- Area ha vinto, ma Magistratura indipendente ha trionfato alle elezioni per eleggere la nuova Associazione nazionale magistrati: le toghe progressiste hanno eletto 11 membri, la corrente moderata-conservatrice invece ne ha fatti sedere 10, con uno scarto di poco più di cento voti.
- In risultato non può non essere letto alla luce dello scandalo che da oltre un anno inchioda il dibattito tra le toghe: il capocorrente di Unicost, Luca Palamara, è stato radiato appena dieci giorni fa dalla magistratura.
- Proprio il fatto di non aver ceduto al «giustizialismo, perché Palamara non si accordava da solo ma era un sistema ad essere malato», avrebbe garantito a Mi l’appoggio della base dei magistrati moderati.
Area ha vinto, ma Magistratura indipendente ha trionfato alle elezioni per eleggere la nuova Associazione nazionale magistrati: le toghe progressiste hanno eletto 11 membri, la corrente moderata-conservatrice invece ne ha fatti sedere 10, con uno scarto di poco più di cento voti. Mi si è confermata il secondo gruppo nella giunta direttiva centrale, ma ha aumentato i voti in termini assoluti nonostante il calo complessivo dei votanti e ha eletto due membri in più rispetto all’assemblea precedente. In risultato non può non essere letto alla luce dello scandalo che da oltre un anno inchioda il dibattito tra le toghe: il capocorrente di Unicost, Luca Palamara, è stato radiato appena dieci giorni fa dalla magistratura, l’ex leader di Mi, Cosimo Ferri è ancora sotto procedimento disciplinare, come anche i cinque togati del Csm ex Mi e Unicost, con l’accusa di aver trafficato per pilotare le nomine dei capi degli uffici giudiziari.
Eppure, alla prova del voto i magistrati italiani hanno confermato la loro fiducia proprio nella corrente che più è stata considerata dalle altre complice delle pratiche di Palamara, tanto da essere stata estromessa dalla giunta unitaria dell’Anm e messa ai margini al Csm.
Secondo Antonio Sangermano, eletto come indipendente nelle liste di Mi e che parla a nome di Movimento per la Costituzione (che raccoglie i fuoriusciti da Unicost), la chiave del risultato è stata proprio la gestione dello scandalo: «Abbiamo fatto il contrario di Unicost, che ha esibito la testa di Palamara come un trofeo, illudendosi che bastasse a far credere di aver voltato pagina. Noi non abbiamo invocato ghigliottine ma abbiamo chiesto sia per Ferri che per Palamara un processo giusto, fondato sulle carte e non sulle veline, celebrato con i tempi giusti e nel rispetto delle garanzie difensive».
Proprio il fatto di non aver ceduto al «giustizialismo, perché Palamara non si accordava da solo ma era un sistema ad essere malato», avrebbe garantito a Mi l’appoggio della base dei magistrati moderati.
In realtà, il successo di Mi non ha stupito chi ben conosce i meccanismi associativi: il gruppo è molto strutturato, può contare su una macchina elettorale rodata e di esperienza che ha prodotto i risultati sperati.
Nelle altre correnti a qualcuno, però, un tarlo è rimasto: l’ex leader Cosimo Ferri aveva un portafoglio personale di circa duemila voti e anche questa volta avrebbe provato a orientarli. Accusa assolutamente negata da Antonio Sangermano, che ha definito «offensiva» l’illazione. «Ferri non ha più leadership in Mi e il gruppo ha avviato un processo di rivisitazione critica del passato, operando scelte decise ma senza scadere nella mistificazione dell’espulsione cruenta di un singolo per archiviare il problema».
Come cambierà l’Anm
Una cosa è certa, il volto della nuova Anm è molto diverso da quello della consiliatura uscente e ha equilibri incerti e ancora tutti da costruire. La distribuzione dei seggi vede la contrapposizione quasi alla pari dei progressisti di Area e dei moderati di Mi, con nel mezzo i 7 eletti di Unicost - la corrente di centro che è sempre stata ago della bilancia delle maggioranze – i 4 davighiani di Autonomia e Indipendenza e i 4 rappresentanti della lista “anticorrenti” Articolo 101.
La consiliatura appena conclusa ha vissuto i suoi ultimi mesi nel caos. Dopo lo scandalo Palamara-Ferri Mi è stata estromessa e il presidente Pasquale Grasso costretto alle dimissioni; si è consumata la lotta tra chi chiedeva le elezioni anticipate e il gruppo di Area sostenuto da Unicost che ha invece deciso di portare a termine il mandato e gli ultimi mesi, con il direttivo dimissionario, sono stati di semplice traghettamento al voto.
Ora che i nuovi equilibri sono stati legittimati dal voto, però, la linea è incerta. Autonomia e Indipendenza, ridimensionata notevolmente e orfana del pensionato Davigo, punta a rimanere equidistante dai due blocchi opposti di Area e Mi e a non farsi fagocitare come stampella.
Il più votato di Area, l’ex presidente dell’Anm Luca Poniz, invece, punterebbe a ritornare nel direttivo ma ha già l’ostilità dichiarata dei moderati. Allo stato attuale, dunque, una giunta unitaria che rappresenti tutte le correnti sembra impossibile.
Addirittura, non è da escludersi del tutto l’ipotesi che il gruppo di Mi scelga la via di abbandonare l’Anm per costituire un sindacato autonomo. Prima di decidere, Mi valuterà le mosse di Area e Unicost, che nella precedente giunta avevano unito le forze per isolarla. «Vedremo se è finita volontà espulsiva nei nostri confronti, il cui portavoce è stato l’ex presidente Poniz», dice Sangermano. Certo è che un sindacato così diviso complicherà i rapporti anche con il Ministero della Giustizia, dove la voce della magistratura rischia di non essere più percepita come unitaria.
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