- Ai tre giorni milanesi, la Lega risponde con un una “conferenza programmatica” a Roma per il 14 maggio, che sarà la prima tappa di un tour che porterà la Lega in tutte e 20 le regioni.
- Nel fittissimo programma tornano nomi già letti anche in quello della convention di FdI. L’operazione meloniana era stata quella di portare sul suo palco gli intellettuali del centrodestra. Ma ecco la contromossa della Lega: invitare le stesse persone, da Nordio all’ad di Terna Donnarumma.
- Anche dietro la patina dell’evento, che verrà chiuso dal discorso di Salvini, ribollono i problemi interni che il leader fatica a gestire. A darne la dimensione, un episodio tutt’altro che marginale: l senatore leghista e vicepresidente della Camera, Fancesco Zicchieri, ha dato il suo inaspettato addio alla Lega.
Dopo i trionfali tre giorni di Giorgia Meloni a Milano, in cui Fratelli d’Italia non ha badato a spese dalla location ai 4200 delegati presenti, ora la Lega risponde.
Scottato sia dal battibecco sul suo mancato invito che dall’attenzione che Meloni ha saputo catalizzare, Matteo Salvini ha organizzato la controffensiva mediatica.
Ai tre giorni milanesi, la Lega risponde con un una “conferenza programmatica” a Roma per il 14 maggio, che sarà la prima tappa di un tour che porterà la Lega in tutte e 20 le regioni. L’organizzazione, demandata al fedelissimo Armando Siri, è stata penalizzata dallo scarso preavviso con cui si è dovuto lavorare: inviti partiti in tutta fretta, location individuata in pieno centro storico al centro congressi la Lanterna di via Tomacelli, programma a tappe forzate.
L’operazione sembra tutta costruita per rispondere a distanza a Meloni, punto su punto. Se FdI ha scelto Milano – culla storica della Lega – per mostrare la sua vicinanza al mondo produttivo e per lanciare la sua scalata elettorale anche al nord, la Lega ha risposto partendo da Roma, «baricentro del paese» secondo l’organizzatore Siri ma anche casa di Meloni e del suo partito.
gli ospiti comuni
Non solo, nel fittissimo programma tornano nomi già letti anche in quello della convention di FdI. L’operazione meloniana era stata quella di portare sul suo palco gli intellettuali del centrodestra, mostrando plasticamente la sua preparazione – non solo elettorale ma anche culturale – a prendere le redini dell’alleanza. Ma ecco la contromossa della Lega: invitare le stesse persone a dimostrazione che FdI non ha alcuna esclusività, anzi. Così nel programma tornano i nomi dell’ex magistrato Carlo Nordio e del vicepresidente del centro studi Livatino, Alfredo Mantovano, chiamati a dibattere in materia di giustizia e dell’imminente referendum del 12 giugno, ancora molto sottotono nella comunicazione.
Spunta anche il nome del direttore di Rai 2, Gennaro Sangiuliano, questa volta però solo a moderare due dibattiti, uno sulla crisi produttiva e uno sulla geopolitica insieme all’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani. Si parlerà anche di Ucraina, su cui la linea della Lega è quella dello stop all’invio di armi e Salvini ha già chiesto al premier Mario Draghi un incontro al suo ritorno dal viaggio a Washington da Joe Biden.
Proprio il Sangiuliano, che dal palco di Meloni aveva tenuto una “lezione” sul conservatorismo, era stato oggetto di polemica dentro la Rai e anche di interrogazioni in Vigilanza, perchè il suo intervento era stato letto in chiave politico-elettorale e come non imparziale. Sabato tornerà su un palco di centrodestra, segno che evidentemente lo scontro dentro l’azienda radiotelevisiva pubblica è stato appianato.
Torna, infine, anche l’amministratore delegato di Terna, Stefano Antonio Donnarumma, che però in casa Lega sarà affiancato dagli ad di Enel, Francesco Starace, e di Eni, Claudio Descalzi, per parlare di energia e ambiente.
Il programma
Non solo gli ospiti, però. Salvini intende rilanciare anche il suo decalogo di agenda politica: giustizia, flat tax, piccole e medie imprese, geopolitica, transizione ecologica e indipendenza energetica, autonomie locali. Su queste parole d’ordine, soprattutto l’ultima strizza l’occhio alla Lega storica.
Tornare a parlare di autonomia - proprio a Roma – è una sorta di concessione dovuta per tentare di arginare il rumoreggiare interno al partito, sempre più insofferente nei confronti del segretario. Tra gli invitati al panel, infatti, spicca il nome di Luca Zaia, il governatore veneto che viene dipinto come l’antagonista interno naturale a Salvini. Lui ha sempre rifiutato la competizione e la sua presenza sul palco è un segnale di tentativi di pace interna.
Insieme a lui sul palco ci sarà il governatore lombardo Attilio Fontana (anche lui presente da Meloni ma solo per i saluti ufficiali), la cui ricandidatura alla guida della Regione era stata messa in discussione nei giorni scorsi, secondo voci interne alla Lega proprio dallo stesso Salvini. Crisi rientrata forse, anche se il suo bis rimane legato alla complicata vicenda siciliana con l’uscente Nello Musumeci, che ha offerto a Salvini e Meloni un incontro riparatore a tre. «Delle indiscrezioni non tengo conto. Presto avrò le idee chiare e dirò qualcosa», ha commentato Fontana a chi gli ha chiesto un commento.
Accanto a loro ci sarà anche la ministra azzurra degli Affari regionali, Mariastella Gelmini, unica invitata di un altro partito di centrodestra. Anche questa, infatti, è una peculiarità dell’evento leghista, per evitare imbarazzi e inviti senza risposta: molti ospiti esterni, tutti i ministri leghisti (Garavaglia, Giorgetti e Cingolani) ma nessun altro politico. Anche se la risposta ufficiale è che si tratta di un evento programmatico interno alla Lega «per ascoltare i territori, i sindacati e le imprese», anche questo dà la misura del cima dentro l’alleanza.
I problemi interni
Anche dietro la patina dell’evento, che verrà chiuso dal discorso di Salvini, ribollono i problemi interni che il leader fatica a gestire. A darne la dimensione, un episodio tutt’altro che marginale: ieri Salvini ha presentato in conferenza stampa alla Camera il nuovo dipartimento dello Sport della Lega, affidato all’ex campione di pallavolo Luigi Mastrangelo. Pochi minuti dopo il senatore leghista e vicepresidente della Camera, Fancesco Zicchieri, ha dato il suo inaspettato addio alla Lega. «Ci siamo scambiati messaggi e lui ha provato a dare giustificazioni, ma io sono deluso sul piano umano e lascio il partito per questo», ha detto Zicchieri che proprio di sport si era occupato molto e sperava in un riconoscimento. Invece, nemmeno era stato avvertito della nomina di Mastrangelo. Un caso isolato, forse, ma che dà la dimensione di come la tensione sia alle stelle.
In molti, dalla base, continuano a ripetere che servirebbe un congresso, ma la parola è vietata a via Bellerio. Sia per ragioni tecniche di statuto, con l’aggrovigliata situazione tra le “due Leghe” con la nascita di Lega- Salvini premier. Ma anche perchè Salvini sa che, in questa fase di calo di consensi suoi personali e del partito, la sua maggioranza interna sarebbe più che a rischio. Si possono fare conferenze programmatiche e tornerà a settembre anche Pontida, ma un congresso in cui si mette in discussione il leader no di certo.
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