Dai problemi emersi nella gestione della Curia romana alle divisioni fra riformatori e tratradizionalisti, il papato di Francesco vive un momento di crisi che sembra una tempesta perfetta
- Il processo in corso in Vaticano per le irregolarità nella compravendita di un immobile londinese ha fatto emergere gravi errori nella gestione finanziaria, tuttavia il procedimento giudiziario stenta ad approdare a una soluzione del caso.
- La riforma della Curia è un successo di papa Francesco, ma i problemi non sono finiti come dimostra il commissariamento di Caritas Internationalis. Le dimissioni eccellenti del prefetto della Segreteria per l’economia, intanto, hanno aperto la strada al primo laico alla guida delle finanze vaticane.
- Francesco ha indetto un sinodo generale della Chiesa per favorire un processo di riforma condiviso e senza strappi. Ma ad emergere sono soprattutto le divisioni fra i vescovi su temi come il ruolo dei laici e delle donne; la battaglia contro il clericalismo s’intreccia con la denuncia degli abusi sessuali sui minori.
A pochi mesi dal decimo anniversario della sua elezione, papa Francesco si ritrova a guidare una chiesa attraversata da pulsioni e spinte radicalmente diverse.
Emergono visioni opposte sul futuro del cattolicesimo fra vescovi e conferenze episcopali, la discussione cresce più per contrapposizioni che nella ricerca di mediazioni possibili.
A questo aspetto generale, si sommano altri dati critici interni alla vita della curia romana: come il lungo processo per lo scandalo relativo alla compravendita dell’immobile londinese in Sloane Avenue con fondi della segreteria di Stato.
La vicenda, che ha comportato per il Vaticano una perdita di oltre 100 milioni di euro, ha indotto Francesco e i suoi collaboratori ad accelerare su alcuni capitoli della riforma finanziaria (la segreteria di Stato, fra le altre cose, non potrà più gestire in proprio risorse economiche), ma ha fatto emergere anche un sottobosco fatto di cattiva gestione, dilettantismo, cordate di potere grandi e piccole, mentre dopo decine di udienze non è nemmeno chiaro che tipo di reati siano stati commessi e da chi.
Il coinvolgimento del cardinale Angelo Becciu, ex sostituto per gli affari generali della segreteria di Stato, in vari filoni di indagine non ha fatto altro che danneggiare ulteriormente l’immagine di una curia già gravemente compromessa da scandali e vicende giudiziarie del recente passato.
In tal senso, le lungaggini procedurali, il susseguirsi di rivelazioni a effetto legate al processo, sono elementi che non sembrano aiutare una soluzione della vicenda e l’accertamento della verità.
Dimissioni eccellenti
Nel frattempo, Francesco è riuscito a far arrivare in porto la riforma della curia, fatto non da poco se si considera che questo obiettivo era alla base del mandato ricevuto in conclave dall’ampia maggioranza di cardinali che lo aveva eletto.
La nuova costituzione apostolica Praedicate evangelium, è entrata in vigore solo da qualche mese, e certo i suoi effetti si vedranno col tempo.
Da rilevare, fra l’altro, che tutti i vari pezzi della riforma finanziaria promulgati in questi anni dal Papa a suon di motu proprio come la trasparenza dei bilanci, la fine della discrezionalità assoluta di spesa dei vari dicasteri vaticani, le regole per le assunzioni, l’istituzione di organismi di controllo e pianificazione degli investimenti, il ruolo dei diversi e dicasteri economici, sono entrati a far parte del nuovo quadro istituzionale.
Tuttavia i problemi non sono finiti; ne è una riprova la recentissima decisione presa da Francesco di commissariare Caritas Internationalis, l’organismo che raggruppa gli oltre 160 enti caritativi sparsi per il mondo della chiesa cattolica e posto sotto il controllo del Vaticano.
Una decisione che tocca sia la capacità di gestione interna del personale e dell’organizzazione del lavoro, evidentemente carenti, sia la necessità di rendere l’organismo più capace di intervenire in modo adeguato nei tanti scenari di crisi umanitaria che si aprono nel mondo.
Sta di fatto che a fare le spese del commissariamento è stato anche il cardinale filippino Luis Antonio Tagle, ormai ex presidente di Caritas internationalis e prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione.
Cresce, in parallelo, il ruolo del cardinale gesuita canadese Michael Czerny, a capo del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale – il super ministero per le questioni sociali e ecologiche creato dal papa – «competente nei confronti di Caritas Internationalis».
