- La protezione speciale sarà riformata, non abolita, diversamente da ciò che aveva detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante il viaggio in Etiopia. Si tratta dell’ennesima retromarcia del governo.
- La generica protezione umanitaria fu eliminata dal primo decreto Sicurezza, ma sono comunque rimaste specifiche ipotesi di tale protezione, rubricata come “speciale”. Il decreto correttivo, nel 2020, poi, ha aggiunto ulteriori casi di tutela.
- Con la legge di conversione del decreto Cutro si torna al primo decreto Sicurezza, restringendo i casi di protezione speciale. Ciò aumenterà il numero degli stranieri irregolari presenti in Italia, concorrendo ad alimentare quell’emergenza che il governo ha voluto creare.
La protezione speciale sarà riformata, non abolita, diversamente da quanto aveva detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante il suo viaggio in Etiopia. Insomma, il governo ha fatto l’ennesima retromarcia. Siccome sul tema c’è confusione, è necessario fare il punto sui diversi tipi di protezione per gli stranieri e ripercorrere la storia di quella speciale, anche per comprendere la portata delle modifiche in via di definizione.
La protezione internazionale
La protezione internazionale spetta al «cittadino straniero cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria» (d.lgs 251/2007, che recepisce la direttiva 2004/83/CE sulla qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, modificata dalla direttiva 2011/95/UE).
Rifugiato è chi, «per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese» (definizione della Convenzione di Ginevra del 1951). Invece, può godere di protezione sussidiaria chi «non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, (…) correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno».
La protezione umanitaria
Una premessa. A differenza di ciò che dice Meloni, la protezione umanitaria – come oggi quella speciale – non è prerogativa dell’Italia, ed è fondata su norme europee. Infatti, la direttiva “rimpatri” (2008/115/CE) prevede che gli stati membri possano «rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare». E nella direttiva sulla protezione internazionale (2011/95/UE) si parla di stranieri «cui è concesso di rimanere nel territorio di uno stato membro (…) per motivi caritatevoli o umanitari riconosciuti su base discrezionale».
Prima del decreto Sicurezza I (d.l. n 113/2018) – voluto da Matteo Salvini quando era ministro dell’Interno – il Testo Unico sull’Immigrazione (d.lgs. n. 286/1998, TUI) prevedeva il permesso di soggiorno per «seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano»: questa era la base giuridica della generica protezione umanitaria.
Tale protezione – “complementare” rispetto a quella internazionale, nel senso che forniva tutela a chi non potesse accedere allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria – dava piena attuazione all’art. 10, comma 3, della Costituzione, ai sensi del quale «lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica». La tutela umanitaria si poneva così «a chiusura del sistema complessivo» di protezione (Cass. civile, sez. I, n. 4455/2018).
La protezione speciale
Il primo decreto Salvini ha eliminato la generica di protezione umanitaria, ma ha mantenuto nel TUI alcune ipotesi specifiche di tale protezione, vale a dire «motivi di protezione sociale», «violenza domestica», «particolare sfruttamento lavorativo», e ne aggiunse altre tre: «condizioni di salute di particolare gravità», «contingente ed eccezionale calamità naturale» e «atti di particolare valore civile». Tutte queste ipotesi confluirono nella nuova categoria dei permessi di soggiorno «per casi speciali».
Tali ipotesi non coprivano il perimetro della tutela dello straniero in Italia prevista dall’art. 10 della Costituzione, tanto più che il primo decreto Sicurezza aveva pure eliminato dal TUI il richiamo alla protezione da fornire comunque nel rispetto degli «obblighi costituzionali o internazionali dello Stato», inciso che rimanda proprio all’art. 10. Ciò è stato sottolineato in sede di emanazione del primo decreto Sicurezza anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale ha rilevato che, nonostante il venir meno del richiamo, il rispetto di tali obblighi restava comunque ineludibile.
Il decreto correttivo dei decreti Sicurezza
Il decreto correttivo dei decreti Sicurezza (d.l. n. 130/2020), emanato quando al Viminale c’era la ministra Luciana Lamorgese, ha innanzitutto ripristinato l’inciso «fatto salvo il rispetto degli obblighi costituzionali o internazionali dello stato», ciò per dare seguito all’osservazione del Quirinale. Non è, invece, stata reintrodotta la previsione dei motivi «di carattere umanitario», che era stata la base della relativa protezione.
In secondo luogo, il decreto ha aggiunto ipotesi di protezione speciale ulteriori rispetto a quelle già previste da Salvini: la persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali; il rischio di tortura o di trattamenti inumani o degradanti, in caso di rimpatrio in uno Stato ove si compiano violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani; la violazione, in caso di allontanamento dall’Italia, del diritto al rispetto della vita privata e familiare, considerata – tra l’altro – la natura e l’effettività dei vincoli familiari, l’effettivo inserimento sociale, nonché la durata del soggiorno in Italia.
Inoltre, sono state attenuate alcune formulazioni: il permesso per condizioni di salute di «particolare gravità» è stato trasformato in permesso «per gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie» e quello per «contingente ed eccezionale calamità naturale» in permesso per «grave calamità naturale».
La legge di conversione del decreto Cutro
La generale protezione umanitaria non è mai stata ripristinata, ma – come detto – dal primo decreto Sicurezza sono comunque rimaste alcune ipotesi di tutela “umanitaria”, rubricate come protezione speciale. Perché Matteo Salvini non le aveva eliminate e Meloni, intenzionata ad abolirle, ha fatto retromarcia?
Perché con la cancellazione totale della protezione umanitaria sarebbe rimasta inattuata la parte dell’art. 10 Cost. non “coperta” dalla protezione internazionale, e ciò avrebbe fatto sì che la disposizione costituzionale fosse direttamente applicabile dai giudici, come lo è stata quando quella umanitaria non era ancora sancita in via legislativa (lo conferma la giurisprudenza, a partire da Cass., Sez. Un., 26 maggio 1997, n. 4674). E siccome l’ambito dell’art. 10 è molto ampio – tutelando gli stranieri che non possano esercitare in patria libertà e diritti previsti dalla Costituzione italiana – si è preferito individuare fattispecie specifiche di protezione speciale, anziché eliminarla in toto, per limitare la discrezionalità dei giudici.
Ma cos’ha fatto al contempo il governo? Con il disegno di legge (ddl) di conversione del decreto Cutro ha provato a sopprimere il richiamo al rispetto degli «obblighi costituzionali o internazionali dello stato». Richiamo che, come detto, era stato eliminato dal primo decreto Sicurezza e poi ripristinato nel 2020 su indicazione di Mattarella. Evidentemente il Quirinale non ha gradito il tentativo di cancellazione e, esercitando la propria moral suasion, l’ha impedito. Così è stato palese il pasticcio fatto dalla maggioranza.
Quanto alla protezione speciale, con il ddl si torna al primo decreto Salvini: ad esempio, si elimina il divieto di rimpatrio basato sul diritto al rispetto della vita privata e familiare dello straniero; si ripristinano requisiti più stringenti per i permessi motivati da condizioni di salute e calamità naturali; si esclude la possibilità di accesso al sistema di integrazione per i richiedenti asilo, ammettendovi solo chi entra in Italia con corridoi umanitari e i vulnerabili. Ciò aumenterà il numero degli stranieri irregolari e l’emarginazione di chi è in attesa di asilo, concorrendo ad alimentare quell’emergenza che il governo ha voluto creare.
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