Ora il testo passa alla Camera per l’esame definitivo. Il ddl prevede anche modifiche al reato di traffico di influenze illecite e la stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni a tutela dei terzi non indagati
Dopo una settimana d’aula, il Senato ha approvato con 104 sì il cosiddetto ddl Nordio, che contiene l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, le modifiche al traffico di influenze illecite, la stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni a tutela dei terzi non coinvolti nelle indagini e sulla custodia cautelare, e limiti alla possibilità per i pm di ricorrere in appello in caso di sentenza di assoluzione.
Ora il testo passa alla Camera per l’esame in commissione e poi il via libera definitivo.
GLI EFFETTI
La tesi del ministro per giustificare la cancellazione dell’abuso d’ufficio, che è anche l’aspetto più controverso del ddl, è che il reato fosse troppo indefinito e che provocasse la cosiddetta paura della firma negli amministratori, intimoriti dagli effetti mediatici di indagini che poi difficilmente producono effetti penali viste le poche condanne. Concretamente, tuttavia, l’abrogazione del reato manderà al macero circa 3.200 procedimenti, secondo i calcoli degli uffici ministeriali.
L’altra norma considerata inapplicabile dalla magistratura, riguarda la previsione che a decidere sulla custodia cautelare in carcere non sia più un solo giudice ma un collegio di tre giudici. Questa previsione rischia di mandare in tilt gli uffici giudiziari e soprattutto i più piccoli: attualmente, infatti, le toghe sono sotto organico di circa il 15 per cento e creare collegi così ampi nella fase delle indagini preliminari provocherà problemi di incompatibilità e dunque difficoltà a individuare i giudici del procedimento.
Se questa è la riforma che desta più preoccupazione a livello procedurale, a livello politico ha avuto grossa eco anche quella che riguarda la pubblicabilità delle intercettazioni. Il ddl Nordio, infatti, pone il divieto di pubblicazione anche parziale di intercettazioni se il contenuto «non è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento», ma soprattutto il pm deve vigilare perché non siano presenti trascrizioni di intercettazioni relative a soggetti terzi, di cui comunque va tutelata la privacy. Questo divieto di trascrizione è a garanzia dei non indagati, ma pone sulla polizia giudiziaria la responsabilità di stabilire cosa sia rilevante o meno e che potrebbe anche rischiare di ledere i diritti degli imputati.
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