- Il trattato crea le infrastrutture giuridiche per rafforzare una collaborazione che nei fatti esiste già in molti ambiti.
- Il patto tocca quasi tutti gli aspetti della vita dei due paesi, dalla difesa, all’economia fino alla collaborazione culturale. Ma in che termini questo quadro sarà poi riempito (o meno) dai governi è da vedere.
- La prima prova degli effetti del trattato è l’impegno sulla riforma del patto di stabilità europeo, in programma già l’anno prossimo: secondo le parole dei due leader, i paesi saranno alleati contro il fronte dell’austerità.
Ieri mattina è stato firmato il trattato del Quirinale. Dopo foto e acrobazie delle frecce tricolori, affiancate dagli omologhi aerei francesi, Emmanuel Macron e Mario Draghi si sono confrontati con la stampa, rispondendo finalmente ai dubbi su un testo filtrato soltanto nella giornata della firma.
Il trattato crea le infrastrutture giuridiche per rafforzare una collaborazione che nei fatti esiste già in molti ambiti. Il patto tocca quasi tutti gli aspetti della vita dei due paesi, dalla difesa, all’economia fino alla collaborazione culturale. Ma in che termini questo quadro sarà poi riempito (o meno) dai governi è da vedere.
La prima prova degli effetti del trattato è l’impegno sulla riforma del patto di stabilità europeo, in programma già l’anno prossimo: secondo le parole dei due leader, i paesi saranno alleati contro il fronte dell’austerità.
Il patto di stabilità e le regole europee di bilancio «in vigore prima della pandemia avevano già dimostrato la loro insufficienza, da quando è cominciata la crisi finanziaria aggravavano il problema. Oggi la revisione è inevitabile», ha detto Draghi. «Le nuove regole devono riflettere un passato che bisogna correggere e un futuro da disegnare. Tutto questo va fatto con l’Ue ma è importante che i paesi si dotino di strumenti più forti e in questo modo Italia a Francia pensano di procedere».
Il testo ribadisce che la collaborazione italo-francese deve svolgersi nella cornice europea. Agli affari europei è dedicato un intero capitolo del trattato: sono previsti coordinamenti della linea politica e strategie comuni con un accordo sulla preferenza per il «sistema della maggioranza qualificata per l’assunzione di decisioni nel Consiglio europeo». Per i detrattori dell’accordo la disposizione dà alla Francia un peso eccessivo nell’ambito delle decisioni dell’Unione, ma in realtà la maggioranza qualificata non è l’unico sistema di voto del Consiglio, quindi non è detto che venga applicato quel metodo. La Francia è comunque già avvantaggiata, perché il sistema premia i paesi più popolosi. E dai tempi del trattato di Nizza (entrato in vigore nel 2003) la popolazione francese è cresciuta, mentre quella italiana si è fermata, questione di curve demografiche strutturalmente divergenti.
Il trattato promette anche una cooperazione più stretta sull’immigrazione: Macron in conferenza stampa ha parlato di «umanesimo con le regole». «Dobbiamo conservare l’accoglienza che va coi valori dell’Europa: accogliere e proteggere chi arriva secondo le regole e riportare nei propri paesi chi non ha diritto di restare», anche stringendo accordi coi paesi d’origine.
Alleanza industriale
Un capitolo controverso riguarda la collaborazione sulla difesa. Toccato anche da Draghi durante la conferenza stampa, l’articolo apre la strada allo sviluppo di un settore comune. «L’Europa deve sapersi proteggere, difendere i propri confini, occorre creare una vera difesa europea. Questo trattato aiuta la costruzione della difesa europea che è complementare alla Nato», ha detto. La cooperazione coinvolgerà anche l’intelligence, nei limiti in cui lo permetteranno i governi di turno.
Le buone intenzioni su questo punto nascono dal passato aspramente litigioso sulla questione della Libia. Anche la collaborazione economica, soprattutto nel settore della difesa, può appoggiarsi da oggi su una nuova struttura giuridica: il rischio paventato dai sovranisti di consegnare il know-how italiano alle industrie francesi appare poco verosimile nell’ambito di un rapporto con un paese con cui l’Italia già collabora, per esempio nella produzione di fregate, e la cui industria della difesa lavora già con gli alleati anglo-americani.
Nel testo si parla molto della cooperazione nell’ambito dello spazio. Esistono già esperienze industriali condivise come la joint venture di Thales e Leonardo Thales Alenia Space. Il testo permetterà una più stretta collaborazione con l’Agenzia spaziale europea (Esa), che ha sede a Parigi, e una maggiore disponibilità dei lanciatori istituzionali Ariane e Vega sfruttando la base europea di lancio Kourou, nella Guyana francese: un allineamento delle eccellenze dei due paesi nell’ambito della tecnologia spaziale, settore su cui in Europa si stanno concentrando sempre più attenzioni.
Resta il dubbio su come l’accordo si ripercuoterà sull’Europa post Merkel. «Ho troppo rispetto e amicizia per lei» si è limitato a dire Macron, nel tentativo è quello di stemperare le implicazioni che l’accordo comporta.
«In Francia si dice che quando le cose vanno male con la Germania, si guarda all’Italia. Ma non funziona così: l’Europa si costruisce in 27, non bisogna cercare nelle diverse alleanze i sostituti di uno o dell’altro», ha continuato, spiegando che sono rapporti che «si completano e si rafforzano».
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