Marcello Minenna, il direttore dell’Agenzia dei monopoli e delle dogane, è indagato dalla procura di Roma.

Dopo le inchieste di Domani e gli esposti di alcuni ex dipendenti, l’economista grillino è stato iscritto nel registro delle notizie di reato. L’ipotesi ad ora è quella di abuso d’ufficio, ma non è detto che le investigazioni obblighino ad aprire altri filoni d’inchiesta.

I magistrati che stanno investigando su alcuni licenziamenti e su presunti sprechi sono i sostituti Claudia Terracina e Gennaro Varone, membri del pool anticorruzione e reati contro la pubblica amministrazione. Minenna non è stato ancora sentito ufficialmente, ma dal suo entourage sono certi che le accuse rivoltegli dai suoi vecchi dirigenti siano false, e che la gestione degli allontanamenti, così come quella dei denari dell’ente, sia corretta ed adeguata.

«L’unica sua colpa è quella di aver lavorato bene, e provato a riportare in auge i Monopoli, un organismo che per molti di noi dovrebbe essere parificato alle altre forze di polizia», spiega chi lavora con lui da quando, nel gennaio 2020, il premier Giuseppe Conte, su consiglio di Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Carla Ruocco, lo nominò numero uno dell’agenzia che gestisce le dogane e controlla giochi e tabacchi.

Le indagini

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Vedremo se la procura di Roma archivierà subito le accuse o se, invece, la posizione di Minenna peggiorerà.

Di certo le denunce lanciate dall’ex vicedirettore Alessandro Canali, un avvocato grillino un tempo vicinissimo al direttore dei Monopoli, e dell’ex finanziere Roberto Fanelli riguardano decisioni che fossero confermate sarebbero assai discutibili, per non parlare di presunti maxisprechi di risorse.

Canali, in primis, ha accusato Minenna di averlo cacciato perché, il giorno prima del licenziamento, avrebbe chiesto contezza su presunte irregolarità nella gestione amministrativa di Patrizia Bosco, una dipendente che secondo il legale ha con Minenna «una relazione sentimentale».

Canali oltre l’esposto in procura ha fatto ricorso al tribunale del lavoro: l’economista che scrive sul sole 24 Ore – almeno nelle controdeduzioni dei suoi avvocati mandate ai giudici, che mentre scriviamo non si sono ancora espressi – non ha negato la circostanza.

Anche a Domani Minenna finora non ha mai voluto rispondere in merito alle frequentazioni con Bosco. I rapporti tra i due sono certamente molto stretti: Canali ha anche depositato in procura le foto private inviategli dai due ex amici quando erano in vacanza insieme, e ha pure messo sulle chat grilline alcuni messaggi inviati dallo stesso Minenna.

Il 27 maggio 2021, mentre l’allora braccio destro provava a organizzare una cena con alcuni amici grillini, Minenna sembra tentennare. «Ale, chi siamo stasera?», chiede. Canali: «A Marcè se desse una calmata la Bosco...mo non potemo manco fa ’na cena tra amici? Ma che te sei sposato?». Risposta: «Così era infatti, fatto e risolto. Ma lei vuole che io sia lontano dai Cinque stelle. Questo è il punto».

Fanelli, alto dirigente dei Monopoli da poco andato in pensione, ha invece accusato il direttore delle Dogane di aver girato 152mila euro con un affidamento diretto al geometra Giorgio Paciucci. Che, ha scoperto poi Domani, in passato è partito in vacanza in compagnia proprio di Minenna e Canali. Destinazione Messico.

Di recente, il geometra ha seguito i lavori di ristrutturazione della casa privata del direttore. Si tratta quantomeno di un conflitto di interesse macroscopico. «Marcello Minenna ha speso milioni tra divise, loghi in marmo sul pavimento, ha organizzato banchetti, usa una camera da letto realizzata nella sede di piazza Mastai», ha aggiunto Fanelli in una denuncia parallela inviata alla Corte dei conti qualche mese fa.

Terrazzi e antiquariato

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È già noto che automobili di grossa cilindrata sequestrate dai Monopoli siano poi finite non solo in uso a ministri del governo Draghi, ma pure ad amici dell’università di Minenna come Andrea Villotti, presidente dei una spa del Trentino che ha avuto in consegna dal direttore una Porsche Mecan.

Ora Domani ha scoperto come 13.600 euro siano stati spesi dall’agenzia in un negozio di antiquariato di Roma, Le arti di Lebran, che restaura quadri e vende pendole antiche e lampadari di pregio. Altri 336mila euro sono stati recentemente investiti per sostituire gli infissi della sede di Trastevere.

