Sta per nascere il primo governo guidato da un partito di destra e l’impressione è che la presidente sia sola al comando e che tutto ruoti attorno alla sua leadership carismatica. In realtà, lontano dalla ribalta, c’è una classe dirigente di uomini e donne che ha avuto un ruolo centrale. Ecco chi sono
Giorgia Meloni sta per formare il suo primo governo. Negli ultimi anni Fratelli d’Italia ha avuto una crescita impressionante: dal 4,3 per cento del 2018 il partito ha raggiunto il 26 per cento dei consensi alle ultime elezioni. Un successo che però potrebbe trasformarsi in un boomerang. L’impressione, infatti, è che oltre la leadership di Meloni ci sia molto poco. Che FdI sia un partito ancora troppo gracile, privo di una classe dirigente credibile. Ma chi conosce il lavoro fatto in questi anni assicura che non è così, che dietro Meloni, lontano dai riflettori, questa classe dirigente stia crescendo. Ecco chi sono i principali protagonisti.
Giovanbattista Fazzolari
Senatore, classe 1972, Giovanbattista Fazzolari è considerato il principale consigliere di Giorgia Meloni e potrebbe rivestire il ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel nuovo governo, se non dovesse essere scelto Alfredo Mantovano. Figlio di un diplomatico, dopo aver vissuto tra Francia, Argentina e Turchia, si è diplomato al liceo Chateaubriand, il liceo francese di Roma.
La sua carriera politica è iniziata ufficialmente negli anni dell’università quando è diventato il primo presidente provinciale romano di Azione Universitaria. Chi lo conosce lo descrive come «una voce da sempre molto autorevole all’interno della comunità della destra romana».
Nel 2004 Fazzolari è stato tra coloro che hanno sostenuto e aiutato Meloni a vincere il congresso di Viterbo (era uno dei sue due referenti nazionali, l’altro era Francesco Lollobrigida, oggi capogruppo «apprezzato» di FdI alla Camera) e a diventare presidente nazionale di Azione Giovani. Nel 2006 è stato il suo consigliere giuridico alla vicepresidenza della Camera, nel 2008 si è trasferito al ministero della Gioventù come capo della segreteria tecnica.
Dal 2018 è stato eletto senatore. Per nulla abituato ad apparire, Fazzolari si occupa soprattutto dell’attività parlamentare del partito. Attraverso l’ufficio studi costituito presso il gruppo del Senato esamina i progetti di legge, elabora i dossier e prepara gli emendamenti.
Ha attaccato la Lega nei primi giorni del governo Draghi quando intendeva non abbandonare la presidenza del Copasir ma ha anche ribattuto a chi contestava la scelta di FdI di non votare a favore della concessione della cittadinanza italiana a Patrick Zaki («non lo aiuterà a essere liberato, ma rischia invece di irrigidire l’Egitto e peggiorare la sua situazione»).
Online è ancora disponibile un vecchio articolo della Gazzetta dello Sport: nel 2009 Fazzolari si è aggiudicato una Kia Carnival vincendo il torneo di Capodanno di Magic, il Fantacalcio del quotidiano sportivo. «Non tifo nessuna squadra – diceva l’allora capo della segreteria tecnica di Meloni – e questo mi aiuta, ma ho riflettuto molto, soprattutto dopo che mi sono ritrovato in testa alla terza giornata: lì ho capito che potevo farcela». Chissà quale pensiero gli passa per la testa oggi che Fratelli d’Italia sta per guidare il nuovo governo del centrodestra.
Marco Osnato
A portare avanti uno dei dossier centrali nella strategia di Fratelli d’Italia è il deputato Marco Osnato. Natali veneti ma politicamente lombardo, con una lunga militanza in regione. Prima a livello comunale a Trezzano sul Naviglio e a Milano con una migrazione da Alleanza nazionale a Forza Italia, passando per il misto, poi alla provincia di Milano, dov’è stato consigliere fino al 2016.
