Il fondatore ha annunciato per le «11.03» di martedì 3 dicembre una diretta social. Scontato l’invito a sabotare il voto del 5-8 dicembre. Sul logo ogni contendente è convinto di possedere l’interpretazione corretta delle carte giudiziarie. Lo scontro appare inevitabile
Giuseppe Conte nella mattina del 2 dicembre è partito all’alba per andare a raccogliere i pensieri degli operai di Stellantis a Pomigliano. Doveva essere un bagno di folla per cementare la nuova identità progressista che l’ex premier sta cercando di dare al Movimento, convincendo a poco a poco anche la base che quella sia la strada da seguire. I presupposti erano ottimi: tempi di reazione immediati alle dimissioni di Carlos Tavares, Elly Schlein per una volta lontana, evitato il rischio che la segretaria dem gli rubasse la scena. Le aspettative erano alte, e non a caso la comunicazione dell’ex premier ha insistito sulla visita con tanti post social. Ci ha pensato Beppe Grillo a far crollare tutto.
Considerato ormai da gran parte dei parlamentari grillini un Crono impegnato a divorare i suoi figli, il fondatore ha gettato ulteriore benzina sul fuoco. Dopo essere stato defenestrato dal voto dell’Assemblea costituente il garante, come da sue prerogative, ha chiesto, e ottenuto, la ripetizione delle votazioni. Infiocchettandola con un’accusa di dispotismo, Conte gli ha concesso un secondo turno sui quesiti statutari che si celebrerà dal 5 all’8 dicembre.
Grillo ha postato sui social una sua storica foto con Gianroberto Casaleggio annunciando per stamattina, «alle 11.03», una diretta social: «Ho un delicato messaggio da annunciare». Le aspettative sono altissime e, anche se c’è chi si avventura in previsioni sul merito del discorso, nessuno sa davvero cosa aspettarsi.
Non è la prima volta che il comico comunica in questo modo. Lo aveva già fatto quando aveva annunciato il sostegno del Movimento a Mario Draghi o quando, nel pieno del primo grande scontro con Conte, aveva attaccato l’avvocato ad alzo zero.
Conte e il suo staff sono stati colti alla sprovvista. «Non mi aspetto nulla, aspettiamo che si rivoti. Ha chiesto che si rivoti e voteremo, ha chiesto la riconferma di un bagno di democrazia e abbiamo risposto richiamando tutti gli iscritti a votare, questa è la democrazia» ha detto l’ex premier da Pomigliano.
Quel che filtra è la convinzione che, anche se Grillo dovesse decidere di muovere contro il partito in tribunale, le sue argomentazioni non possano scalfire il diritto di Conte a utilizzare simbolo e nome. A sostegno di questa tesi da via di Campo Marzio rimandano alla scrittura privata tra il comico e il Movimento in cui Grillo si impegna a garantire l’utilizzo del simbolo in cambio della manleva legale qualora ne avesse bisogno.
«Una consuetudine che ha applicato anche in altre occasioni, quando per esempio ha messo su l’associazione con Di Maio e Casaleggio» racconta un ex parlamentare che conosce bene le carte. «Paradossalmente, è proprio quella scrittura che certifica che il simbolo è di proprietà di Grillo, a conferma della sentenza formulata dalla Corte di appello di Genova».
Le carte
Il riferimento è al pronunciamento di novembre 2021, quando il tribunale ha respinto la richiesta di inibire Grillo dall’utilizzo del simbolo: appello definito «infondato» in riferimento al regolamento dell’Associazione creata nel 2009 dal comico che lo indica come «unico titolare dei diritti d’uso» di nome e contrassegno, un’indicazione valida anche per le associazioni del 2012 e del 2017, considerate nella sentenza come «evoluzioni» della prima.
Grillo è anche indicato come «titolare effettivo del blog beppegrillo.it». Di conseguenza, si legge, «l’appellante (cioè il M5s, ndr ) non ha assolto a monte all’onere probatorio di dimostrare la titolarità ed esclusività del dominio».
Insomma, dal punto di vista dei grillini il comico è in una botte di ferro. E comunque Grillo si sarebbe consultato con i suoi consiglieri legali prima di decidere di prendere posizione in un video. Quel che è molto probabile, dicono in tanti, è che si andrà verso una raccomandazione a non partecipare al voto.
Uno degli aspetti che più ha infastidito chi pure, inizialmente, nel partito simpatizzava per il garante deposto, come Chiara Appendino. «Penso che invitare a non votare o fare ostruzionismo a un percorso che ha già deliberato sia la cosa più lontana che ci sia dai principi del Movimento 5 stelle. Io voterò e invito tutti a votare nei prossimi giorni» dice l’ex sindaca di Torino.
Sulla seconda parte del messaggio le opinioni si dividono. C’è chi sposa quella che già alcuni chiamano “linea Borrè”, dal nome dell’avvocato che spesso ha difeso i “dissidenti” del Movimento, e farebbe leva sull’impugnazione del vecchio statuto, già analizzato da un tribunale di Napoli. Tra chi avvalora questa tesi c’è Paolo Becchi, filosofo d’area Cinque stelle. In questa direzione va anche un altro indizio: l’appuntamento è alle 11.03, un riferimento alla data, 11 marzo, in cui si votò nel 2022 lo statuto.
Altri, invece, ritengono che, in virtù della sentenza di Genova, Grillo possa decidere di mettere Conte alle strette richiedendo indietro il simbolo. «Della manleva – è il ragionamento che circola – non ha più bisogno, ha in sospeso appena tre procedimenti». A cui però è prevedibile che si aggiunga qualche ritorsione giudiziaria di Conte, pronto ad applicarsi al caso. Convinto che il comico imboccherà la via della disputa sul simbolo è, per esempio, Danilo Toninelli, da qualche settimana megafono delle intenzioni di Grillo.
In ogni caso questa è una settimana cruciale per Conte. L’ex premier ha bisogno che votazione si chiuda a suo favore, in modo che poi si possa dedicare a ritagliarsi un suo spazio a sinistra del Pd, prendendo le distanze su altri temi rispetto ai dem, primo fra tutti la Rai.
Poi c’è la questione regionali: Roberto Fico è sempre in ballo per la candidatura in Campania, ma per il via libera definitivo serve la conferma della deroga alla regola dei due mandati, oltre che un’uscita di scena definitiva di Grillo. Sarebbe questa una delle ragioni che spinge Conte a tenere il punto, oltre a provare a chiudere un rapporto che negli ultimi mesi ha creato all’ex premier più problemi che altro.
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