- Alla base dell’occupazione del potere vi è un blocco nell’autonomia morale, ovvero una zavorra che incatena le emozioni a un passato che non passa, immutato nei principi, tenuto in piedi dal rancore nell’attesa di una rivincita.
- Urlare la legittimità della cacciata degli avversari dai luoghi dove si fa opinione, produce un senso di esclusione. Assomiglia a quel che Gramsci chiamava “cadornismo politico”, la persuasione che una cosa sia giusta perché disposta da chi comanda. E se non viene attuata, la colpa è di chi si oppone.
- Nell’ideologia di Fratelli d’Italia manca un ingrediente cruciale della politica democratica: l’idea che la maggioranza sia l’altra parte dell’opposizione, non la sua negazione. Vincere un’elezione è sentire di avere un limite nella presenza della minoranza.
Si legge a commento delle defenestrazioni in Rai da parte del governo, che si tratta di una politica egemonica. Ma questa lettura non sembra essere appropriata. Semmai si tratta di dominio, una politica di occupazione dettata dal risentimento e dallo spirito di vendetta.
Nell’egemonia (come fu definita da Antonio Gramsci) non vi è né risentimento né vendetta. Vi è invece lo svolgimento di un processo etico-politico inclusivo di trasformazione delle idee e condivisione di valori.
Il risentimento è un’inesauribile emozione di dolore per le ingiustizie che si ritengono subite, e soprattutto di rabbia. Ha gridato Giorgia Meloni in un suo recente comizio che per decenni la sua parte è stata messa in un angolo: ora basta!
Quella sofferenza ha nutrito la voglia di vendetta; invece di agevolare la revisione delle idee per renderle inclusive ha nutrito rancore per averle dovute reprimere. E ha contribuito a conservarle integre. La fenomenologia del risentimento e della vendetta è il lascito di una guerra civile persa. L’esito è il dominio; la sua logica è l’intolleranza.
Alla base dell’occupazione del potere per risentimento vi è un blocco nell’autonomia morale, una zavorra che incatena la mente e le emozioni a un passato che non passa, rimasto immutato nei principi, tenuto in piedi nell’attesa di una rivincita.
Urlare la legittimità della politica di defenestrazione dai luoghi del potere dell’opinione non ha nulla del processo egemonico, produce a sua volta un senso di esclusione. Assomiglia a quel che Gramsci chiamava “cadornismo politico”, la persuasione che una cosa sia giusta perché compiuta da chi comanda; e se non riesce a essere attuata è per colpa di chi vi si oppone.
Nell’ideologia di Fratelli d’Italia manca un ingrediente cruciale della politica democratica: l’idea che la maggioranza sia l’altra parte dell’opposizione, non la sua negazione. Vincere un’elezione è sentire di avere un limite nella presenza della minoranza.
Non è un gioco a somma zero. Anche per questa ragione, quella del governo di destra non è strategia egemonica ma cruda occupazione del potere. Il merito è quello di chi vince.
Come cittadini dobbiamo essere molto preoccupati per questa mentalità belligerante trasferita alle istituzioni; difficilmente identificabile con il governo dell’alternanza. Una strategia che assomiglia a quella usata da Viktor Orbán.
Tra le prime decisioni che prese, ci fu la centralizzazione della gestione del servizio di informazione, dei media e della carta stampata. Anche in Italia, lo scopo di questa misura monopolizzatrice è dar vita a una maggioranza dal futuro lungo. Un dominio che assomiglia tanto ad un giogo.
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