Nel mese di agosto, a fronte del crescente numero di sbarchi, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha annunciato un nuovo decreto in tema di immigrazione. Ma le misure che propone non sembrano efficaci. Non basta aumentare gli ordini di espulsione per ottenere effettivi rimpatri.
Nel mese di agosto, a fronte del crescente numero di sbarchi, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato un nuovo decreto in tema di immigrazione. Inquadrare quanto anticipato dal ministro nell’attuale contesto normativo può aiutare a capirne ex ante gli effetti. La valutazione preventiva degli impatti da parte del legislatore dovrebbe sempre precedere l’introduzione di nuove disposizioni, ma raramente viene fatta.
Gravi reati
Piantedosi ha detto che il decreto di prossima emanazione conterrà «misure per facilitare il rimpatrio dei migranti irregolari che si sono distinti per condotte violente o pericolose». Attualmente, il Testo unico dell’immigrazione (d. lgs. n. 286/1998) prevede che l’autorità giudiziaria, a seguito di condanna – tra gli altri – per reati che comportano l'arresto in flagranza o la reclusione per più di due anni oppure reati legati al traffico di stupefacenti, possa decidere l’espulsione dello straniero che abbia già scontato la pena. In questo caso l’espulsione è una “misura di sicurezza”, applicata al condannato che sia ritenuto dal giudice persona socialmente pericolosa. L’espulsione può essere disposta anche come “misura sostitutiva” oppure “alternativa” alla reclusione, a seguito di condanna dello straniero irregolare a una pena detentiva non superiore a due anni.
Forse Piantedosi intende estendere il novero dei reati per i quali può procedersi a espulsioni, nonché ampliare i casi in cui il relativo ordine può essere impartito anche dal prefetto. Ma, come si vedrà, non basta aumentare i provvedimenti di espulsione per ottenere effettivi rimpatri.
I Cpr
Il ministro dell’Interno ha dichiarato che intende «realizzare altri Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri», ove i migranti sottoposti a ordine di espulsione vengono trattenuti in attesa del rimpatrio. I Cpr sono centri di detenzione amministrativa, e non prigioni, ma le condizioni sono pure peggiori, mancando spesso anche le garanzie basilari a tutela di diritti essenziali previste dall’ordinamento penitenziario. Ed è difficile accedervi per qualunque ente voglia verificarne la situazione. La Corte europea dei diritti dell’uomo è intervenuta più volte in tema di Cpr, e nel 2016 ha accertato (sentenza Khlaifia e altri c. Italia) la violazione della Convenzione europea dei diritti umani da parte dello Stato italiano per il trattenimento illegittimo di migranti a Lampedusa.
Aumentare questi centri, con la finalità dichiarata di effettuare maggiori rimpatri, non garantisce automaticamente tale risultato, in mancanza di più accordi con i paesi di origine. Pertanto, con i nuovi Cpr si continuerà ad alimentare la permanenza degli stranieri irregolari in luoghi più degradati rispetto alle prigioni, senza che l’obiettivo di allontanarli dal paese possa sempre essere realizzato, anzi. Anche per questo motivo il Garante dei detenuti ha affermato che la detenzione nei Cpr rappresenta un «meccanismo di marginalità sociale, confino e sottrazione temporanea allo sguardo della collettività di persone che le Autorità non intendono includere, ma che al tempo stesso non riescono nemmeno ad allontanare».
Nuove procedure
Piantedosi ha anche parlato dell’attivazione delle «nuove procedure accelerate previste dal decreto legge approvato a Cutro» (n. 20/2023), sempre al fine di agevolare i rimpatri. Si tratta di un iter più rapido, per chi presenti una richiesta di protezione all’ingresso in Italia provenendo da “paesi d’origine sicuri”. Sono i paesi nei quali, in via generale, non si registrano persecuzioni, torture, violenze indiscriminate o altro (direttiva 2013/32/UE), e che pertanto sono inseriti in un apposito elenco. L’Italia oggi considera “sicuri” 16 paesi. Il decreto Cutro stabilisce una presunzione di infondatezza della richiesta di asilo da parte degli stranieri che arrivano da tali paesi, e ciò garantirebbe la velocità della relativa procedura. Il migrante può dimostrare di aver diritto ad accoglienza per la propria situazione personale, ma verso la sua istanza resta comunque una valutazione negativa ex lege. Ciò suscita molti dubbi. La protezione internazionale esige una valutazione caso per caso, e non in via generale in base alla nazionalità.
La procedura accelerata non assicura che i rimpatri siano velocizzati. Non basta – lo si ribadisce - ordinare l’espulsione, sebbene attraverso un iter semplificato, per allontanare un migrante. Peraltro, solo con l’espulsione mediante accompagnamento coatto – procedura complessa e costosa - si è certi del rientro in patria. Mentre il mero ordine di lasciare l’Italia con mezzi propri – secondo tipo di espulsione – non fornisce alcuna garanzia, poiché si limita a dare al migrante un periodo di tempo entro cui partire. Questo è il motivo per cui gli stranieri irregolari effettivamente rimpatriati sono inferiori rispetto al numero di atti di espulsione.
Piantedosi vuole inoltre modificare la cosiddetta Legge Zampa (n. 47/2017) sui minori non accompagnati, ponendo a loro carico l’onere di dimostrare di non essere maggiorenni, poiché «troppi giungono in Italia dichiarando un’età inferiore per avvantaggiarsi delle tutele previste per i minorenni». Ma per chi ha affrontato una traversata in mare, e talora un naufragio, provare la propria età può essere impossibile.
Il Cisr
Un ultimo cenno va fatto al Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cisr), organismo inserito nel Sistema di informazione per la sicurezza, cioè nei Servizi, con a capo il presidente del Consiglio e composto dai ministri di affari esteri, interno, difesa, giustizia, economia e sviluppo economico. Nell’ultimo Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni ha affermato che il Cisr raccorderà ogni azione sull’immigrazione. In questo modo, il Viminale viene “commissariato” e il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, resta escluso.
A parte questo, coinvolgere il Cisr significa affrontare il tema sul piano esclusivamente della sicurezza, e non dell’integrazione. Nonostante si tratti di un fenomeno strutturale, la logica rimane quella emergenziale. Peraltro, da aprile vige uno stato di emergenza per l’immigrazione, e non è chiaro quali benefici abbia apportato.
Con l’intervento del Cisr può immaginarsi che calerà su dati e informazioni una coltre di “segreto” ancora più spessa di quella attuale. Oggi non c’è trasparenza su rimpatri, uso delle risorse destinate a paesi africani, situazione dei Cpr e molto altro, come invece servirebbe per consentire alle persone di farsi un’idea fondata, al di là delle “narrazioni”. Chi esercita poteri pubblici dovrebbe sempre rendere conto. Purtroppo, spesso non lo fa.
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