Tra stato d’emergenza ed emendamenti per ridurre la protezione speciale, la destra rischia di ottenere solo un’accoglienza disumana affidata a mani poco sicure
Il piano anti migranti della destra al governo si compone di due parti suddivise tra palazzo Chigi e parlamento. Da un parte i Centri di permanenza e rimpatrio che lo stato d’emergenza, varato mercoledì dal Consiglio dei ministri, amplierà. Dall’altra la restrizione della protezione speciale, misura fortemente voluta dalla Lega, che approda in Senato. Un mix di misure che rischiano solo di rendere più disumana l’accoglienza.
I Cpr sono in teoria luoghi di passaggio, dove i migranti però vengono trattenuti alla stregua dei carcerati. Le associazioni denunciano da anni le violazioni dei diritti dei reclusi. Il governo Meloni, con il decreto approvato dal Consiglio dei ministri dell’11 aprile, ha deciso di investire su queste strutture almeno altri 5 milioni per crearne «uno in ogni regione» e aumentare i posti senza ricorrere alle normali procedure di appalto. Una decisione che va ad aggiungersi al decreto Cutro.
Gli emendamenti
Il primo veicolo di questo macchinoso progetto è stato infatti il testo che prende il nome della strage sulle coste calabresi. L’esecutivo dopo iniziali dissidi interni ha approntato nelle ultime ore un pacchetto di emendamenti tesi a restringere i permessi speciali, concessi allo straniero che non può ottenere la protezione internazionale, ma per cui sussiste il rischio di persecuzione o di tortura in caso di rientro nel paese di origine. L’ipotesi della Lega è che molti dei migranti che arrivano in Italia dovrebbero tornare in indietro.
In aggiunta, ieri mattina è stato dato parere positivo da parte del governo a un emendamento della Lega che riduce a un anno i permessi per motivi di studio, di lavoro o per esigenze sanitarie, mentre il rilascio per il permesso per i minori non accompagnati verrà concesso solo previo parere positivo del Comitato per i minori.
I Cpr
La linea sui rimpatri non è meno rischiosa. Secondo una relazione della Corte dei conti pubblicata a maggio del 2022, nel 2021 dai Cpr sono transitati 5.174 migranti, a fronte di 44.243 persone passate dagli hotspot. Il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale nazionale nella relazione al parlamento del 2022 ha segnalato che meno del 50 per cento delle persone transitate nei Cpr è stato effettivamente rimpatriato: «Per gli altri si tratta di una privazione della libertà ingiustificata». L’effettivo rimpatrio, aggiunge la Corte dei conti, è di fatto dipendente dalla «difficile cooperazione con i paesi terzi di origine dei migranti». I Cpr attualmente attivi sono nove: Bari; Brindisi; Caltanissetta; Gradisca d'Isonzo (Gorizia); Macomer (Nuoro); Palazzo San Gervasio (Potenza); Roma (Ponte Galeria) e Trapani. A ottobre 2020 è stato riaperto il centro di Milano, mentre quello di Torino è stato temporaneamente chiuso dopo le proteste. Una decisione che arriva a quasi due anni dalla morte Moussa Balde, giovane della Guinea che dopo essere stato picchiato da tre uomini a Ventimiglia è stato spostato nel Cpr di Torino e rinchiuso in una cella di isolamento. Li si è impiccato: i compagni di prigionia hanno raccontato che l’avevano sentito urlare per chiedere un medico senza mai ricevere risposta. Vari membri del Cpr e poliziotti sono attualmente sotto indagine per quanto accaduto quella notte. La storia di Torino non è l’unica. I membri del collegio del Garante nazionale hanno raccontato dopo le loro visite nei centri di bagni in condizioni deprecabili, centri senza porte, assenza di tavoli per mangiare e punti di aggregazione, e nessuna possibilità di svolgere attività sportive.
I soldi
A questo si aggiunge un’altra parte della storia: le procedure di affidamento a privati finiti nei fascicoli di inchiesta delle procure. Mentre il governo persegue il progetto di ridurre ancora la permanenza legale dei migranti e incrementare i posti dei Cpr, la Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili ha calcolato che nel periodo 2018-2021 sono stati spesi 44 milioni di euro.
Gli affari che ruotano attorno ai centri sono spesso poco chiari. Simone Borile, direttore del Cpr di Gradisca nel 2020, è indagato per omicidio colposo per la morte di uno dei migranti sotto la sua custodia, Vakhtang Enukidze, ma non solo. Attualmente è imputato tra le altre cose per truffa ai danni dello stato e frode nella gestione dei due hub di Bagnoli e Cona. La cooperativa Ekene, che gestisce Gradisca, ha in affidamento anche il Cpr di Macomer da gennaio. Creata nel 2017 è una diretta emanazione della cooperativa Edeco, già Ecofficina, sorta dalle quote della società fallita Padova Tre. Per quest’ultima Borile il 9 marzo è stato condannato dal Tribunale di Rovigo a 4 anni e 8 mesi di reclusione per peculato: appropriazione indebita di denaro pubblico.
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