D’altro canto non può passare inosservato che un altro gesuita, Juan Antonio Guerrero Alves, prefetto della Segreteria per l’economia, ha rinunciato all’incarico per «motivi personali» il 30 novembre, al suo posto è stato nominato il segretario dello stesso dicastero, il «dottor Maximino Caballero Ledo», ovvero un laico, esperto di gestione finanziaria, spagnolo di nascita e americano d’adozione.
E anche questa è una piccola rivoluzione per gli standard vaticani; un laico alla guida delle finanze d’Oltretevere, infatti, è un evento impensabile solo fino a pochi anni fa.
Il sinodo infinito
In questo contesto già non semplice, Bergoglio ha convocato una discussione senza precedenti all’interno del mondo cattolico indicendo un sinodo mondiale sul tema: «Per una chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione», aperto a tutte le realtà ecclesiali, ai laici, alle parrocchie, alle associazioni, ai movimenti per provare a portare l’intero corpo della chiesa cattolica a misurarsi con la modernità.
Francesco non ha voluto imporre cambiamenti dall’alto, ha cercato invece la strada di un riformismo più lento, laborioso e però maggiormente condiviso da tutte le componenti ecclesiali.
La fase conclusiva del sinodo avviato nel 2021 avverrà in due tempi: si svolgerà infatti a Roma nell’autunno del 2023 e in quello del 2024. Una dilatazione voluta dallo stesso Pontefice per favorire l’incontro e scongiurare spaccature gravi.
E tuttavia questo gigantesco sforzo per un dibattito interno fondato sulla comprensione reciproca, sta mettendo in luce, per ora, le divisioni di un mondo cattolico che sembra non più in grado di riconoscersi in una elaborazione teologica, pastorale e dottrinaria unitaria.
Il ruolo dei laici, l’ordinazione delle donne, il riconoscimento delle unioni fra persone dello stesso sesso, l’ordinazione di “viri probati”, ovvero di laici di provata fede e riconosciti dalle loro comunità per fronteggiare la carenza di preti in tante parti del mondo, sono alcuni dei temi che fanno discutere.
A spingere maggiormente per suscitare aperture su questi temi è la chiesa tedesca promotrice di un cammino sinodale che preoccupa molto Roma, tanto che nella recente visita dei vescovi tedeschi “ad limina” in Vaticano, il cardinale canadese Marc Ouellet, prefetto del Dicastero per i vescovi, ha chiesto una «moratoria» per il sinodo in corso in Germania, ricevendo però in risposta un netto rifiuto dai suoi confratelli tedeschi.
Sia pure con toni meno stringenti, le stesse tematiche sono state portate a Roma dai vescovi del Belgio nei giorni scorsi. Non solo: con un approccio più problematico, si tratta delle medesime questioni sollevate nei documenti di sintesi di diversi sinodi nazionali.
Il dramma degli abusi
Dietro questi nodi irrisolti che emergono in superficie, si nascondono però questioni strutturali. La concezione cattolica della sessualità, entrata in crisi da diverso tempo, si è incrociata con il grande “moloch” dello scandalo degli abusi sessuali che, da oltre vent’anni, come un ciclone ha investito la chiesa.
Così in Germania, ma anche in Australia per esempio, la spinta verso la riforma su celibato obbligatorio e ruolo dei laici, ha amplificato la richiesta di una declericalizzazione dell’istituzione, giudicata fin troppo chiusa in sé stessa a difesa dei suoi membri anche rispetto alla vicenda degli abusi sui minori.
Al contrario, negli Usa, l’episcopato è rimasto nel suo insieme su posizioni fortemente conservatrici e di opposizione rispetto al pontificato bergogliano, non solo e non tanto per le posizioni assunte dal papa – che rimane per esempio fortemente contrario al sacerdozio femminile – ma per la stessa idea di chiesa proposta da Francesco, aperta al dialogo, disposta a mettere in discussione le proprie granitiche certezze, pronta ad accogliere tutti e soprattutto, non va dimenticato, schierata in primo luogo dalla parte dei poveri e degli esclusi.
Per questo non viene gradita dal fronte conservatore dei vescovi degli Stati Uniti, che da poco hanno eletto come loro presidente addirittura l’ordinario militare, l’arcivescovo Timothy Broglio, la posizione del pontefice sull’aborto;
Bergoglio, infatti, esprime un giudizio nettamente negativo e in linea col magistero sull’interruzione di gravidanza, ma chiede al contempo ai vescovi di non politicizzare la questione, cosa che una parte della chiesa americana ha fatto instancabilmente in questi anni.
È dunque in questa forbice, in questo rischio di doppio scisma fra riforma e neotradizionalismo, vero o solo minacciato, che la chiesa di Francesco è entrata in crisi, manifestando tutta la difficoltà a restare un corpo unico, mentre modelli di cristianesimo alternativi vengono alla luce e si sfidano.
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