Dal primo gennaio è partita la riforma del “mercato libero” per 200 mila imprese, poi toccherà ai cittadini: l’autorità indipendente dice che le bollette aumenteranno almeno del 20 per cento.
- L'Antitrust ha rilevato da anni che i colossi del mercato, con metodi che spingono i concorrenti a denunciarli, inducono i propri clienti a passare al mercato libero non per farli risparmiare ma, al contrario, per dare più profitti agli azionisti.
- La grande truffa ordita in nome del libero mercato equivale per le famiglie italiane, elaborando le cifre di Arera, a una stangata da almeno 700 milioni all'anno.
- Le famiglie in "maggior tutela" hanno consumato nell'anno 28 miliardi di chilowattora, spendendo 6 miliardi di euro; le famiglie che hanno scelto il mercato libero hanno consumato poco di più ma li hanno pagati 6,7 miliardi.
Dal 1 gennaio è scattata, nel pigro silenzio generale, una delle riforme più assurde che la pur strampalata politica italiana abbia mai concepito. Ma attenzione, non è un errore. E' un'occhiuta manovra al servizio delle grandi società elettriche, Enel in testa. Adesso è toccato a un primo gruppo di piccole imprese, non più di 200 mila, ma è un passaggio simbolico: tra un anno, il 1 gennaio 2022, tutte le famiglie italiane saranno obbligate a "scegliersi liberamente" un nuovo fornitore di elettricità.
E' un singolare concetto di libertà. La stessa autorità indipendente di settore, l'Arera, ci avverte che nel passaggio dalla cosiddetta tariffa di "maggior tutela" al libero mercato le bollette aumentano almeno del 20 per cento.
La grande truffa ordita in nome del libero mercato equivale per le famiglie italiane, elaborando le cifre di Arera, a una stangata da almeno 700 milioni all'anno. Soldi che si trasferiranno dalle tasche dei consumatori alle casse delle 723 (settecentoventitre) società a cui è permesso di vendere elettricità. E che la vendono bombardando i consumatori con una nebulosa di offerte commerciali incomprensibili e quasi sempre più care della "maggior tutela".
Chi studia 12mila prezzi?
Una beffa sconcertante, se si considera che comporta per il consumatore l'obbligo di studiare 12 mila (proprio così, dodicimila) prezzi - risultanti da una settantina di componenti di prezzo miscelate con oscuri algoritmi - che alla fine lo faranno sempre pagare più di prima.
Il nodo concettuale della vicenda sarebbe degno di un seminario di studi filosofici.
Già da anni siamo liberi di abbandonare il prezzo di "maggior tutela" per dare retta ai piazzisti che ti telefonano o ti suonano il campanello a tutte le ore per convincerti a firmare un contratto che "ti farà risparmiare".
Il salto filosofico inspiegabile è quello dalla libertà di lasciarsi imbrogliare all'obbligo di andare a farsi spennare negli ampi spazi aperti del libero mercato.
L'Italia si è consegnata ai deliri di un plotone di liberisti talebani dalle letture confuse. Conviene risalire alle origini. Nel 1943 il filosofo francese Jean Paul Sartre scrisse nel suo saggio di ontologia fenomenologica
L'essere e il nulla una frase destinata a diventare celebre, "l'uomo è condannato a essere libero", ma non parlava di mercato elettrico. Negli stessi mesi l'economista austriaco Friedrich von Hayek, che sarà mezzo secolo dopo il faro ideologico dei neoliberisti, metteva a punto il suo libro La via della schiavitù.
Sartre, vicino al Partito comunista francese, sosteneva che l'uomo è condannato a essere libero non da fenomeni sociali o politici ma dalla sua stessa natura.
Von Hayek notava che lo statalismo tende a comprimere il gusto dell'individuo per la libertà e per il mettersi in gioco. Erano idee complementari, non contrapposte, pensate nel momento più duro della guerra contro il nazifascismo nella quale i due stavano dalla stessa parte, quella giusta.
