- Ormai è «guerriglia parlamentare». Così l’ha chiamata Matteo Salvini per negare che ci fosse mentre si preparava a sferrare il nuovo attacco. La Lega ha deciso di usare ancora una volta il green pass per andare contro il governo, anche se alla fine è stato sconfitto.
- Nessuno degli altri partiti di maggioranza si aspettava una presa di posizione così improvvisa della Lega, ma adesso, dicono dal governo, si vedrà come andranno le cose volta per volta, mentre gli schieramenti cambiano di continuo.
- Il ministro leghista Giancarlo Giorgetti dopo il voto ha ribadito: «Lo stato di emergenza è eccezionale», per un’ulteriore proroga «non ci sono né le condizioni sanitarie né costituzionali per una ipotesi di questo genere».
Ormai è «guerriglia parlamentare». Così l’ha chiamata Matteo Salvini per negare che ci fosse mentre si preparava a sferrare il nuovo attacco. La Lega ha deciso di usare ancora una volta il green pass per andare contro il governo, anche se alla fine è stato sconfitto.
Durante la discussione del decreto Covid del 7 gennaio la Lega ha chiesto di votare un subemendamento che fissava la fine del green pass al 31 marzo, data in cui termina l’emergenza Covid. L’esecutivo aveva dato parere negativo, e da lì è partita una prima sospensione, poi un ulteriore rinvio, e alla fine i lavori sono ripresi alle 17.30: a quel punto è partita una seduta agitata che ha portato alla bocciatura dell’emendamento.
Fratelli D’Italia e Lega da una parte, Forza Italia astenuto se non dall’altra parte, comunque più al centro che a destra nella logica di quello che rimane della coalizione. In totale hanno votato a favore in 13 (Lega, Alternativa e FdI), 5 astenuti (Forza Italia) e 22 contrari (PD, M5s, Leu, Italia viva).
Il parere del governo
«Dobbiamo votarlo e la Lega ribadisce che è favorevole a questo emendamento», aveva detto Massimiliano Panizzut, il primo firmatario mentre si dibatteva in commissione.
L’eco sui social è stata costante: «Continuiamo a non capire – ha scritto Claudio Borghi su Twitter – come mai se finisce lo stato di emergenza non debbano anche finire pure le misure di emergenza. Noi pretendiamo un impegno serio da parte del governo e il voto da parte del parlamento».
Il governo aveva vissuto una scena simile solo pochi giorni fa ma nel buio di una seduta notturna. Durante il voto in commissione del decreto Milleproroghe mercoledì scorso l’esecutivo è stato battuto per ben quattro volte. All’inizio nessuno si aspettava un’altra giornata di scontri.
Ieri in mattinata era presente in commissione solo la sottosegretaria Caterina Bini, del Pd, nel pomeriggio è arrivato a darle man forte il ministro per i Rapporti con il parlamento Federico D’Incà. Il governo ha dato parere negativo a più emendamenti e subemendamenti, ma la Lega non ha accettato di ritirare il testo sul green pass, firmato da Fratelli d’Italia e Alternativa (ex Cinque stelle).
Pd, M5s, Leu, Forza Italia e Italia viva hanno contestato il provvedimento e soprattutto i primi due hanno accettato di far andare a vuoto i loro emendamenti per i tamponi nelle parafarmacie. La maggioranza non riusciva a trovare la quadra.
La Lega non ha dato solo una dimostrazione di opposizione al governo, altri subemendamenti che avevano il parere contrario del governo sono stati respinti e fra questi anche uno proposto da FdI, sottoscritto da Alternativa, e votato anche dalla Lega, per non distinguere fra studenti vaccinati e non vaccinati sull’applicazione della Dad a scuola in caso di contagi.
Berlusconi e i Cinque stelle
Mentre la commissione continuava a fermarsi e a ripartire ha deciso di prendere posizione il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi con una nota: «Siamo al lavoro per scrivere un piano di graduale dismissione del green pass a partire dai contesti che, secondo gli esperti, risultano meno pericolosi per la salute pubblica, come le attività commerciali e di intrattenimento». Questo piano, ha assicurato, verrà consegnato al governo nei prossimi giorni una formula che fa eco a quanto dichiarato in conferenza stampa da Mario Draghi pochi giorni fa, che ha assicurato che la fine dell'emergenza è vicina e che presto ci sarà una roadmap.
Se l’area di centro destra non ha dimostrato compattezza, anche tutti gli altri hanno traballato fino all’ultimo. E in questo caso ancora una volta ci ha pensato Claudio Borghi a offrire la cronaca sui social annunciando tentennamenti dalle parti grilline: «Li ringrazio di cuore, non è una questione di partiti o maggioranze. Sono diritti». Se una parte dei deputati M5s della commissione Affari sociali avesse votato con il Carroccio e con le opposizioni, la modifica sarebbe stata approvata e il governo sarebbe andato sotto ancora volta.
La risposta di Draghi
Dopo il voto in commissione sul Milleproroghe era arrivata la strigliata di Draghi, confermata da lui stesso durante la conferenza stampa per il decreto contro il caro energia di venerdì. Il governo, aveva detto scherzano il presidente del consiglio, era tornato però subito «bellissimo». Oggi l’unica comunicazione arrivata da palazzo Chigi è stata quella dell’agenda e soddisfazione per l’evento romano di presentazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il presidente del consiglio martedì parteciperà alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente del Consiglio di Stato, Franco Frattini, e all’inaugurazione inaugurazione dell’anno giudiziario del Consiglio di stato. Poi sarà presente alla cerimonia di inaugurazione della mostra “Italia Geniale”. Mercoledì sarà in Toscana a incontrare stakeholder e visitare aziende.
L’agenda che conta però è quella del Pnrr, e tutte le misure correlate. Nessuno degli altri partiti di maggioranza si aspettava una presa di posizione così improvvisa della Lega, ma adesso, dicono dal governo, si vedrà come andranno le cose volta per volta, mentre gli schieramenti cambiano di continuo. Borghi ha twittato polemicamente: «Con Forza Italia (l’emendamento sul green pass, ndr) sarebbe passato».
Il ministro leghista Giancarlo Giorgetti dopo il voto ha ribadito: «Lo stato di emergenza è eccezionale», per un’ulteriore proroga «non ci sono né le condizioni sanitarie né costituzionali per una ipotesi di questo genere». In un appunto divulgato da Repubblica nei giorni scorsi aveva scritto che «il governo non è bello se non è litigarello». E in questo clima, alla vigilia dell’ennesima tornata elettorale delle amministrative, la Lega sembra aver ritrovato la sintonia interna.
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