Il Movimento italiano genitori ha presentato un nuovo esposto al Garante per la privacy, per ottenere maggiori verifiche dei contenuti a cui sono esposti gli utenti sotto i 13 anni che usano i social. Per l’associazione è anche necessario tutelare i dati dei giovani, utilizzati per fini economici.
Il Movimento italiano genitori (Moige) ha presentato un esposto al Garante per la privacy e chiesto maggiori verifiche e tutele per gli utenti sotto i 13 anni che utilizzano i social network. L’abitudine di passare ore sui social – per moda, noia o come strumento di socializzazione – è ormai radicata tra giovani e giovanissimi.
In Italia l’età minima per iscriversi a un social network è di 14 anni, come previsto dall’articolo 2-quinquies del decreto legislativo 101 del 2018, estesa ai 13 anni purché si abbia il consenso dei genitori. Sulle piattaforme online di fatto sono però numerosi gli utenti ancora più piccoli, che secondo il Moige rischiano di incontrare contenuti non appropriati per la loro età.
Una lunga battaglia
Il Moige porta avanti da anni questa campagna per la tutela dei dati e della privacy dei più giovani. Ora chiede al Garante per la Privacy di impedire che i minori possano accedere attraverso i social a contenuti violenti, inappropriati e pornografici. A questa richiesta si aggiunge il divieto per le piattaforme online di sfruttare per fini economici i dati degli utenti che non abbiano compiuto 18 anni.
Ai minorenni che vogliano registrarsi sulle varie piattaforme social, viene infatti attualmente richiesto di sottoscrivere un contratto con cui acconsentono al trattamento dei dati personali, sebbene la legge non li riconosca ancora come soggetti capaci di disporre dei propri diritti e interessi.
Nell’esposto l’associazione sottolinea che ai social è invece permesso lo sfruttamento di dati di un utente con meno di 18 anni, che è comunque «esposto al rischio di esibizione di immagini, con intrusione abusiva e violenta, perché imposta nella sfera visiva, conoscitiva, psichica al soggetto che non ha alcuna possibilità di discernimento, quindi di analisi, valutazione e scelta, rispetto ai messaggi veicolati dai social».
Secondo il Moige, inoltre, il minore non è in grado di difendersi autonomamente e pertanto spetta alla collettività diffondere contenuti appropriati che non turbino il «buon costume».
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