Il sindaco contro la commissione del Viminale che dovrà verificare eventuali infiltrazioni mafiose. Una procedura, avviata in piena campagna elettorale, che può portare anche allo scioglimento del consiglio comunale e al commissariamento, «Il centrodestra sembra Savastano in Gomorra»
«Un atto di legittima difesa». Così il sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha introdotto la conferenza stampa convocata per rispondere a quello che considera «un atto di guerra» del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e del governo di Giorgia Meloni. A far scoppiare il caso politico è stata la nomina di una commissione di accesso che ha l’obiettivo di verificare l’ipotesi di scioglimento del comune, in seguito all’inchiesta della Dda di Bari che a portato a oltre 130 arresti in città a fine febbraio. Decaro non ci sta. Anche perché le tempistiche appaiono quantomeno sospette. La commissione è stata nominata sì dopo la fine dell’inchiesta, ma a pochi mesi dalle elezioni comunali che si svolgeranno in contemporanea con quelle europee dove Decaro dovrebbe essere uno dei nomi di punta schierati dal Pd nella circoscrizione Sud.
Il sindaco non lascia spazio a interpretazioni su quali siano, secondo lui, i motivi dietro la mossa del governo: «Sono preoccupato per la mia città. Vedo dichiarazioni del centrodestra da giorni. Ogni giorno comunicati dei partiti regionali e nazionali. Non mi meraviglio più di niente. Come Savastano in Gomorra alcuni di loro hanno scritto andiamo a riprenderci la città. Ma la città è dei baresi, non è di nessuno, cosa volete riprendervi».
Poi, tra prima di lasciare la sala tra le lacrime, aggiunge: «Bari è soprattutto una città che resiste alla criminalità organizzata, che non si gira dall’altro lato. È una città che tiene alta la testa con dignità. Dobbiamo essere orgogliosi dei baresi perbene che sono molti di più dei criminali».
Cosa è successo
Le tensioni politiche sono iniziate lo scorso 27 febbraio dopo la conclusione dell’inchiesta “Codice interno” della Dda di Bari che ha inferto un duro colpo al clan Palermiti-Parisi. Tra gli oltre cento arresti ci sono anche l’avvocato Giacomo Olivieri e sua moglie Maria Carmen Lorusso, consigliera di maggioranza ma eletta tra le file del centrodestra alle comunali del 2019. È accusata di voto di scambio. Nell’ottobre del 2022, era stata invece arrestata Francesca Ferri, un’altra consigliera comunale, sempre eletta nel centrodestra (lista Di Rella sindaco), ora a processo con il suo compagno Filippo Dentamaro e l’ex consigliere regionale (imprenditore e presidente del Foggia calcio) Nicola Canonico per presunto voto di scambio nella stessa tornata elettorale a Bari e nel vicino comune di Valenzano. L’inchiesta della Dda ha portato anche al commissariamento dell’Amtab, la società in house del comune, concessionaria del servizio di trasporto pubblico locale che, secondo gli inquirenti, sarebbe stata infiltrata dai clan criminali baresi che ne decidevano anche le assunzioni.
Per alcuni esponenti del centrodestra è stata l’occasione giusta per attaccare un sindaco che da oltre dieci anni governa la città e gode di un vasto consenso. Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri è stato il primo a chiedere lo scioglimento del comune per mafia. Secondo Decaro, dietro all’insediamento della commissione d’accesso, ci sono il deputato Mauro D’Attis, vicepresidente della commissione Antimafia, e il viceministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, «che insieme a un altro viceministro alla Salute (Marcello Gemmato, ndr) sono andati a chiedere di provare a sciogliere per mafia il consiglio comunale di Bari».
Cosa accade ora
La commissione di accesso, composta da tre funzionari, ha a disposizione 90 giorni di tempo per raccogliere tutte le carte disponibili e depositare le sue conclusioni. Saranno il prefetto territoriale e il Viminale a decidere, poi, se ci sono «concreti, univoci e rilevanti» elementi di collegamento o collusione tra amministratori locali ed esponenti criminali. In caso di scioglimento in città arriverà una squadra di commissari che governerà per 18 mesi.
È necessaria, però, una vasta mole di prove per dimostrare le infiltrazioni anche perché, come prevede la norma, il commissariamento interviene solo come extrema ratio. Nel 2015, dopo l’insediamento della commissione d’accesso a Roma in seguito all’inchiesta di “Mafia capitale”, l’allora ministro dell’Interno, Angelino Alfano, e il prefetto avevano deciso di non sciogliere il Campidoglio ma di commissariare solo il X municipio (quello di Ostia). Al prefetto dell’epoca, Franco Gabrielli, era stato poi affidato il compito di affiancare l’amministrazione comunale.
Intanto, il Viminale invierà degli ispettori alla prefettura di Bari in seguito al caso – emerso dagli atti della Dda sul gruppo mafioso Parisi – della funzionaria che si rivolse nel 2018 ad un indagato ritenuto vicino al clan, Gaetano Scolletta, per riavere l'auto che le era stata rubata. La vettura alla fine fu recuperata e la donna versò 700 euro per ottenerla.
Scontro politico
Qualcuno, maliziosamente, fa notare che la vicenda sta garantendo una certa visibilità a Decaro, che viene spesso indicato come possibile antagonista di Elly Schlein per la leadership del Pd (soprattutto se le europee non dovessero andare bene). I dem, a cominciare dalla leader, si schierano al fianco del sindaco, attuale presidente dell’Associazione nazionale comuni italiani. Che al momento sembra più preoccupato della sorte della sua città che della propria carriera politica. Il sindaco ha garantito che darà «alla commissione d’accesso tutto il supporto che servirà». Ma, soprattutto, ha lanciato una provocazione: «Ho ricevuto una telefonata del ministro Piantedosi mentro ero in macchina con la scorta. Sono sotto scorta da nove anni. Se c’è solo l’anticamera di un sospetto sull’amministrazione, sul Consiglio comunale di Bari o sul sottoscritto allora io rinuncio alla scorta. Io non posso stare sotto scorta, non posso essere allo stesso tempo considerato un sindaco antimafia e contemporaneamente il ministero dell’Interno mi manda l’accesso al comune per verificare se ci sono le condizioni dello scioglimento. Non voglio la scorta, toglietemi la scorta. Torno a vivere. Forse avrò qualche problema ma non fa niente».
In una nota il ministero dell’Interno ha spiegato che «l’accesso ispettivo non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del comune bensì a un’approfondita verifica dell’attività amministrativa, anche a tutela degli stessi amministratori locali che potranno offrire, in quella sede, ogni utile elemento di valutazione».
L’impressione è che i formalismi tecnici contino veramente poco davanti a una vicenda che è e resta esclusivamente politica.
© Riproduzione riservata