: "Il vaccino Astrazeneca è fortemente raccomandato per gli over 60, mentre chi ha meno di sessant'anni e ha già fatto una dose del siero a vettore virale farà la seconda con Pfizer o Moderna"
- La scelta di alcune regioni, come Lazio, Val d’Aosta o Sicilia, di sospendere la somministrazione del vaccino AstraZeneca è l’ennesima scelta impulsiva e priva di una chiara base scientifica.
- I vaccini sono sicuri: al 26 maggio si contavano in tutta Italia solo quattro casi di decessi che, secondo l’Aifa, potrebbero avere un rapporto con i vaccini.
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Il Comitato tecnico scientifico si produce nell’ennesima raccomandazione, non è chiaro quanto vincolante per regioni e cittadini, seguita ai casi di morti seguite al vaccino AstraZeneca anche in assenza di alcuna prova del nesso causale: «Il vaccino dAstrazeneca è fortemente raccomandato per gli over 60, mentre chi ha meno di sessant'anni e ha già fatto una dose del siero a vettore virale farà la seconda con Pfizer o Moderna». Vedremo quale sarà l’impatto sui tempi della campagna vaccinale di questa decisione.
Nel frattempo alcune regioni, come Lazio, Val d’Aosta o Sicilia, di sospendere la somministrazione del vaccino AstraZeneca. Si tratta delle ennesime scelte impulsive, all’inseguimento dell’opinione pubblica ma prive di chiare basi scientifiche.
Quali elementi ci sono per preoccuparsi di AstraZeneca o dei vaccini anti-Covid in generale? A leggere singole storie come quella di Camilla Canepa, la 18enne di Genova morta due giorni fa, sembra che in alcuni casi i vaccini siano letali. Ma non c’è grande evidenza che questo sia vero. «Camilla, vittima n.1: Chi chiede scusa?», titolava il Fatto Quotidiano questa mattina. La risposta: probabilmente nessuno, o forse solo chi ha cavalcato questa polemica senza curarsi dell’evidenza scientifica.
Nel caso di Camilla sta emergendo che la ragazza «era affetta da piastrinopenia autoimmune familiare, che comporta una cronica carenza di piastrine». Quindi i sintomi compatibili con gli effetti collaterali di AstraZeneca, probabilmente avevano una origine genetica o forse la ragazza apparteneva a una delle categorie per le quali AstraZeneca non era consigliato. Vedremo.
Al di là del caso singolo, ogni valutazione sul tema del rischio vaccini ha due componenti: ci sono persone che muoiono dopo aver ricevuto il vaccino per causa del vaccino? Se muoiono dopo il vaccino per altre cause, non c’entrano con questo dibattito.
La seconda questione: il rischio di avere un effetto collaterale, anche letale, dopo un vaccino è tale da rendere consigliabile evitarlo oppure i benefici sono comunque maggiori?
Quanti sono i morti? Quattro in tutto
A leggere l’ultimo rapporto di sorveglianza sui vaccini dell’Aifa, l’Agenzia del farmaco, non ci sono elementi per il panico di questi giorni. Al 26 maggio 2021 risultano 328 segnalazioni con esito decesso: 213 dopo il vaccino Pfizer, 58 dopo Moderna, 53 dopo AstraZeneca, 4 dopo Johnson&Johnson.
Il numero assoluto dice poco, meglio la percentuale che tiene conto del numero di casi in rapporto ai vaccini di ciascun tipo somministrati: 0,96 ogni 100.000 persone per Pfizer, 1,99 per Moderna, 0,79 per AstraZeneca e 0,79 per Johnson&Johnson. Queste persone sono morte dopo aver ricevuto il vaccino, ma sono morte a causa del vaccino?
L’Aifa dice che non lo sappiamo, di sicuro non tutte. Soltanto in quattro (quattro!) casi c’è una correlazione con i vaccini. E correlazione indica soltanto che «l’associazione causale fra evento e vaccino è considerata plausibile», non certa.
Forse AstraZeneca ha causato la morte di uno di quei quattro – forse – che era un uomo di 58 anni deceduto 17 giorni dopo la prima dose, ma ancora non c’è l’autopsia.
L’Aifa analizza la situazione in altri paesi, dove le percentuali di segnalazioni sono simili. Vale la pena riportare la conclusione per intero:
«Anche in questi rapporti, nonostante l’associazione temporale con la vaccinazione, i casi a esito fatale hanno interessato prevalentemente persone fragili con comorbidità significative e non ci sono indicazioni che confermino un nesso causale con il vaccino, poiché le cause di decesso riportate (infezioni, eventi cardiovascolari/polmonari) si manifestano in relazione alle patologie riferite in anamnesi e indipendentemente dalla vaccinazione».
Tutto questo sembra indicare che i vaccini, almeno nell’arco di tempo coperto dai dati (fino al 26 maggio), sono sorprendentemente sicuri per tutte le fasce di età, anche considerando soltanto i rischi e non l’enorme beneficio individuale e collettivo di arginare e forse spegnere la pandemia da coronavirus.
L’argomento di cui si discute in queste ore, sempre sulla base di evidenza aneddotica, è un altro: non sarà che i vaccini sono particolarmente pericolosi per i giovani e quindi è opportuno sospendere gli “open day” e altre forme di somministrazione di AstraZeneca alla fasce più bassa della popolazione?
