- Gli agricoltori hanno afferrato secchi rossi e hanno lavorato instancabilmente per tirare le fragole fuori dalla melma. Una cassa è stata donata alle persone sfollate in un centro di accoglienza.
- Nell’immaginario culturale, le fragole portano con sé il senso della primavera, della gioventù, del rifugio in uno stato mentale, il luogo dell’infanzia: da Ingmar Bergman ai Beatles.
- Per Joseph Roth, Fragole doveva essere l’opera con cui raccontare la sua infanzia. La marmellata di fragole era la preferita di Philip Roth e di James Bond.
Secchi di plastica, rossi, come le fragole. Li hanno afferrati e in un gesto istintivo di salvezza si sono messi a togliere l’acqua dai canali che separano le baulettature, le piccole montagne di terra su cui crescono le piantine, perché le fragole erano ancora lì. Le fragole avevano resistito all’alluvione.
Secchi rossi e fragole rosse in mezzo al fango marrone, alla pioggia che continua a scendere dal cielo, all’acqua sporca che invade la terra, che si fa pantano a Conselice, che distrugge quel che c’è, quel che sarà.
Il salvataggio
Non le fragole, rimaste al loro posto – ideale, fisico, emotivo – in mezzo all’alluvione. Siamo a Russi, un paese di campagna a 17 chilometri da Ravenna, la zona più colpita, nel podere Ortinsieme, che è anche una piccola comunità agricola sociale gestita dalla cooperativa Il Mulino. Qui sono corsi a salvare dal fango il frutto che libri, cinema e canzoni hanno raccontato come uno stato mentale, il simbolo del rifugio nella memoria, il posto del cuore.
Joseph Roth giudicava Fragole (Adelphi) il romanzo della sua infanzia. «Non si nascondevano modeste - scrive - come fanno di solito per natura. Si paravano davanti ai cercatori. Tremolavano su gambi esili ma forti. Erano carnose e se venivano su così basse non era per umiltà, ma orgoglio. Bisognava chinarsi per raggiungerle».
E così, a Russi in tanti si sono chinati per raccoglierle, muovendo le mani con gesti rapidi e sicuri, che chi lavora in campagna sa che il tempo è prezioso. Come hanno fatto, viene da chiedersi, così piccole e delicate, a resistere alla pioggia battente che si è portata via le coltivazioni?
Alberto Prati, responsabile del progetto Ortinsieme, spiega che è stata una felice connessione di natura e cultura. Quando accade, crea bellezza: «Si sono salvate perché sotto il tunnel veronese, che è come una piccola serra, sono state protette dagli scrosci. Erano nella zona più alta del campo, quella meno inzuppata, in una fila singola, con meno densità. Le proteggiamo con la pacciamatura, un telo con dei buchi per le piantine. Quando le abbiamo viste siamo corsi a toglier l’acqua a secchiate. Un gesto istintivo, che forse non è servito a nulla ma che in quel momento sentivamo di dover fare».
E poi che succede? «Dovevamo raccoglierle subito perché l’acqua, l’umidità e il caldo le avrebbe fatte marcire. Le prime le abbiamo messe in una cassa e portate alle persone sfollate, nella scuola elementare del paese, trasformata in un centro di prima accoglienza».
Marmellate e romanzi
Ieri i Beatles, oggi Achille Lauro e altre musiciste e musicisti contemporanei che si ispirano alla fragola e ai suoi mille significati – ricordo infantile, luogo ideale, simbolo di sensualità e desiderio – per scrivere le loro canzoni, facendole entrare nell’immaginario collettivo, piccole e rosse protagoniste della cultura pop.
Si dice che la marmellata preferita di Philip Roth fosse appunto di fragole, la “Little Scarlet Strawberry” prodotta dalla britannica Wilkin&Son, più fragoline che fragole, ma sempre della stessa rossa famiglia.
Viene citata anche nel magnifico romanzo Il Teatro di Sabbath – il New Yorker ne scrive a due mesi dalla morte dello scrittore, dedicando un intero pezzo proprio alla passione per la marmellata. Pare fosse la preferita anche dell’agente segreto per eccellenza: James Bond, citata nel romanzo di Fleming 007, dalla Russia con amore.
La solidarietà
Quando Alberto Prati e tutte le persone che lavorano nel podere di Russi guardano i telegiornali, scorgono le immagini della ricognizione aerea nelle zone, ed è come osservare un enorme lago con tetti di case che spuntano come scogli desolati. Prati al telefono ha una voce gentile, priva di ansia, nessun lamento o recriminazione, ed è chiaro da subito che ha accettato da tempo l’imprevedibilità della natura.
«Da venerdì abbiamo raccolto tutti i giorni e sono arrivate tante richieste di acquisto per sostenerci, porteremo trenta chili di fragole a un’azienda che ha accolto il nostro appello e siamo riusciti ad andare a vendere al mercato di Ravenna».
E adesso che succede, chiedo, che ne sarà dei campi? «Ora che ha scolato, la situazione sta migliorando. Siamo riusciti a salvare anche piselli, fave e insalata che subito sembravano perduti. Il vero problema è tutto ciò che dovrà nascere, su quello c’è un grande punto interrogativo».
Quali possono essere le conseguenze? «Le culture soffrono per la permanenza in acqua ma non c’è modo di prevedere i danni, possiamo solo provare ad aiutarle e aspettare per vedere cosa succederà».
Natura e cultura
Alberto Prati sorride quando gli dico che ho visto il video sulla loro pagina Facebook, dove c’è un uomo che in mezzo al fango toglie secchiate di acqua vicino alle fragole. Mi dice che non sa se è davvero stato utile ma che di sicuro li ha fatti conoscere: «Siamo famosi», scherza.
Ora però non servono video ma tanto lavoro quotidiano, serve ritrovare un equilibro tra natura e cultura per ricostruire e salvare il più possibile dei campi, non perdere tutta la stagionalità. Fare un po’ come le fragole, che aggrappate alle loro piante sono rimaste in attesa, resistendo, alla pioggia e al fango, come una speranza di futuro.
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