Il disegno di legge che prevede il reato universale di gestazione per altri (gpa, maternità surrogata o cosiddetto utero in affitto) è stato approvato dalla commissione giustizia del Senato. Prima della discussione in aula per il varo definitivo, può essere utile rilevare alcuni profili critici della normativa.

Il reato universale

Nel nostro ordinamento vige il principio di territorialità (art. 6 del codice penale): possono essere sanzionati solo i reati commessi nel territorio italiano.

La punibilità di azioni commesse all’estero è possibile soltanto in casi specifici, sostanzialmente riconducibili a un comune denominatore: la tutela di interessi di riconosciuto valore universale. La gpa non può essere considerata una condotta universalmente condannata per il suo disvalore. Sette paesi – tra cui Armenia, Georgia e Ucraina – ammettono il ricorso a tale pratica per fini commerciali o solidaristici; undici stati – quali Regno Unito, Portogallo, Grecia e Canada – la consentono solo a titolo gratuito a certe condizioni; negli Stati Uniti, essa è disciplinata diversamente nei singoli Stati.

La pretesa di incriminare cittadini italiani che ricorrano alla gpa in paesi nei quali essa è legale appare come il tentativo dell’Italia di estendere la propria “sovranità punitiva”, imponendo le proprie scelte valoriali in stati che hanno fatto scelte diverse.

Peraltro, nella qualificazione della maternità surrogata come reato universale non è stato considerato il principio della “doppia incriminazione”, in base a cui un reato può essere punito anche se commesso in un altro paese solo quando costituisca reato anche in tale paese. La doppia incriminazione è il presupposto per accordi di collaborazione giudiziaria tra gli stati nell’accertamento del reato. In mancanza di tali accordi, risulterebbe difficile per l’Italia ottenere da parte di uno stato ove la gpa è legittima le prove necessarie a sostenere con fondatezza l’imputazione di un proprio cittadino, rendendo di fatto non perseguibile l’illecito.

Gli impatti della nuova legge

La sanzionabilità della gpa avvenuta all’estero, da un lato, potrebbe indurre chi vi ha fatto ricorso a tenere il minore in uno stato di “invisibilità”, evitando la richiesta di trascrizione per non incorrere nelle sanzioni previste, con grave danno per il minore stesso, che non potrebbe così fruire di diritti come quelli alle cure mediche e ai servizi scolastici.

Dall’altro lato, l’ampliamento dell’ambito dell’illecito e, soprattutto, alcune dichiarazioni di esponenti del governo potrebbero indurre ufficiali di stato civile eccessivamente zelanti a rifiutare la trascrizione di entrambi i genitori sull’atto di nascita, e non solo di quello non biologico, come dovrebbe invece essere garantito.

Si tratta di una situazione che si è verificata nel 2019 fa per una bambina nata da maternità surrogata in Ucraina, la quale si era così trovata priva di cittadinanza. La Corte europea dei diritti dell’uomo, cui i genitori si erano rivolti, ha affermato che ciò è contrario alla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, ai sensi della quale «il fanciullo è registrato immediatamente al momento della sua nascita e da allora ha diritto a un nome, ad acquisire una cittadinanza».

La nuova legge e la tutela dei minori

Il legislatore ha esteso il delitto di maternità surrogata ai fatti commessi dal cittadino italiano all’estero senza al contempo rafforzare la tutela dei bambini nati da gpa. Tale rafforzamento era stato richiesto nel 2021 dalla Corte costituzionale, che aveva esortato il legislatore a provvedere alla «indifferibile individuazione delle soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore» nell’ambito di coppie omogenitoriali, ritenendo che l’adozione “in casi particolari”, cui può ricorrere il genitore d’intenzione, non sia sufficiente. Ma il legislatore resta inerte.

Peraltro, il bambino nato da maternità surrogata potrebbe trovarsi nella situazione in cui i due adulti che lo hanno voluto rischiano la pena detentiva, con conseguenze per lui pregiudizievoli. Ciò dimostra come il legislatore non abbia tenuto in considerazione il «preminente interesse del minore», affermato dalla citata Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia.

Va anche ricordato che la maggioranza di governo si è espressa contro la proposta del certificato europeo di filiazione, con cui l’Ue vorrebbe garantire a tutti i bambini il riconoscimento come figli dei propri genitori in tutto il territorio dell’Unione, a prescindere dalle modalità riproduttive e dall’orientamento sessuale dei genitori stessi.

La ministra per le Pari opportunità e la famiglia, Eugenia Roccella, commentando il disegno di legge sulla gpa, ha detto che «l’Italia si conferma all’avanguardia sul fronte dei diritti». Evidentemente, qualcosa non quadra.

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