A tre giorni dalle elezioni regionali in Calabria, Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace che ha fatto dell’accoglienza ai migranti la sua battaglia ed è oggi candidato con Luigi de Magistris, è stato condannato a tredici anni e due mesi di reclusione dai giudici del tribunale di Locri: «Hanno ribaltato la realtà, oggi sono morto dentro» ha detto sùbito dopo. E ha aggiunto: «Una condanna così forse nemmeno a un mafioso». Lucano è considerato colpevole di illeciti in relazione ai progetti di accoglienza agli immigrati, crimini che hanno portato il tribunale, presieduto da Fulvio Accurso, a raddoppiare la pena chiesta dal pubblico ministero, 7 anni e 11 mesi di carcere.

L’accoglienza

Il processo è scaturito dall’indagine “Xenia”, che in greco significa ospitalità. Lucano era accusato di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica per presunti illeciti nella gestione del sistema di accoglienza che invece era divenuto famoso apposta: «il modello Riace». All’epoca dei fatti contestati ricopriva la carica di sindaco, era stato posto agli arresti domiciliari il 2 ottobre 2018, poi revocati e sostituiti dal divieto di dimora a Riace, revocato anche questo. Coinvolte nell’inchiesta altre 27 persone. Tra loro anche la compagna di Lucano, Lemlem Tesfahun, condannata alla pena di 4 anni e 10 mesi di reclusione per i presunti illeciti legati alla gestione dei migranti. Il Pm aveva chiesto 4 anni e 4 mesi.

La sentenza

Per i giudici, che hanno accolto l’impianto accusatorio, Lucano sarebbe stato a capo di una associazione a delinquere che lucrava sull’accoglienza e la vita dei migranti, avrebbe commesso irregolarità nell’affidamento del trasporto dei rifiuti a due cooperative e, tra le altre cose, avrebbe rilasciato pure false certificazioni Siae per i concerti estivi. Il pubblico ministero di Locri, Michele Permunian, nel corso della sua requisitoria aveva affermato che «era lui il dominus assoluto, la vera finalità dei progetti di accoglienza a Riace era creare determinati sistemi clientelari». Il procuratore, Luigi D’Alessio, a sera ha detto di non essere soddisfatto per la pena inflitta: «Noi ci eravamo tenuti sui minimi di legge possibili».

Nel 2016, raccontano le cronache, l’impegno di Lucano aveva «trasformato il borgo di Riace», rivitalizzando il paese che, come accade a tanti del sud, si stava svuotando. La rivista americana Fortune lo aveva inserito nella classifica dei 50 personaggi più potenti nel mondo e la Rai avevo deciso di dedicargli una fiction. Nulla di tutto questo è stato smentito dalle inchieste. Ieri la galassia delle ong per l’accoglienza – da Emergency a Mediterranea – ha preso le sue parti.

Lucano era presente in aula alla lettura del dispositivo: un uomo provato. I suoi legali, l’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e Andrea Daqua, hanno detto che è stata una sentenza che «contrasta totalmente con le evidenze processuali». De Magistris lo difende: «Avrà pure commesso delle irregolarità e illegittimità, ma sono convinto che alla fine del suo calvario verrà assolto perché ha agito per il bene e mai per il male».

La reazione di Salvini

Il leader della Lega, Matteo Salvini, è partito all’attacco. Non ha perso l’occasione per mettere strumentalmente in relazione il caso con l’indagine sul suo ex responsabile dei social Luca Morisi, indagato per cessione di droga e coinvolto in presunte relazioni con escort: «Altro che dare la caccia agli omosessuali nella Lega, la sinistra in Calabria candida condannati a 13 anni di carcere!».

Tre anni fa, mentre era ministro dell’Interno, non si era fatto scrupolo di usare un video di accusa contro Lucano pubblicato da Pietro Zucco, quest’ultimo arrestato come prestanome del clan Ruga Metastasio e poi condannato nel 2015 dalla Cassazione. Alla fine aveva dovuto scusarsi.

Per Loredana De Petris (LeU) è «una sentenza politica». Il segretario del Pd Enrico Letta con un tweet ha dimostrato «vicinanza e solidarietà» per poi aggiungere che il caso «rischia di aumentare la sfiducia nella magistratura».

I ministri leghisti gli hanno chiesto invece di fare un passo indietro. L’ex sindaco non molla la campagna elettorale e venerdì 1 ottobre sarà a Riace per l’evento di chiusura. Ci sarà anche de Magistris. La sua lista ha chiesto mobilitazioni di solidarietà in tutta Italia. La legge Severino prevede l’ineleggibilità per i condannati, ma non preclude la possibilità di restare in corsa, e i voti andranno al candidato presidente. In piazza anche il prete missionario Alex Zanotelli: «La sentenza grida vendetta al cospetto di Dio».

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