Lo scorso luglio sono pure partiti nuovi lavori per ottenere “l’agibilità” del terrazzo di copertura, mai usato in precedenza: una determina segnala infatti che è necessario provvedere non solo «all’integrale rifacimento del terrazzo», ma pure «al risanamento e pulizia accurata delle vetrate storico artistiche». Anche stavolta l’affidamento, da 149.270 euro, è diretto.

La storia più curiosa, segnalata anche nell’esposto di Fanelli, riguarda però il mega yacht Santa Rita, un Sunseek 61 Predator da 20 metri sequestrato dai pm di Bolzano nel 2019 e poi assegnato dal gip ai Monopoli per «l’assolvimento delle proprie finalità istituzionali», chiarisce Minenna in una documento inedito.

Il grillino ha ordinato nel 2020 ai suoi uomini di fare alcuni lavori sulla barca, investendo circa 200mila euro per installare sonar e altri apparecchiature per rintracciare i relitti dei migranti affondati nel canale di Sicilia e per «accertamenti di accise e monopoli». Secondo Minenna (che ha scritto una lunga lettera proprio in merito allo yacht al comandante generale della Guardia di finanza Giuseppe Zafarana e che fonti dei Monopoli hanno consegnato a chi vi scrive) «il recupero di dette imbarcazioni è stato sollecitato dai superiori vertici di governo, a valle di una interlocuzione che aveva coinvolto oltre al nostro ministero (quello dell’Economia guidato da Daniele Franco, ndr) quelli dell’Interno, dei Trasporti e della Transizione ecologica».

Ma come mai Minenna scrive al capo della Gdf lo scorso 22 settembre? Perché, dopo aver speso i denari per «ricondizionare» l’imbarcazione di lusso, lo scorso giugno il tribunale di Bolzano ha dissequestrato il natante per restituirlo al proprietario, una cittadina tedesca. A settembre, in un’inchiesta parallela della procura di Nocera inferiore, il Santa Rita è stato però ri-sequestrato, ma assegnato stavolta alla Guardia di finanza.

Minenna, nonostante la decisione dei pm, chiede a Zafarana di restituirgli lo yacht. Il rischio di danno erariale è infatti altissimo: «Caro Comandante, pare ora evidente che le caratteristiche tecniche dell’imbarcazione, per come ricondizionata dai Monopoli, la rendano perfettamente equipaggiata per le finalità istituzionali di questa agenzia e al contempo del tutto inadatta a un impiego per funzionamento di pattugliamento» sostiene l’economista grillino.

«La Guardia di finanza dispone, d’altronde, di una cospicua flotta navale a fronte di tale unico esemplare allestito dall’agenzia delle dogane. Confido pertanto in un tuo premuroso intervento affinché (la Gdf) rinunci all’assegnazione dell’imbarcazione, al fine di scongiurare l’oneroso smantellamento dell’attrezzatura installatavi dall’agenzia».

Non sappiamo se e cosa abbia risposto Zafarana, ma è sicuro che effettuare lavori costosi su beni ottenuti tramite provvedimenti di sequestro che per loro stessa natura sono “provvisori” (in quanto soggetti a ricorsi da parte del legittimo proprietario) è una decisione sempre arrischiata per le casse pubbliche.

La prudenza di Franco

La vicenda del “Santa Rita” appare metaforica della gestione dell’agenzia da parte di Minenna, che prima di arrivare nell’ente di piazza Mastai ambiva a diventare presidente della Consob o – dice qualche dirigente dei Cinque stelle – persino ministro. I suoi rapporti con la politica restano ottimi, i suoi agganci spaziano dalla destra alla sinistra, da Massimo D’Alema a Conte, da Goffredo Bettini a (almeno fino a poco tempo fa) uomini della cerchia di Giancarlo Giorgetti, che però non lo vede più di buon occhio.

Una ragnatela di relazioni che forse ha frenato il ministro Franco dal prendere contromisure proprie di chi deve vigilare enti incardinati in via XX settembre. Anche qualche giorno fa, quando al Mef è arrivato un esposto del Codacons che chiedeva al ministero di fare luce sui viaggi di Minenna con la Bosco e sui motivi del licenziamento di Canali, la responsabile della prevenzione della corruzione di Franco ha preferito lavarsene le mani: in una mail inviata ai Monopoli e all’ufficio legale dell’associazione dei consumatori dice che «stante l’autonomia di cui l’agenzia è dotata, si trasmette l’unita corrispondenza per le valutazioni e gli eventuali seguiti di competenza».

Insomma, sarà Minenna a dover rispondere delle presunte negligenze. Chissà se ora dopo la mossa di piazzale Clodio, il Mef e palazzo Chigi accenderanno un faro sui presunti scandali di un ente statale gigantesco e cruciale, che gestisce un flusso di cassa di quasi un miliardo di euro e dove lavorano oltre 10mila tra dipendenti e funzionari. 

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