Il salto di qualità per l’imprenditore edile è arrivato nel 2018, quando è diventato deputato per Fratelli d’Italia e ha iniziato a occuparsi del settore del commercio, per cui oggi è responsabile del partito. Guida la squadra che cura i rapporti con le categorie, un lavoro su cui FdI sta investendo tantissimo. Accanto a lui ci sono Riccardo Zucconi, imprenditore versiliese con un passato Dc che si occupa di turismo, e Luca Di Carlo, responsabile del Dipartimento agricoltura, sindaco di Calalzo di Cadore da tre mandati e coordinatore regionale per il Veneto.
I tre coprono insieme tutte le categorie storiche che formano l’elettorato tradizionale del centrodestra: quel che li rende apprezzati dai loro interlocutori di settore è che venendo da quelle realtà, appaiono esperti. La stessa Giorgia Meloni dà molta importanza a questo aspetto e incoraggia i parlamentari a lavorare sui contatti con le categorie e a trasformare le questioni sollevate in proposte di legge ed emendamenti. Lavoro che viene poi coordinato dal centro studi di partito guidato dal senatore Fazzolari.
Non solo, mentre il resto del centrodestra faceva parte del governo Draghi, Fratelli d’Italia era rimasto da solo a raccogliere le istanze delle partite Iva, che in alcuni casi si sono sentite abbandonate. Soprattutto da chi, come la Lega, aveva prestato loro una sponda durante il precedente governo.
A curare questo particolare settore sono anche Andrea De Bertoldi, senatore commercialista trentino che vanta una solida frequentazione, anche professionale, con Maurizio Leo, responsabile economico del partito. Ma anche lo stesso Zucconi e Ylenia Lucaselli, deputata pugliese già candidata col Pd, che più volte ha incontrato gli autonomi nelle loro manifestazioni.
Carlo Fidanza
Di un anno più grande di Meloni, è stato il capodelegazione di Fratelli d’Italia al parlamento europeo. Non è direttamente lui che ha aperto alla sua leader le porte del Partito dei conservatori e dei riformisti europei permettendole di diventarne il presidente. Per quello Meloni deve ringraziare Raffaele Fitto che non a caso è vicepresidente di New Direction, think tank fondato da Margaret Thatcher nel 2009 che si presenta come “l’hub intellettuale” del conservatorismo europeo.
Per FdI e per la sua leader, che con orgoglio rivendicano di non essere mai stati “euroscettici” ma piuttosto “eurocritici”, l’Europa ha assunto un’importanza tutt’altro che relativa a mano a mano che sono cresciute le ambizioni di governo. Anche e soprattutto nella competizione interna al centrodestra con Matteo Salvini. Ed è curioso che a occuparsi di questo tema, oltre a Meloni, sia Fidanza.
Nel 2004 era lui, esponente della destra sociale e della destra milanese non riconducibile a Ignazio La Russa, lo sfidante al congresso di Viterbo. I suoi sostenitori per l’occasione avevano anche creato una maglietta con la scritta «non ci provate, siamo Fidanzati», un chiaro messaggio a chi era alla ricerca dei loro voti. Dopo essere stato sconfitto è diventato vicepresidente di Azione Giovani. Oggi è un meloniano di ferro e, intervistato da Francesco Boezi per il libro Fenomeno Meloni – Viaggio nella “Generazione Atreju” dice: «In quel momento saremmo potuti sembrare i ragazzi che combattevano una “guerra per procura” tra le correnti di Alleanza nazionale che non avevano il coraggio di sfidarsi apertamente nel partito dei grandi. Invece, in realtà, eravamo la classe dirigente della Destra italiana del futuro. Ne avevamo le qualità e la determinazione, come abbiamo dimostrato aiutando Giorgia a costruire FdI».
Varchi e Schifone
Una menzione particolare in Fratelli d’Italia merita Carolina Varchi. Palermitana, classe 1983, è avvocata penalista, membro di Azione studentesca e poi Azione universitaria, ha raccolto nel 2010 l’eredità di Giorgia Meloni alla guida della Giovane Italia, l’associazione giovanile del Pdl in cui era confluita Azione Giovani, insieme ad Augusta Montaruli, collega piemontese, che lascerà nel 2012 per seguire la sua mentore nella fondazione di FdI.