Gli errori politici
Va sempre ricordato che il problema stesso si pone per una scelta errata del nostro come di altri governi, dovuta a una interpretazione non scientifica ed emotiva dei dati. Nei mesi scorsi, di fronte ad alcuni casi di trombosi in pazienti relativamente giovani, il governo Draghi e altri hanno sospeso per alcuni giorni la somministrazione di AstraZeneca.
Molte regioni poi hanno permesso a chi si voleva vaccinare di scegliere la marca, e c’è stata al corsa a Pfizer, Moderna e Johnson&Johnson. Come si vede dai dati Aifa, non c’è alcuna ragione per pensare che in media AstraZeneca sia più pericoloso. Ma, visto che è stato testato su un campione di over 55 e visto che gli effetti collaterali sembrano manifestarsi soprattutto su pazienti giovani e di sesso femminile (anche per possibili interazioni con la pillola anti-concezionale), di certo era meglio dare AstraZeneca ai più anziani e Pfizer, Moderna e Johnson&Johnson agli altri. Ma l’irrazionalità ha prevalso generando le premesse per altre scelte irrazionali come quelle di questi giorni.
I costi e i benefici sottostimati
Ad aprile l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, ha confermato un giudizio che non ha, in effetti, mai cambiato dall’inizio delle campagne vaccinali: i benefici (immunizzazione individuale e rallentamento del contagio) di tutti i vaccini approvati superano i costi (possibili effetti collaterali), per qualunque gruppo di età. Anche per i giovani. E allora perché si dice che invece oggi per i ragazzi l’analisi costi-benefici è sfavorevole? Per un fraintendimento nella lettura dei dati.
Il costo, cioè il rischio che un ragazzo o più spesso una ragazza abbia una rara forma di trombosi è sempre quello. Secondo i calcoli dell’Ema, dopo la prima dose di AstraZeneca ci sono 1,9 casi di trombosi con piastrine basse ogni 100.000 persone per la fascia di età 20-29 anni, 1,8 per quella 30-39 anni, 2,1 per 40-49 anni e via a calare con l’età. Questi sono i costi, cioè la possibilità che una persona abbia un serio effetto collaterale, potenzialmente mortale.
Come si calcolano i benefici? L’Ema confronta i casi di trombosi con le morti evitate per Covid nella stessa fascia di età. E per i giovani il bilancio sembra negativo: 1,9 casi di trombosi tra 20-29 anni e zero morti evitate, sia nello scenario di rapida diffusione del contagio che in quelli di diffusione media o bassa (quello attuale). Nello scenario di bassa diffusione, anche per quelli nella fascia 30-39, il vaccino AstraZeneca sembra un cattivo affare: 1,8 trombosi, zero morti evitate.
Ma siamo in una pandemia e le morti non sono certo l’unico parametro di valutazione. L’Ema considera anche il rapporto tra trombosi e numero di ospedalizzazioni in terapia intensiva evitate dalle vaccinazioni.
Per ogni ragazzo che evita di finire in ospedale, ci sono esternalità positive sul resto della società: il suo letto di ospedale andrà a qualcuno più bisognoso, non diventerà un portatore di virus, non contribuirà a far sviluppare varianti potenzialmente pericolose, accorcerà di un poco la durata della pandemia contribuendo così a proteggere i paesi che non hanno vaccini a disposizione…
Questi benefici, ovviamente, sono maggiori quanto più grave è la situazione di contesto, e più bassi se la pandemia è in fase di rallentamento. Nel caso di diffusione media del virus, a fronte di 1,9 trombosi tra i 20 e i 29 anni si evitano 3 ricoveri in terapia intensiva, zero nello scenario di bassa diffusione.
Anche la Tachipirina conta tra gli effetti collaterali la trombocitopenia, un calo di piastrine, ma quando abbiamo la febbre la prendiamo perché ci offre un beneficio che ci pare superiore al costo, mentre da sfebbrati non ci verrebbe in mente di esporci al rischio della trombocitopenia senza necessità.
Con una pandemia però questo ragionamento non si può applicare, perché tutti noi beneficiamo da ogni singolo vaccino, visto che si riduce la velocità di propagazione della pandemia e il rischio varianti. Per stare al paragone, devono prendere la Tachipirina anche molti sani per evitare che ad altri venga la febbre.
Nuovi rischi? Nessuno
E’ bene chiarire il punto cruciale: non abbiamo trovato nuove evidenze che AstraZeneca, o altri vaccini, siano più pericolosi per i giovani di quanto pensavamo diversi mesi fa. I dati a disposizione sono sempre gli stessi, l’unica cosa che è cambiata è che il contesto generale è quello di una pandemia che sta rallentando. E sta rallentando proprio perché la strategia decisa sull’analisi di costi e benefici fatta nei mesi scorsi era corretta.
Forse basterebbe spiegare tutto questo ai giovani che, se maggiorenni, sono ampiamente titolati a decidere da soli se fare la loro parte nella battaglia contro il coronavirus, assumendosi anche questi rischi infinitesimali, o godere dei benefici delle scelte degli altri senza sostenere alcun costo, per quanto minimo.
Se vogliono pagare o meno il biglietto sull’autobus della vaccinazione dovrebbe essere scelta loro, non di politici e autorità sanitarie pronte a ignorare l’evidenza scientifica alle prime polemiche.
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