Dai rapporti tra Usa e Ue fino alla prossima manovra senza risorse: si moltiplicano i dossier complicati. Gli alleati litigano, le interviste estive spaventano. E lei vola in Cina con la figlia, mettendo in gioco la privacy
L’ultimo consiglio dei ministri, salvo emergenze, è in programma il 7 agosto. Poi il telefono di Giorgia Meloni sarà silenziato per qualche giorno, resterà a disposizione solo per la famiglia, gli amici e pochi fedelissimi, almeno fino a dopo Ferragosto.
Il tentativo della presidenza del Consiglio sarà quello di trovare ristoro in Puglia, nella regione che la accoglie durante le ferie. Proprio nell’amata Valle d’Itria ha voluto organizzare un G7. Il progetto è quello di un legittimo relax se non fosse che il Generale Agosto preoccupa, perché farà sentire i suoi effetti. Il mese balneare per eccellenza della politica italiana è sempre foriero di tensioni, nervosismi e preoccupazioni per l’autunno che verrà.
Chi è avvezzo alle cose di palazzo, nei conciliaboli alla Camera, ha già fatto le proprie previsioni: «Sarà un’estate ballerina per la destra». Eppure non c’è da preoccuparsi: «La crisi di governo non ci sarà», garantiscono tutti, dai big agli ultimi dei peones, sempre attenti sulla questione del voto anticipato.
Da Pechino a Bruxelles
C’è l’immagine internazionale da tutelare e rilanciare. Prima del riposo c’è il viaggio in Cina, da ieri fino a mercoledì. Una tappa che ha un valore mediatico prima che diplomatico. La prima mossa è stata la diffusione di un video che mostra, in una visita ufficiale, la figlia Ginevra che la accompagna, scendendo dall’aereo. Una mossa di comunicazione utile per far parlare di sé. Salvo lamentarsi alla prima occasione dell’invasione della stampa nella sua privacy.
Ma oltre agli appuntamenti in agenda ai relativi trucchi narrativi, i giorni festivi di Meloni sono quelli che dovranno riposizionarla nello scacchiere Usa, su cui non mancano affanni. Il cuore batte a destra, al fianco del Repubblicani di Donald Trump e tifosi del Make America great again (Maga), che però per l’Europa – quindi per l’Italia – è una sciagura, quantomeno sotto il piano della difesa.
L’iperatlantismo di Meloni, tanto gradito all’amministrazione Biden, cozza contro la visione trumpiana. Al rientro dalle vacanze, servirà un esercizio di equilibrismo in vista del voto di novembre, nonostante qualcuno in Fratelli d’Italia si sia già proteso per abbracciare Trump. Trovando il campo occupato da Matteo Salvini, il leader della Lega ha già indossato la maglietta del magnate. In qualsiasi caso, la premier è in affanno.
Nel perimetro continentale, invece, l’Europa è tornata matrigna per la presidente del Consiglio. La gestione delle trattative sulle nomine a Bruxelles è stata scriteriata, solo i fan più sfegatati provano a negare questa versione. Meloni ha messo piede da protagonista, forte dell’affermazione elettorale di giugno, e ne è uscita ridimensionata.
Fino a incrinare un buon rapporto personale con la presidente della commissione, Ursula von der Leyen. Occorre ricucire, i giorni di vacanza possono essere utili a distendere gli animi, tra una passeggiata sotto gli ulivi con la calce bianca della Valle d’Itria sullo sfondo.
Con queste premesse internazionali, quasi quasi per Meloni i grattacapi interni sono carezze. Anche se sullo sfondo c’è il totem della manovra economica con le casse che languono. Il dossier fa capo al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Ma palazzo Chigi dalla premier ai sottosegretari, Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, sanno che è un dossier cruciale per la navigazione dell’esecutivo.
Sono consci, insieme alla loro leader, che bisognerà contare gli spicci rimasti nel portafogli e valutare come raggranellare risorse per abbattere il deficit di 12 miliardi di euro secondo le richieste della Ue, finanziando gli interventi promessi.
La partita delle interviste
E mentre iniziano i conti con la legge di Bilancio, ci sono le interviste e le provocazioni che nel tempo lento agostano non gioveranno all’immagine del governo e quindi della premier. Si prevedono affondi e rivendicazioni, del resto l’estate è il periodo tipico di dichiarazioni che invocano «verifiche» o confronti nella maggioranza.