Oggi è responsabile di partito per il sud e ha raccolto per la nuova generazione di Fratelli d’Italia il testimone del lavoro su “Famiglia e valori non negoziabili” da Isabella Rauti. Attivissima sui social, si è occupata di blocco navale, di polizia penitenziaria e ha collaborato alla presentazione di una proposta di istituzione della “Giornata nazionale della vita nascente”.
Tra le nuove leve al femminile del partito c’è anche la napoletana Marta Schifone. Farmacista titolare e «perdutamente italiana», come scrive sul suo profilo Instagram, è stata candidata alle ultime politiche in Campania, nel collegio uninominale di Bagnoli, Chiaiano, Fuorigrotta e Pianura, ma senza successo. Schifone è rimasta nella dirigenza del partito come responsabile per le professioni: un ruolo che la porta a interagire ancora una volta con le categorie, fetta chiave dell’elettorato, nella squadra di Osnato, De Carlo e Zucconi.
Giovanni Donzelli
L’uomo chiave nelle manovre sul territorio di Fratelli d’Italia. Pratese, nato a Firenze nel 1975. Anche lui fa parte della nuova generazione della destra che, dopo Fiuggi, ha superato il problema della legittimazione istituzionale del partito. Responsabile dell’organizzazione è descritto dai colleghi come un grande lavoratore (il che gli permette di occupare tutti gli spazi che gli altri gli lasciano a disposizione). Gestisce le campagne elettorali ed è il fautore delle vittorie di Pistoia, Abetone e Piombino. Può anche parzialmente intestarsi la crescita degli iscritti passati in Toscana da duemila a 6.200 nel giro di un anno.
Cresciuto nelle associazioni giovanili del partito ma sotto l’ala di Maurizio Gasparri (che dopo la scissione dal Pdl non ha seguito gli ex compagni di An), il deputato toscano, dopo una lunga attività nel consiglio comunale di Firenze e in quello regionale, si è imposto nel suo ruolo di rilevanza nazionale proprio per la sua intraprendenza: una posizione che ha consolidato nel tempo con una presenza ricorrente nei talk televisivi.
Francesco Acquaroli
L’altro elemento su cui hanno puntato parecchio alla sede di via della Scrofa sono gli amministratori locali. Le adesioni anche dai territori negli ultimi tempi non mancano, ma già da tempo FdI sta tentando di costruire una classe dirigente locale che arrivi a sfidare anche gli alleati del centrodestra. Gli esempi più citati sono i presidenti delle regioni conquistate dal partito, Marche e Abruzzo, rispettivamente Francesco Acquaroli e Marco Marsilio.
Marsilio, parlamentare per due legislature, proviene dalla destra romana storica, con un solido curriculum di militanza nelle associazioni studentesche e poi, a fine anni Novanta, la vicepresidenza di Azione Giovani, il movimento giovanile di An. Acquaroli, invece, fa parte del cerchio dei confidenti più stretti di Giorgia Meloni. Quasi coetaneo della presidente, ha lavorato a lungo sul territorio dove ha svolto tutto il cursus honorum che lo ha portato dalla carica di consigliere comunale a presidente di regione (collezionando negli anni anche diverse sconfitte), carica che ha conquistato nel 2020 strappando le Marche al centrosinistra.
Oggi FdI è di nuovo un partito in grado di attrarre voti e figure non cresciuti nell’alveo del Msi e delle sue successive derivazioni. Parte dell’operazione culturale che Meloni ha portato avanti dal 2004 in poi è stata quella di non far più sentire fuori luogo chi si avvicinava al partito da una diversa famiglia politica, limitando lo strapotere della destra romana nei gruppi parlamentari e anche sul territorio. Una scelta che ha pagato quando nel 2012 FdI si è staccata dal Popolo della libertà. Ora il nuovo traguardo è la società civile, come avvenuto con Andrea Abodi, manager e presidente dell’Istituto per il credito sportivo e possibile prossimo ministro allo sport.