Von Hayek combatteva il nazismo come fase suprema dello statalismo, ritenendo però che ci fosse il socialismo all'origine dell'onda statalista su cui Hitler si era innestato. Nessuno dei due pensava comunque che la libertà, diritto individuale da difendere fino alla morte, si potesse imporre.
E' intuitivo anche per chi non ha alle spalle studi filosofici che l'espressione "obbligo di essere liberi" come programma politico puzzerebbe da lontano di totalitarismo. Eppure in Italia i nipotini di von Hayek hanno realizzato esattamente questa follia.
La liberalizzazione e la tutela
I numeri parlano chiaro. A un certo punto partì la liberalizzazione. Chi voleva poteva passare dal gestore elettrico monopolista (Enel e pochi altri nelle grandi città) al libero mercato.
Chi non voleva fidarsi delle offerte porta a porta poteva restare ancorato al servizio detto di "maggior tutela", in cui la corrente la forniva una società statale chiamata Acquirente Unico.
Negli ultimi dieci anni le famiglie rimaste fedeli all'Acquirente Unico sono scese dal 93 per cento al 50 per cento, ma i prudenti (o pigri, un altro diritto da tutelare) sono risultati i più furbi.
L'Acquirente unico non è sovvenzionato dallo Stato e compra la corrente all'ingrosso per i 15 milioni di famiglie "pigre". Funzionando come un gigantesco gruppo d'acquisto, spunta prezzi migliori. Risultato: nel 2019 gli irriducibili statalisti della "maggior tutela" (tra cui, guarda caso, primeggiano i cittadini dell'evoluta Lombardia) hanno pagato il chilowattora in media 21,5 centesimi, mentre le famiglie attratte dai risparmi del libero mercato lo hanno pagato 24,2 centesimi.
Facciamo due conti: le famiglie in "maggior tutela" hanno consumato nell'anno 28 miliardi di chilowattora, spendendo 6 miliardi di euro; le famiglie che hanno scelto il mercato libero hanno consumato poco di più, 30 miliardi di chilowattora, ma, fermandoci ai primi 28 miliardi per fare conto pari, li hanno pagati 6,7 miliardi.
La follia sta nel voler abolire l'Acquirente unico, che non costa niente allo stato, e imporre la scelta di uno dei 723 fornitori della giungla chiamata libero mercato. I quali spingono ovviamente le offerte più care tra le loro 12 mila, portando gli illusi a spendere ogni anno mediamente 45 euro in più per la bolletta.
Enel, Acea e gli altri
Adesso viene il punto dolente. Chi sta nel servizio "maggior tutela" è cliente dell'ex monopolista a cui fu assegnata la sua città ai tempi della liberalizzazione e che distribuisce la corrente comprata dall'Acquirente Unico.
Tra famiglie e imprese, i presunti nostalgici dello statalismo nel 2019 hanno consumato 40 miliardi di chilowattora, il 15 per cento del mercato totale. Di questi 40 miliardi, 35 li ha venduti l'Enel, poi 2 miliardi l'Acea di Roma, 1 miliardo e spiccioli l'A2A di Milano, 443 milioni la Iren di Torino.
Tutte società pubbliche, e non vedono l'ora di gonfiare le proprie tasche rifilando contratti più costosi a milioni di clienti. Non è certo un caso se due anni fa l'Autorità Antitrust ha multato l'Enel per aver portato avanti condotte «finalizzate a indurre gli utenti del servizio di maggior tutela a passare sul mercato libero con Enel Energia sfruttando l'esclusiva disponibilità di anagrafiche di clienti del servizio di maggior tutela, e idonee ad alterare le dinamiche competitive nel mercato della vendita al dettaglio di energia elettrica».
Analoga sanzione ha ricevuto l'Acea. L'Antitrust ha rilevato da anni che i colossi del mercato, con metodi che spingono i concorrenti a denunciarli, inducono i propri clienti a passare al mercato libero non per farli risparmiare ma, al contrario, per dare più profitti agli azionisti.
