La legislazione del nostro paese stabilisce numerose tutele che, tuttavia, decadono con la maggiore età. Così centinaia di ragazzi, non importa quanto meritevoli o motivati, vengono abbandonati a loro stessi
Compiuti i diciotto anni, lo scorso gennaio, Abdo, egiziano, ospitato presso una comunità per minori stranieri non accompagnati a Genova, è stato allontanato dalla struttura e sbattuto in mezzo alla strada.
La legislazione italiana stabilisce maggiori diritti per i minori stranieri, ma questi decadono alla maggiore età. E questo nonostante la legge preveda anche – soprattutto in caso di mancanza di alternative – di poter proseguire il percorso di tutele e concludere quantomeno l’inserimento lavorativo e scolastico di questi ragazzi. Non accade solo in Liguria. Partendo dalla storia di Abdo, abbiamo raccolto testimonianze simili a Torino, Milano, Trieste, Udine, ma anche in Sicilia e Toscana.
In molte parti d’Italia i giovani stranieri, non importa quanto meritevoli o motivati, vengono abbandonati sotto diretto impulso degli enti locali o dei servizi sociali. Nel caso di Abdo è stato il servizio centrale di Rete Sai, ovvero la rete di enti locali che gestisce i progetti di accoglienza sul territorio nazionale che dipende dal ministero dell’Interno. «Non mi risulta questo preciso caso, e neppure che questo accada altrove», dice Virginia Costa, responsabile del servizio centrale di Rete Sai.
Rete Sai
Attualmente la Rete ha in carico circa 6.200 minori, ovvero un terzo dei 20mila sparsi per tutto il territorio nazionale. «Ci siamo presi in carico anche di fare una verifica, dopo che ci sono arrivate segnalazioni dal tavolo dedicato ai minori stranieri» a cui partecipano anche Anci e le maggiori ong attive nel settore, come Oxfam o Save the Children. «Né a Sai né al Coordinamento delle comunità accoglienti risulta che accada», dice Costa, «abbiamo avuto modo di spiegarlo al Tavolo, le comunità devono agire in sintonia con le indicazioni dei comuni: un maggiorenne non può stare in una comunità destinata ai minorenni. Esiste una ratio dietro questo provvedimento e deve essere valorizzata». Valorizzata come nel caso di A., egiziano e neo maggiorenne, bisognoso di cure in quanto paziente psichiatrico, al quale il tribunale di Torino ha negato il prosieguo.
«Ci sono capitati più volte casi simili in Toscana dando supporto legale», racconta un membro di un’importante ong attiva nel settore. «A Firenze, ad esempio, un ragazzo, due giorni dopo aver compiuto diciotto anni, è stato mandato dalla struttura ospitante all’albergo popolare, senza alcun tipo di accompagnamento e tutela, previsto per legge. Con la connivenza e la richiesta del comune di Firenze».
Dal momento che esiste una carenza di spazi dedicati ai minori, il comune esercita pressione affinché vengano allontanati, «e le strutture assecondano perché spesso non hanno piena consapevolezza delle leggi o sono banalmente sudditi dei servizi sociali del comune o del servizio centrale. Come organizzazione abbiamo più volte segnalato questa prassi, ma dal servizio centrale in alcuni casi abbiamo ricevuto risposte assurde, e solo con un valido supporto legale siamo riusciti a risolvere la situazione».
Ordine sparso
«Si tratta di un argomento delicato», dice Lamberto Bertolé, assessore a Welfare e salute del comune di Milano. Soprattutto per gli enti locali. Prima della legge Zampa la formazione e l’istruzione dei minori erano completamente a carico dei comuni. Grazie alla legge è stato istituito un fondo apposito completamente a carico del ministero del Lavoro.
Fondo che però viene a mancare al compimento della maggiore età, passando completamente nei bilanci dei comuni. «Questo influenza la scelta dei prosiegui accettati», dice Bertolé, «se un comune non ha il bilancio per poter accettare la domanda non lo farà. Per questo motivo dentro le comunità si ha fretta di concludere la scuola e l’inserimento. Gli stessi ragazzi, dopo aver passato 3 anni dentro un istituto, premono per andarsene, perché vogliono costruirsi la propria vita».
Dall’altra parte, dice Barbara Lucchesi, coordinatrice del servizio per minori stranieri non accompagnati del comune milanese, «nonostante ci sia un’unica legislazione a cui fare riferimento, i comuni, le prefetture o le questure si muovono in ordine sparso, applicando procedure diverse».
Motivo per cui, nonostante ci siano tribunali molto avanti nella gestione di questi casi, come quello di Milano, in altri il processo è fermo. «Alcune domande di prosieguo non vengono accettate se non dopo mesi, in alcuni casi anche anni. E nel frattempo? Senza prosieguo non si possono avere i documenti e senza il permesso di soggiorno non si riesce a trovare lavoro». La legge Zampa prevede anche che la richiesta sia firmata e motivata dallo stesso minore. Ma poco importa, se non risulta avallata dai servizi sociali difficilmente viene accettata. Si tratta dell’applicazione arbitraria di una normativa molto chiara.
M. tifa per il Real Madrid. Gioca a calcio, e da un anno aspetta che la sua richiesta di prosieguo amministrativo venga accettata dal tribunale di Genova. «Avevo 14 anni quando sono partito. Ci ho messo anni ad arrivare. Ho provato a superare la frontiera di Tangeri per ben cinque volte. L’ultima volta ce l’ho fatta. Sono arrivato in Spagna, con un camion. E con un altro camion sono arrivato a Genova, il 5 marzo».
Sta per compiere 19 anni. Ma senza il prosieguo non può lavorare. «Abbiamo fatto richiesta subito per l’affido fino a 21 anni appena diventato maggiorenne», dice don Mario Canepa, rettore e guida educativa della comunità Trefontane in provincia di Genova dove il ragazzo è ospitato.
«Facciamo queste richieste perché altrimenti non avrebbe tempo né modo di fare tutte le cose per bene. C’è stato un problema in tribunale, dicono, e questo fa tardare le pratiche. Fino a che non c’è quello non può fare nulla. Ed è un peccato perché sa già l’italiano, è bravo», dice don Canepa.
«In 20 anni non ho mai allontanato un minore. Mai. Però, in generale, accade e ognuno fa quello che vuole; non voglio fare i conti in tasca agli altri, c’è chi non riesce a tenere un ragazzo perché non ha le risorse. Un ragazzo cinese qui da noi ha preso il diploma, ha studiato, ha lavorato ed è cresciuto in questa comunità. Altro che fino ai 18 anni, è rimasto fino a che non ne ha compiuti 22. Molti dei ragazzi che crescono qui poi decidono di fermarsi, diventare loro stessi educatori e aiutare gli altri. Gli educatori costano, il personale costa, ma questi ragazzi devono essere accompagnati altrimenti il rischio di perdersi è molto alto».
Secondo l’assessore Bertolé manca una regia nazionale che sia in grado di garantire qualità nei percorsi. «L’accoglienza diffusa che coinvolge i comuni è prevista per un minore su tre, e questo non funziona. Come Anci ci stiamo occupando di chiedere una completa applicazione della legge Zampa, e non invece la versione emergenziale applicata attualmente».
Manca la volontà di risolvere le carenze croniche di un sistema di accoglienza che non riesce a gestire 20mila ragazzi, se non in maniera emergenziale. E si limita ad accelerare il ricambio di minori all’interno delle comunità per mantenere sostenibile l’intero sistema, anche se a loro discapito.
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