Fiore all’occhiello delle amministrazioni cittadine di Fratelli d’Italia sono quelle dei sindaci di Pistoia, di Ascoli Piceno, di Catania, tutti nati e cresciuti politicamente nella scuola di partito. Nel capoluogo toscano, in particolare, nel 2017 si è imposto per la prima volta dalla nascita della Repubblica un sindaco di destra: Alessandro Tomasi, classe 1979, un passato in Azione Giovani (poi Giovane Italia), poi in Alleanza nazionale.
Storie simili quelle di Marco Fioravanti, sindaco ad Ascoli Piceno dal 2019 e Salvo Pogliese che a Catania, dopo un flirt con Forza Italia, è tornato nel partito che già l’aveva cresciuto nel Fronte della Gioventù e in An.
Ignazio La Russa
Il presidente del Senato è tra i “padri nobili” di Fratelli d’Italia, quello che forse rappresenta meglio di tutti il senso del percorso compiuto fino a oggi dal partito di Meloni. Nel dicembre 2012 sarebbe potuto rimanere nel Popolo della libertà. Le elezioni politiche del 2013 erano alle porte. La sua rielezione non era in dubbio così come la possibilità, in caso di vittoria o di sconfitta, di ambire a un posto di primo piano o nel governo, o nel partito.
La Russa, forse puntando sul dissolvimento di Forza Italia, ha deciso di dar vita a Fratelli d’Italia. Le cose sono andate diversamente. Le elezioni hanno portato alla nascita del governo Letta. Poi è arrivato Matteo Renzi, il patto del Nazareno, e per FdI sono stati cinque anni di opposizione.
Meloni e gli altri dirigenti del partito sono ovviamente grati a La Russa e quelli che, come lui, hanno deciso di mettersi al servizio del progetto. Tra questi sicuramente Adolfo Urso, Fabio Rampelli e Guido Crosetto. Ognuno di loro, in modi diversi, è vicino e consiglia Meloni. Il primo ha strappato alla Lega la presidenza del Copasir durante il governo Draghi, ma è anche colui che ha provato il blitz parlamentare per far passare la mozione in difesa dell’italianità di Borsa italiana nel processo di cessione a Euronext.
Francesco Giubilei
Se il concetto di “intellettuale organico” non fosse appannaggio della sinistra sarebbe forse la definizione perfetta per descrivere questo ragazzo, classe 1992, che nel 2008 ha fondato una casa editrice e nel 2017 un «movimento di idee», “Nazione futura”, che è anche una rivista trimestrale. Non solo, nello stesso anno è diventato anche presidente della Fondazione Tatarella, un cognome che nella storia della destra italiana ha un peso tutt’altro che irrilevante.
E proprio come il “ministro dell’armonia” Giubilei prova a vestire i panni dell’uomo del dialogo. Con la sinistra (del comitato scientifico della Fondazione Tatarella fanno parte Vittorio Sgarbi ma anche Giuseppe Vacca, Francesco Ferri, Giovanni Guzzetta) e con pezzi più o meno recenti del mondo che ha gravitato intorno alla storia del Msi e di An e che, poi, per vari motivi si sono allontanati. Se c’è una cosa che i critici del partito gli imputano è quella di aver oscillato un po’ troppo tra Lega e Fratelli d’Italia.
Ma al momento il suo rapporto con Meloni non è in discussione anche se qualcuno, un po’ maliziosamente, fa notare: «In passato sono stati tanti gli intellettuali che si sono avvicinati al nostro mondo. Lo hanno fatto soprattutto per ottenere qualcosa. Una poltrona in Rai, qualche nomina di peso, magari anche posto come editorialista in qualche giornale sfruttando l’appartenenza al nostro mondo». Di certo c’è che la leader non ha bisogno di qualcuno che le insegni a dialogare con chi è lontano dalle sue posizioni.
Una delle sue creature, Atreju, che lei stessa ha più volte definito «una festa di parte, non di partito», ha ospitato negli anni politici appartenenti a diversi schieramenti. E ancora oggi, nonostante l’organizzazione sia ufficialmente affidata a Chiara Colosimo, possibile ministra alla gioventù, quando è il momento di organizzare la manifestazione Meloni è in prima linea: «Non pensa ad altro, è impossibile parlarle».
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