Amicizia e stima hanno accompagnato il cammino del papa tedesco e del presidente che veniva dal Partito comunista. Le relazioni privilegiate fra Quirinale e Santa sede. Ratzinger anticipò la notizia delle sue dimissioni al capo dello stato. Due visioni diverse superate dal nuovo “credo” nazionalista
Le esequie di Giorgio Napolitano seguiranno martedì 26 settembre, a Montecitorio, un rito integralmente laico, del resto era noto che l’ex presidente della Repubblica era un non credente, un ateo a tutti gli effetti, proveniente per di più dalla tradizione comunista, sia pure con forti venature riformiste.
Eppure, durante il suo lungo mandato presidenziale, Napolitano ha indubbiamente intrattenuto rapporti positivi con la chiesa e il mondo cattolico in generale. E ha stabilito una relazione di stima e amicizia con papa Benedetto XVI, dal quale pure lo dividevano concezioni e prospettive della storia italiana e europea.
I funerali di Napolitano inizieranno intorno alle 11.30 alla Camera dei deputati, la celebrazione dovrebbe durare circa un’ora e mezza. Sono previsti gli interventi dei presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, quindi prenderà la parola il presidente emerito della Corte Costituzionale e amico dell’ex capo dello stato, Giuliano Amato, poi interverranno il commissario Ue, Paolo Gentiloni, il cardinale Gianfranco Ravasi, l'ex sottosegretario Gianni Letta, l’ex senatrice Anna Finocchiaro e due familiari di Napolitano. In aula saranno presenti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente francese Emmanuel Macron e quello tedesco Frank-Walter Steinmeier.
Si chiude così il percorso di un comunista anomalo, parte di quella anomalìa più grande che, nell’ambito del movimento comunista internazionale, è stato il comunismo italiano. E singolare è stata anche la relazione che si è stabilita fra Napolitano e Joseph Ratzinger. Si pensi solo che quest’ultimo ha anticipato al presidente della Repubblica, con sette giorni di anticipo, la propria volontà di dimettersi in occasione di un concerto tenutosi nell’aula Paolo VI in Vaticano per celebrare l’84esimo anniversario dei Patti Lateranensi.
Santa sede e Quirinale
In generale, va ricordato, il Quirinale e la Santa sede hanno da tempo stabilito un rapporto privilegiato considerandosi reciprocamente, forse non del tutto a torto, fra le poche voci istituzionali in grado di garantire l’unità del paese e la sua coesione anche nei momenti più difficili e critici.
Senza contare che il capo dello stato, in quanto supremo garante della Costituzione, è anche il “nume tutelare” di quell’intesa che regola le relazioni fra chiesa cattolica e Repubblica. Anche per questo Francesco è andato a rendere omaggio a Napolitano nella camera ardente allestita in Senato, volendo così significare il rispetto della Santa sede per un uomo delle istituzioni che, pur nelle differenze di approcci e di vedute, trasmetteva i valori forti della democrazia intesa come strumento per tutelare la parte più debole della società.
Togliatti e Berlinguer
Ma, appunto, specifico è stato il rapporto fra Napolitano e Benedetto XVI. Se negli anni precipitosi della crisi del berlusconismo il Quirinale era stato preso a riferimento anche dal Vaticano per la salvaguardia dell’indipendenza del paese in un frangente economico e sociale particolarmente delicato e drammatico, restano intatte le differenze fra le due personalità sulle prospettive del paese e dell’Europa.
Le celebrazioni del 150esimo dell'unità d'Italia, nel 2011, hanno rappresentato in tal senso l’estremo tentativo, portato avanti dal Vaticano, di riscrivere la storia italiana partendo da un’impostazione confessionale. Allo scopo è stata messa a punto e diffusa una lettura storica – di cui massimo capolavoro è il messaggio indirizzato da papa Ratzinger a Giorgio Napolitano il 17 marzo 2011 per le celebrazioni risorgimentali – che tendeva a smussare e quasi a occultare e ovattare il conflitto fra il nascente stato e la chiesa nell’800 (assegnandone la responsabilità a non meglio identificati settori “laicisti”), e di fatto valorizzando forse un po’ oltremisura, il contributo dei cattolici liberali al processo unitario (dimenticando quanto e come questi si erano però scontrati con papa Pio IX).
Del tutto messa da parte era poi la parte relativa alla contraddittoria politica promossa dalla Santa sede per giungere alla conciliazione con il nuovo stato, portata avanti sotto il fascismo. Ma certo Napolitano non ha prestato il fianco a nessuna polemica su questo piano: erede di una tradizione che portava da Palmiro Togliatti a Enrico Berlinguer, dunque dall’inclusione dei patti lateranensi nella Costituzione al “placet” comunista del nuovo Concordato fra Italia e Santa sede promosso dal socialista Bettino Craxi nel 1984, ha parlato sempre in termini estremamente positivi del ruolo svolto dalla chiesa e dai cattolici nella società italiana.
Intese sorprendenti
Il 3 ottobre del 2008 per esempio, alla vigilia della visita che Benedetto XVI si apprestava a fare al Quirinale (la seconda dopo quella all’indomani della sua elezione, quando presidente era Carlo Azeglio Ciampi), il presidente inviava un telegramma al Congresso internazionale “'Humanae Vitae: attualità e profezia di un’Enciclica” nel quale esprimeva il proprio apprezzamento per l’evento. «L’iniziativa congressuale – si affermava nel testo del telegramma – rappresenta una significativa opportunità per approfondire i recenti risultati conseguiti nell'analisi delle problematiche relative ad una procreazione responsabile».
Un passo inconsueto e per certi versi spiazzante quello compiuto da Napolitano, soprattutto se si considera quante contestazioni erano arrivate da parte laica e anche dal cattolicesimo progressista, all’enciclica Humanae vitae di Paolo VI.
Tuttavia, il capo dello stato non aveva voluto perdere l’occasione, alla vigilia della visita di Benedetto XVI al Quirinale, di rendere pubblici l’attenzione e il rispetto con i quali il Quirinale seguiva il magistero della chiesa in Italia.
In questo quadro, non può essere dimenticata pure la forte solidarietà espressa da Napolitano a Benedetto XVI in occasione delle proteste che gli avevano impedito, nel gennaio del 2008, di prendere parte all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università La Sapienza di Roma.
Di certo, l’ex comunista, europeista convinto, non ha rinunciato mai alla propria visione laica della società e delle istituzioni; al medesimo tempo il papa tedesco non ha smesso di sognare il ritorno di un’Europa cristiana, in cui la ragione fosse retta dalla fede in nome di quella che definiva una «sana laicità». Nessuno dei due, alla lunga, sembra averla avuta vinta mentre nel vecchio continente tornano a soffiare i venti della “religione” nazionalista.
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