Mentre nella Lega ci sono voci dissonanti che provano a portare idee nuove, come fa ad esempio Luca Zaia, c’è invece chi è perennemente fedele alla linea di Salvini. Così fa Fugatti in Trentino, che se la prende con orsi e lupi con lo stesso bagaglio retorico di quando i leghisti se la prendevano con i migranti
Alla Zanzara del 27 luglio, Giuseppe Cruciani ha parlato di lui definendolo il «mitologico presidente del Trentino» e spiegando che i lupi «vanno fatti fuori dall'uomo che è superiore certamente nelle decisioni agli animali». La visione è prettamente antropocentrica, da fine Ottocento.
Gli animali buoni sono quelli che servono agli esseri umani, meglio se finiscono in padella, il resto è roba da rimettere a posto, da gestire a colpi di fucile o infilare nei centri faunistici e gli zoo.
Una visione che rispecchia quella trasmessa al grande pubblico dal presidente Maurizio Fugatti, che dopo essersela presa con gli orsi ora ha ordinato anche l’abbattimento di due lupi, per la prima volta in Italia.
Fugatti punta a essere rieletto (in Trentino si voterà il prossimo 22 ottobre) e, con ogni probabilità, aspira proprio ad essere questo: “il mitologico presidente del Trentino” mentre si rifugia negli slogan, vive di contrapposizioni e ha una narrazione centrata sempre e comunque sulla logica del “nemico”, del “diverso da me”, del bianco e del nero.
Retorica salvinista
La narrazione è quella tipica alla base della politica leghista. Si è sublimata negli anni del salvinismo spinto, portando il Capitano a sfondare il tetto del 34 per cento alle europee del 2018. In passato erano i ”teroni'', poi sono diventati “gli immigrati”. Ma le sfumature del noi-loro si declinavano all'infinito e Fugatti ha imparato dal suo maestro.
Travolto dalla tragedia della morte di Andrea Papi, ucciso dall'orsa Jj4 nei boschi sopra Caldes, a Fugatti non è rimasto altro da fare che aggrapparsi a quella narrazione: ne è nato il «voi cittadini» e il «noi gente di montagna», il «quelli che parlano dal divano» e il «quelli che vivono nei boschi».
Ha spaccato la società all'interno e ha creato una contrapposizione agli occhi del paese tra i trentini e gli altri (cosa ovviamente lontana dalla realtà). Nelle trasmissioni televisive nazionali si è affidato alla stessa retorica («noi siamo quelli che quando c'è bisogno vanno a salvare gli altri», mettendo in mezzo la macchina della protezione civile trentina), rispolverando quel “prima i trentini” che un tempo veniva usato proprio in contrapposizione agli immigrati e agli stranieri e adesso viene usato per segnare il solco con lupi e orsi, in prima battuta, e con animalisti e ambientalisti in seconda.
Noi contro loro
Per farlo è caduto anche in qualche fake news: ha ripetuto la bufala che per Life Ursus, il progetto che ha riportato l’orso in Trentino, il numero massimo di orsi previsto dovesse essere di 40-50 esemplari (così da giustificare l'eliminazione di 70 esemplari), mentre in ogni dove è scritto che quello era il numero minimo per garantire la sopravvivenza della specie.
“Il mitologico presidente” conserva un che di reazionario e resta una figura simbolo della Lega più tradizionale e del salvinismo da battaglia. Sotto la sua legislatura si è arrivati a un passo dall'avere un ddl anti gender nelle scuole (bloccato dalle opposizioni e dalla società civile) con il suo assessore all'Istruzione, Mirko Bisesti, seduto al tavolo con Pro Vita e Famiglia Onlus per presentarlo, mentre alla conferenza stampa veniva diffuso un manuale su come scovare il fantomatico “gender” tra le aule.
In cinque anni di governo, sul piano comunicativo ha puntato su piogge di selfie, una pagina Facebook sempre aggiornata, tra lui che va in bici (elettrica) e cuoce hamburger al punto ristoro al Giro d'Italia e poi visita le zone alluvionate dell'Emilia-Romagna. In questi giorni pubblicizza un libro che è una sorta di autobiografia, La mia storia con sottotitolo “Gente e terra trentina. Cinque anni speciali alla guida della Provincia”. Un testo che è tutto un programma, il programma di un ”mitologico presidente”.
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