L’accordo, giurano ai vertici del Pd, c’è. Ed è che alla riunione del Consiglio dei ministri di domenica sarà varato il decreto «sicurezza» che sostituisce buona parte delle norme che avevano dato un giro di vite all’accoglienza dei naufraghi e dei richiedenti asilo contenute nel primo e nel secondo Decreto Salvini e approvate dal governo Conte Primo. E’ un anno che queste norme aspettano di essere varate. Ma a ieri l’ordine del giorno di Palazzo Chigi non dice nulla di buono sul tema. Domenica si discuterà solo del Nadef, la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza. Slitta dunque ancora in avanti il varo delle nuove norme sull’accoglienza e sul diritto di asilo. Niente di strano, viene giurato.

Eppure per la maggioranza è ormai un chiaro indizio che qualcosa sta andando storto. E cioè che c’è un ennesimo nuovo inciampo sulla strada del nuovo decreto. E un altro indizio è l’insistenza sul tema di Nicola Zingaretti, segretario Pd, ieri pomeriggio, dalla piazza in cui tiene gli ultimi comizi elettorali per i ballottaggi proprio di domenica. «C'è un insieme di provvedimenti che penso sia maturo per essere approvato. I decreti Salvini, con la sicurezza degli italiani non c'entravano nulla, anzi erano i decreti paura. Abbiamo discusso per mesi, la ministra Lamorgese ha detto da settimane che l'accordo è pronto, io trovo naturale rispettare questo punto. Sono convinto che nei prossimi giorni, nelle prossime ore questo avverrà» , dice da Voghera dov’è andato a dare manforte al candidato sindaco dem Nicola Affronti.

L’intesa sul testo era stata trovata alla fine dello scorso luglio quando era stato siglata l’accordo sul nuovo testo destinato a sostituire i decreti salviniani. Davanti alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese c’erano tutti i rappresentanti della maggioranza, compreso il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia del M5S. Quel testo prevede l’allargamento della possibilità per i migranti di accedere alla protezione umanitaria, la revisione del sistema di accoglienza Siproimi - per i titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati -, la possibilità di iscriversi all’anagrafe comunale (dopo la disobbedienza di alcuni sindaci e la bocciatura parziale della Corte costituzionale) e un alleggerimento parziale delle multe milionarie alle Ong, elemento sul quale erano arrivati anche i rilievo del Quirinale. Poi però il Covid aveva rimandato il varo a settembre, poi le elezioni amministrative avevano consigliato la maggioranza a non regalare occasioni di propaganda a Matteo Salvini, e infine la data era slittata almeno a dopo sabato 3 ottobre, e cioè dopo l’udienza preliminare che vede il leader della Lega rischiare di andare a processo a Catania per sequestro di persona per la vicenda della nave Gregoretti. Per quella data Salvini prepara un comizio, e c’è da giurare che non ha bisogno del sì al nuovo decreto per attaccare il governo giallorosso.

L’approvazione del testo da parte del governo «è questione di ore» dice dunque Zingaretti. Ma sembra più una speranza che una certezza. Perché il Movimento Cinque stelle ieri avrebbe riaperto i giochi. La bozza va ridiscussa, è la parola d’ordine che circola fra parlamentari, alcuni dei quali chiedono una stretta sulla reintroduzione della protezione umanitaria tra le motivazioni della concessione dei permessi di soggiorno. Agli spifferi pentastellati rispondono quelli dem: «L’accordo è stato sottoscritto da tutta la maggioranza a luglio». Zingaretti, come sempre, non vuole drammatizzare. Spiega di avere con tutti buoni rapporti, che vanno addirittura sempre meglio: «E’ vero che percepisco sia con Renzi che con Speranza che con Crimi un'evoluzione positiva dei rapporti». Viene ventilato persino l’asse con il ministro Luigi Di Maio. Se fosse, non sarebbe poi così di ferro. Proprio Di Maio domenica scorsa alla trasmissione «Che tempo che fa» aveva detto una frase poco rassicurante: «C’è una discussione politica in corso su una modifica, dialogando troveremo una soluzione». Una «discussione in corso», non un accordo firmato. E così ieri nei vertici del Pd è scattato l’allarme. Uno stop, giurano, sarebbe «inaccettabile».

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