Il termometro della coalizione di centrodestra sta facendo registrare un incremento delle temperature. Matteo Salvini e Antonio Tajani battibeccano su tutto, non è proprio il modo più sereno di riempire il trolley e partire per le vacanze. Il leader della Lega dice una cosa, il segretario di Forza Italia un’altra. Su ogni argomento all’ordine del giorno c’è un distinguo, anche perché nella testa di Tajani riecheggiano gli inviti degli eredi Berlusconi, Marina e Pier Silvio, a cambiare marcia, a dare nuovo nerbo al partito azzurro.
Il governo non cadrà, come profetizzano tutti. Resta, però, il logorio quotidiano del chiacchiericcio e dei litigi a mezzo stampa. La vicenda-carceri è un caso finito a piè di lista. I forzisti hanno chiesto un’apertura alle proposte delle opposizioni sugli sconti di pena, sbattendo contro l’asse FdI-Lega formatosi sul tema.
Tra una riunione e l’altra, Tajani ha dovuto ordinare la retromarcia. Le truppe più garantiste del suo partito, Pietro Pittalis alla Camera e Pierantonio Zanettin al Senato, hanno masticato amaro.Uno dei grandi grattacapi resta l’autonomia differenziata. Fratelli d’Italia sperava che l’approvazione del disegno di legge, firmato da Roberto Calderoli, togliesse il tema dal menu mediatico.
Invece un po’ la pressione delle opposizioni – con la volontà di fare un referendum – e un po’ le tensioni nella maggioranza rendono la riforma una croce quotidiana per Meloni. Uno spauracchio che si agita sullo sfondo e che porterà a un irrigidimento dei rapporti con i presidenti di regione del Nord, da Luca Zaia in Veneto a Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia-Giulia.
I due leghisti, solitamente dialoganti, rischiano di diventare una spina nel fianco a palazzo Chigi e per ragioni opposte lo stesso ruolo spetta a Roberto Occhiuto, governatore della Calabria e vicesegretario di FI, una sorta di viceré al Sud del partito berlusconiano.
Ci sono poi gli avversari. La premier scruta con una certa apprensione il dinamismo di Elly Schlein, che ha ridato fiato al Partito democratico. Certo, i sondaggi rincuorano: Fratelli d’Italia sarebbe in crescita, addirittura sopra il 29 per cento, mentre il Pd è fermo sotto il 24 per cento. Ma Meloni, da navigata politica, sa che in questa fase i rilevamenti sono buoni per farci propaganda, pubblicare qualche card social elogiativa.
Per il resto è consapevole che Schlein stia imbastendo una fitta trama per costruire l’alternativa al suo governo, sottraendo un argomento della destra: quello della sinistra divisa «Se continuiamo così, con Salvini e Tajani che litigano ogni giorno, a destra sembriamo più divisi che a sinistra», è il ragionamento che circola dentro Fratelli d’Italia.
Così da via della Scrofa è stato mandato in avanscoperta Raffaele Speranzon, vicecapogruppo al Senato: «Abbiamo delle riforme da portare avanti. Se dovessimo riscontrare una direzione diversa, porremo una questione politica all’interno della coalizione».
Vento caldo d’estate
Le antenne sono state drizzate, insomma. Non c’è un vero allarme, ma nemmeno la sottovalutazione del nervosismo strisciante tra i leghisti, che seguono l’esempio dei Patrioti europei, ai forzisti, ancorati ai Popolari. Salvini è campione di colpi di testa estivi, in stile Papeete. Ed è intenzionato a portare avanti le proprie battaglie in maniera spericolata.
Ha messo in cascina il «salva-casa», una sanatoria per gli abusi edilizi, ora ha in testa di condurre in porto la misura «salva-Milano» per disinnescare le interpretazioni della procura sulle norme per l’urbanistica.
L’intenzione di introdurla con emendamenti nei vari decreti è stata stoppata dal Quirinale. La maggioranza ha presentato a Montecitorio una proposta di legge ad hoc. Prevedendo una maxi-sanatoria milanese. Meloni, nel mare magnum delle difficoltà, lascia fare Salvini su queste iniziative, che ritiene minuzie. Almeno al cospetto della «madre di tutte le sfide», lo stravolgimento della Costituzione, che «non è un Moloch», secondo la narrazione meloniana. La sensazione è quella di essersi infilati in una strettoia.
Il premierato e la nuova legge elettorale possono cambiare i connotati alla Repubblica, ma possono portare la destra a sbattere come è capitato a chiunque abbia provato a mettere mano alla Carta costituzionale. Per informazioni, mandare a memoria cosa è accaduto a Matteo Renzi. Il fondatore di Italia viva ha fiutato l’aria e si è buttato a sinistra, pronto ad abbracciare Schlein anche fuori da un campo di calcio. Meloni preferisce godersi il vento d’estate. Anche se non sembra una piacevole brezza.
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