Proprio l'Acea ha ammesso pubblicamente che, i suoi margini di profitto «raddoppiano» se un cliente passa dalla «maggior tutela» al mercato libero.
La cosiddetta "legge concorrenza" approvata nell'agosto 2017 - auspice l'allora titolare del ministero dello Sviluppo Carlo Calenda nella fase in cui ancora «ripeteva le cazzate del liberismo» (ipse dixit) - prevede che chi non troverà l'albero tariffario a cui farsi impiccare finirà in un purgatorio in cui la corrente gli verrà fornita «a condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero», cioè a prezzi ancora più alti di quelli già più alti del mercato libero. La rieducazione per i recalcitranti è un capolavoro da regime totalitario.
Il silenzio delle associazioni
Tutto ciò si compie nel silenzio complice delle associazioni dei consumatori che i loro conti con l'Enel li regolano nel retrobottega. Un mese fa il colosso elettrico ha comunicato, per esempio, che «l'emergenza sanitaria, economica e sociale si è tradotta in un ampliamento degli strumenti di dialogo messi a disposizione delle Associazioni per l’assistenza ai consumatori nonché in proposte commerciali in linea con le attuali necessità della famiglie».
Già, si sono inventati anche la bolletta anti-Covid, è la nuova offerta Enel One che, «come sottolineato dalle Associazioni, risponde alla necessità dei consumatori di un controllo della propria spesa energetica».
Claudio Fiorentini, l'uomo dell'Enel incaricato di tenere buoni rapporti con le Associazioni (sempre con la maiuscola, noblesse oblige), dichiara: «Tutela e ascolto dei consumatori sono il terreno comune su cui la nostra azienda e le Associazioni hanno fatto crescere un vero e proprio laboratorio di idee». Il consumerismo all'italiana funziona così, alimentato dai laboratori d'idee.
La politica complice
L'Enel traccia il solco e la politica lo difende. La liberalizzazione forzata nasce con il governo Renzi e viene professata e portata avanti in perfetta continuità da tutti i titolari del ministero dello Sviluppo economico (Mise): Federica Guidi, Calenda, Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli.
Esemplare il caso di Davide Crippa, oggi capogruppo alla Camera del M5S, dopo essere stato sottosegretario proprio allo Sviluppo economico con il governo Conte 1. Nel 2015, da deputato dell'opposizione, disse: «Lo chiamano libero mercato ma in realtà è una stangata per i piccoli consumatori di energia elettrica. Il governo, con la scusa di liberalizzare il mercato, toglie garanzie ai consumatori e li spinge in una ridda di rincari e caro bollette». Cinque anni dopo sembra essere stato folgorato sulla strada del liberismo obbligatorio. Ha presentato una risoluzione alla Camera che prevede, parole sue, «la necessità di rafforzare iniziative di comunicazione istituzionale e campagne pubblicitarie che mettano i cittadini nelle condizioni di poter valutare le diverse proposte contrattuali e confrontarle».
Proprio una bella difesa dei consumatori, costringerli a prendersi le ferie per studiare con quale delle 12 mila offerte farsi fregare.
L'unica voce rimasta a combattere accoratamente questo scandalo epocale è proprio quella del padre della liberalizzazione elettrica, Pier Luigi Bersani: «Io invoco un attimo di attenzione politica e culturale, perché liberalizzare vuol dire stare con la gente, non vuol dire mettere le dita negli occhi alle persone. Non si può dare il messaggio che, anche se non capisci bene, ti obbligo a essere libero e ti metto in bocca al lupo che ti telefona».
Chiarissimo. Bersani, da esperto del settore, descrive perfettamente ciò che accade: governo e parlamento ti mettono le dita negli occhi, le società elettriche tolgono 700 milioni dalle tasche delle famiglie, le associazioni dei consumatori fanno da palo. La banda della bolletta.
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