Covid-19, ci risiamo. E, come in un domino dove l’aumento dei contagi è stato la prima tessera che è caduta, segue tutto il resto, una misura dopo l’altra, in una sequenza che sembra avere come unico esito il lockdown totale, esattamente come era successo a marzo. Seguendo la successione delle decisioni del governo, sembra che si assista a una replica di quanto accaduto sette mesi fa. Una misura alla volta, fino ad arrivare a lasciare tutti chiusi in casa, con i balconi come unico appuntamento sociale.

Le misure

Ieri, domenica 11 ottobre, il ministro della Salute Roberto Speranza ha di nuovo incontrato il Comitato tecnico scientifico con in mano una lista di proposte per porre un freno ai contagi, nel fine settimana di nuovo alle stelle nonostante il calo nel numero dei tamponi: i dati di domenica confermano 5.456 nuovi positivi per 104mila tamponi effettuati e 26 morti, appena in calo dai 5.724 positivi e 29 morti di sabato, quando i tamponi erano stati oltre 133mila. Dei provvedimenti più incisivi stilati dal governo, però, non è certo quanti finiranno effettivamente nel prossimo decreto.

Nel testo di Speranza si leggono limitazioni al numero di invitati ammessi alle feste, agli sport amatoriali da contatto e agli orari d’apertura dei locali, nella speranza che possano fare la differenza. Una volta concordate le misure con il Cts, l’approvazione del nuovo decreto del presidente del Consiglio potrebbe arrivare già lunedì, ma è atteso comunque entro il 15 ottobre. Rimarrà però un testo in cui Conte deciderà di non inserire il bazooka, l’unico strumento che assicurerebbe un immediato crollo dei contagi: il lockdown totale o selettivo per attività o aree geografiche. Un provvedimento che, invece, in altri paesi, come il Regno Unito, è ormai sempre più plausibile.

La frequenza delle riunioni di governo ed esperti dimostra la gravità della situazione, che però non si traduce in un provvedimento coerente. Come in primavera si procede per gradi, senza mai smettere di ripetere che adesso la situazione è diversa, che il paese è più preparato. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ieri ha ribadito che entro fine anno saranno pronte le prime dosi del vaccino e che a inizio 2021 inizieranno le vaccinazioni. E, soprattutto, che «l’Italia non si può permettere un nuovo lockdown: i nostri sistemi produttivi e commerciali non se lo possono permettere».

Com’era andata in primavera

A marzo, il primo passo dell’esecutivo era stata la creazione della zona rossa, chiusa nei primi giorni del mese. Era seguita un’ondata di rientri verso sud. Solo pochi giorni dopo, il presidente del Consiglio dichiarava in diretta Facebook il lockdown nazionale: a quel momento era seguita una lunga serie di norme ed eccezioni, la possibilità di uscire con il cane, l’ora d’aria per i bambini e così via, fino alla riapertura del paese, concessa sempre un pezzo alla volta.

Oggi, invece che per zone geografiche, il governo procede a limitare le attività più a rischio. Lo stop alle discoteche risale già a quasi due mesi fa, ora si fa sempre più probabile un limite, per quanto leggero, alla vita notturna. E ieri non è mancata una polemica sulla possibile imposizione della mascherina per chi corre all’aperto: nel pomeriggio è arrivata la smentita del Viminale, celebrata anche dal leader di Italia viva Matteo Renzi.

Intanto, però, nessuno interviene sui mezzi pubblici, sempre più pieni con la riapertura di scuole e uffici (anche se sembra che nel nuovo testo possa essere incoraggiato di nuovo lo smart working), resta un vuoto di coordinamento tra chi effettua lo screening della popolazione e chi poi si deve occupare del trattamento dei positivi identificati. Per ora, di stop al traffico tra regioni non si parla, e soprattutto non si risolve la questione di chi abbia la responsabilità ultima se il governo o le regioni.

Se da una parte il governo non vuole aggravarsi della responsabilità di prendere una decisione drastica quando i contagi sono ancora relativamente bassi (in Francia nel fine settimana si sono superati i 27mila nuovi positivi al giorno), attualmente le regioni viaggiano ancora ciascuna per conto suo e ciascuna affronta come meglio crede la propria situazione specifica. Bisognerà vedere gli sviluppi di questa settimana per capire se il Consiglio dei ministri manterrà l’attuale linea minimalista oppure se deciderà per una stretta più netta che metterebbe però l’Italia al riparo dalle conseguenze devastanti che il virus sta provocando negli altri paesi.


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