- Per Giancarlo Cancelleri, probabile candidato dei Cinque stelle nelle primarie in Sicilia, che al momento sta svolgendo il secondo mandato e punterebbe al terzo, potrebbe aprirsi una deroga.
- Per tutti gli altri, invece, il fondatore Beppe Grillo vede una carriera di mentore per i giovani eletti del Movimento.
- Il garante ha detto no alla deroga, frenando la strategia di Conte che puntava a ricandidare alle elezioni del 2023 molti dei parlamentari che lo appoggiano, la maggior parte dei quali già al secondo mandato.
Nel Movimento 5 stelle il limite dei due mandati rimane, almeno per ora. Per Giancarlo Cancelleri, probabile candidato dei Cinque stelle nelle primarie in Sicilia, che al momento sta svolgendo il secondo mandato e punterebbe al terzo, potrebbe aprirsi una deroga. Per tutti gli altri, invece, il fondatore Beppe Grillo vede una carriera di mentore per i giovani eletti del Movimento.
La trattativa tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, che si sono incontrati ieri a Roma all’Hotel Forum, è durata oltre due ore. Il garante ha detto no alla deroga, frenando la strategia di Conte che puntava a ricandidare alle elezioni del 2023 molti dei parlamentari che lo appoggiano, la maggior parte dei quali già al secondo mandato. Il garante ha tenuto conto anche della portata del risultato delle amministrative. Sono andate male e un’altra sconfitta nella sfida siciliana interna al “campo largo”, tra Cancelleri e Caterina Chinnici del Pd, rischia di mettere a rischio la sopravvivenza dell’intero Movimento.
La soluzione per ammettere Cancelleri alla corsa potrebbe essere nel suo secondo mandato all’Assemblea regionale siciliana: non si è mai concluso perché, a due anni dall’elezione, Cancelleri è diventato viceministro delle Infrastrutture. L’ipotesi è suffragata da un altro elemento. La maggior parte dei parlamentari eletti in Sicilia pensano che possa essere proprio lui l’uomo giusto su cui puntare.
Il territorio
Resta da capire se Grillo ha intenzione di esporsi su una questione così importante per il futuro del Movimento, anche perché la deroga per Cancelleri, che ha già perso due volte la corsa siciliana, è tutt’altro che facile da spiegare agli attivisti. I territori sono infatti già in difficoltà per una permanenza in maggioranza sempre meno giustificabile da parte di Conte, che dopo l’addio di Luigi Di Maio non ha più ragioni concrete con cui argomentare.
Sull’addio al governo, però, Grillo è stato netto: fino all’autunno il passaggio all’opposizione è impensabile, e anche in quel caso avverrà soltanto di fronte a un’indisponibilità totale della maggioranza a cedere sui temi più cari al Movimento, primo fra tutti il superbonus.
Il rapporto tra Mario Draghi e il fondatore dei Cinque stelle regge. Pur riconoscendo un cambio di linea del presidente del Consiglio nei confronti del Movimento dopo l’elezione del presidente della Repubblica, secondo Grillo vale la pena continuare a sostenere l’esecutivo.
Anche lo screzio con gli alleati del Pd sul termovalorizzatore da costruire a Roma, incluso nel decreto Aiuti, non è un motivo sufficiente per uscire dal governo: «Non me ne vado dall’esecutivo per un cazzo di inceneritore», dice il comico.
Il secondo mandato
Il fondatore del Movimento ha tenuto il punto sulla regola identitaria dei due mandati: oltre alla deroga per Cancelleri, non ha intenzione di fare passi indietro nonostante «agli italiani non interessa nulla» di questo dibattito, come pungola Luigi Di Maio in serata. Non sono servite a nulla le insistenze di Conte nel lungo incontro all’Hotel Forum, anzi, nel confronto con il tesoriere Claudio Cominardi Grillo ha parlato di un’altra soluzione.
Il garante ha intenzione di proporre a chi deve lasciare l’incarico una mentorship retribuita dal partito per mettere le capacità acquisite al servizio dei nuovi eletti. «È uno spreco mandarli via, accoglieremo tutti quelli che vorranno restare», dice ai parlamentari.
Resta il dubbio su come si finanzierà questo progetto. Tenendo conto dei sondaggi, i candidati che il M5s riuscirà a far eleggere alle prossime elezioni saranno pochissimi, e di conseguenza anche i fondi a disposizione. Molti di più, invece, gli eletti non più candidabili a cui garantire un posto.
Non è neanche certo che un ruolo dietro le quinte possa bastare a maggiorenti che hanno ricoperto posti di governo. «Il sospetto è che, chi prima chi dopo, troveranno un’altra collocazione, che sia in un altro partito o in una realtà del tutto diversa», dice un deputato dopo l’incontro.
La soluzione di Grillo mira anche a rasserenare tanti parlamentari al primo mandato che non credono nella creatura di Di Maio e sperano in un ricambio per provare a imprimere al Movimento un corso più dedicato a transizione digitale e green. «Sono avvelenato per come è andata la scissione, ma se propongono la deroga voterò contro per conservare questa regola», dice uno di loro.
In una situazione in cui chiunque, per restare nel partito, chiede qualcosa in cambio, il garante ha promesso anche più attenzione alle istanze degli eletti. «Vengo a conoscervi», ha scherzato il fondatore, che ha assicurato che il rapporto con Conte è saldo ma non ha risparmiato una frecciata ai fedelissimi dell’ex premier. «Sicuramente l’incontro ha rassicurato chi non vede in Conte un punto di riferimento, né come leader né come volto storico del partito», dice un deputato. «Ce ne vorrebbe uno al mese»: in effetti, Grillo annuncia un suo ritorno attivo nel Movimento, dopo tanto tempo ai margini.
Grillo è l’unica carta che è rimasta da giocare all’ex premier, che ormai deve recuperare uno per uno gli indecisi e i transfughi che prendono in considerazione la possibilità di passare nel partito di Di Maio. Nei prossimi giorni Conte tenterà anche di consolidare la situazione sui territori con le nomine provinciali, che potrebbero portare altri eletti a non mollare proprio adesso.
Se servisse prova del fatto che c’è bisogno di un intervento basta guardare alla Campania, dove i rappresentanti regionali sono stati appena dimezzati con il passaggio a Ipf di Valeria Ciarambino, Salvatore Aversano e Luigi Cirillo.
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